Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!
Sono grato al Signore ed alla Vergine Madre di Dio che quest’anno (diversamente dall’anno scorso, quando un problema non lieve di salute non me lo ha permesso) mi è concesso di partecipare, qui a Prascundù, alla festa di Nostra Signora, facendo memoria della sua apparizione a Giovannino e della guarigione che la Vergine gli concesse.
- Noi tutti siamo qui come pellegrini a chiedere alla nostra Madre di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e il nostro pellegrinaggio fin quassù ci ricorda quello che Maria fece da Nazareth ad Ain Karem, salendo ai monti della Giudea: un atto di fede quel cammino, poiché l’angelo, annunciandole che il Figlio di Dio si faceva uomo nel suo grembo immacolato, le disse: “Vedi! Anche Elisabetta, anziana e sterile, ora porta in grembo un figlio” … E Maria, come il Signore le aveva chiesto, partì per andare a vedere.
Il pellegrinaggio è sempre un atto di fede ed è tale anche il nostro, che compiamo in un tempo in cui si constata che ad essere in crisi è proprio la fede cristiana, il credere cristianamente; un tempo in cui il Signore ci chiede di rinnovare la nostra adesione profonda alle verità della fede, alla visione della vita che ci viene da Cristo; una adesione convinta al cammino di fede che si compie nella Chiesa, ascoltando la Parola di Dio, accogliendo la grazia che il Signore ci dona attraverso i Santi Sacramenti, vivendo la nostra identità di cristiani in una società che, in tanti ambiti, segue ormai tutt’altra direzione…
Anche in molti battezzati sembra che si sia smarrita la consapevolezza che Gesù Cristo, presente e vivo nella Chiesa, è il centro e il fondamento della nostra vita, che solo Lui è “la via, la verità e la vita”, che Lui solo ci salva dai nostri peccati e ci guida a raggiungere il fine, lo scopo della nostra esistenza terrena: entrare, quando il Signore ci chiamerà, nella Casa del Cielo, nella beatitudine del Paradiso… E allora si fanno cose, magari tante cose, anche buone, ma senza la certezza proclamata da san Paolo: “Questa vita che io vivo nella realtà di ogni giorno la vivo nella fede, nel rapporto di comunione, con Lui che mi ha amato (e mi ama) e ha donato (e dona) sé stesso per me”. Tutto il valore del nostro vivere quaggiù diventa chiaro alla luce di quel gesto – il segno della croce – che tracciamo su di noi dicendo: “Nel nome del Padre e del Figlio e della Spirito Santo” e che è memoria del nostro Battesimo, il Sacramento che ci ha fatti figli di Dio, ci ha innestati sulla vita di Gesù, ci ha fatto dono dello Spirito Santo, l’Amore infinito con cui il Padre ed il Figlio si amano, che da quel momento abita in noi.
Abbracciare la fede cristiana e viverla comporta tutto questo! Comporta l’impegno di conformare la nostra esistenza concreta, la vita di ogni giorno, in tutte le circostanze, a Gesù Cristo: alla Sua Parola, a quanto ci ha insegnato come unico vero Maestro… Comporta ciò che leggiamo nella Imitazione di Cristo (I, I, 2): “Chi vuol comprendere appieno e gustare le parole di Cristo deve impegnarsi a conformare tutta la propria vita sulla sua”!
Nei giorni scorsi il Patriarca latino di Gerusalemme, parlando della dolorosa situazione che in Terra Santa si sta vivendo a causa della guerra, ha fatto una citazione del profeta Isaia (47, 8-10) che chiamava il Popolo di Dio a ritrovare e vivere la propria fede.
Questa parola profetica – con cui Isaia si rivolgeva al Popolo come ad una donna, ad una sposa – possiamo accoglierla anche noi, nella nostra attuale situazione di Europei che stanno visibilmente abbandonando la fede cristiana: «Ascolta questo, o voluttuosa che te ne stai sicura, e pensi: “Io e nessuno fuori di me! Non resterò vedova, non conoscerò la perdita dei figli”. Ma ti accadranno queste due cose: perdita dei figli e vedovanza piomberanno su di te […] La tua saggezza e il tuo sapere ti hanno sviato».
Sono significative le conseguenze che il Profeta annuncia al Popolo che ha abbandonato la fede: vedovanza: pensiamo oggi alla rottura di tanti matrimoni e la paura di sposarsi che stanno spegnendo la famiglia, cellula fondamentale della società… Perdita di figli: pensiamo alla denatalità che sta esaurendo la forza dei popoli… Lo richiamava ancor recentemente il Santo Padre Francesco dicendo: «Non mancano i cagnolini, i gatti…, questi non mancano. Mancano i figli. Il problema del nostro mondo non sono i bambini che nascono: sono l’egoismo, il consumismo e l’individualismo, che rendono le persone sazie, sole e infelici. Il numero delle nascite è il primo indicatore della speranza di un popolo. Senza bambini e giovani, un Paese perde il suo desiderio di futuro […] Il nostro Continente si trasforma sempre più in un continente vecchio, stanco e rassegnato, così impegnato ad esorcizzare le solitudini e le angosce da non saper più gustare, nella civiltà del dono, la vera bellezza della vita».
- Fratelli e Sorelle, Maria Ss.ma, la prima discepola del Signore, anche da questo amato santuario ci invita a ritornare a Lui: non sentimentalmente, non soltanto con qualche atto di religiosità, ma con una vera adesione, con l’impegno di vivere in modo da testimoniare che Egli è per noi quanto abbiamo di più caro, che la nostra fede e tutto ciò che essa contiene è il dono più prezioso ricevuto dal Signore!
Sta per aprirsi l’Anno Santo del Giubileo.
Questa grazia che il Signore ci dona attraverso la Chiesa sua sposa, non ci lasci indifferenti! È la chiamata di Dio a rinnovare la nostra fede, la nostra speranza fondata sulla fede, la nostra carità senza la quale la vita umana si rattrappisce e dissecca.
«La speranza – scrive Papa Francesco indicendo il Giubileo – trova nella Madre di Dio la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita. Come ogni mamma, tutte le volte che guardava al Figlio pensava al suo futuro […] E ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. […] Nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare» (Spes non confundit, 24).
Carissimi, noi le diciamo: Maria, che sei scesa su questo monte rispondendo alla preghiera di tuoi poveri figli, a Te ricorriamo. Rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi! Noi rinnoviamo la nostra consacrazione al Tuo Cuore Immacolato.
Sia lodato Gesù Cristo.