Omelia nella festa del B. Sebastiano Valfré, C.O. Ivrea, chiesa di S. Maurizio, 30 Gennaio 2025

30-01-2025

Carissimi Fratelli e Sorelle, Sia lodato Gesù Cristo!

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? … A chi ha sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha».

Alla luce del Vangelo (Mc 4,21-25) che abbiamo ascoltato guardiamo oggi al Santo, così caro alla Famiglia oratoriana, di cui oggi ricorre la memoria: il B. Sebastiano Valfré.

La lampada di cui risplende dinanzi a noi è la sua fedeltà a Cristo vissuta nell’umiltà appresa alla scuola di San Filippo il quale, più di ogni altra cosa, voleva questa virtù nei suoi figli e li educava ad essa con ogni mezzo, anche con quelle burle e scherzi di cui non tutti colgono il fine a cui erano diretti.

  1. Valfré è un “piccolo” non solo perché umile è la sua origine familiare, ma perché alla virtù dell’umiltà improntò tutte le sue scelte

– Era nato a Verduno, piccolo borgo delle Langhe piemontesi, il 9 marzo 1629, da umile famiglia che contava dodici figli e si procurava da vivere con il lavoro dei campi: quando il sovrano Vittorio Amedeo II lo volle proporre nel 1689 come Arcivescovo di Torino, in considerazione delle straordinarie qualità dimostrate in oltre trent’anni di ministero, la modestia dei parenti, fatti venire appositamente nella Capitale, servì a P. Sebastiano per sfuggire all’alto onore.

– La sua piccolezza è manifesta anche nella scelta che egli fece della più povera Congregazione esistente nella Torino del suo tempo (era nata due anni prima che egli vi entrasse ed aveva al momento un solo membro, poiché il fondatore era morto prematuramente);

– è manifesta, inoltre e ancor più, nella semplicità – pari alla dedizione – con cui P. Valfré esercitò il suo apostolato e il ministero di una carità davvero eroica.

Tutta la vita sacerdotale di P. Valfré è testimonianza che la “grandezza” è solo di Dio e che l’uomo diventa grande nella misura i cui sa dire al Signore non “Rendimi capace”, ma “Manifesta in me la Tua vittoria”.

L’essere capace può ancora avere al centro me stesso, anche nel servizio più eroico e disinteressato… Accettare che sia Dio a manifestarsi mostra, invece, che al centro c’è un Altro…

La nostra fedeltà è risposta d’amore a Colui che ha scelto noi, prima che noi scegliessimo Lui.

Di questa fedeltà, della piccolezza evangelica che diventa fedeltà, il sacerdote Valfré è una stupenda icona! Fu questo a fare di lui la «Sorgente dei preti santi», come fu definito: dei preti santi che fiorirono in Piemonte nella straordinaria stagione di santità sacerdotale dell’800 attraverso figure del calibro, e cito solo le principali, di san Giovanni Bosco, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, san Giuseppe Cafasso, san Leonardo Murialdo…

Della piccolezza evangelica di P. Valfré è espressione anche lo stile della sua predicazione alla quale si diede fin da subito. Il metodo era quello che i testimoni affermano come tipico di Padre Filippo: «Parlava al cuore degli uditori, più tosto che alle orecchie». Insieme all’unico confratello di comunità P. Valfré escogitò anche forme nuove per portare la Parola di Dio: si recava in zone molto frequentate della città, nei mercati…: p. Cambiani, che aveva una bella voce, cantando radunava la folla, e Sebastiano predicava. Questo predicatore “di strada” – giova ricordarlo – era uno dei pochi dottori in sacra Teologia che Torino possedesse in quel tempo. Fu l’apostolo del catechismo: tra i suoi scritti di valore, lasciò un testo di catechesi che sarebbe servito alla Chiesa per molto tempo e che sta alla base del famoso catechismo di San Pio X.

Fece un impegno inderogabile anche del ministero delle Confessioni, del colloquio e della direzione spirituale: e lo esercitò nei confronti del Sovrano e della Famiglia regnante, come di numerosi esponenti della aristocrazia, conducendo un’opera preziosa di formazione delle classi dirigenti; ma con uguale dedizione formò ogni altra categoria di persone.

Tale dedizione al ministero sacerdotale potrebbe indurre a pensare che a p. Sebastiano restasse poco tempo per altre attività. Egli, invece, è apostolo, non meno eccellente, della carità. Fu chiamato e fu realmente il “Padre dei poveri”, dei quali conobbe i problemi e le necessità nel contatto diretto con essi.

Si può affermare che ogni giornata di P. Valfré, fino all’estremo, sia stata un atto di amore a Dio e ai fratelli.

Si spense, ottantenne come Padre Filippo, il 30 gennaio 1710 nella sua piccola camera, ingombra delle carte di studioso e piena di imballaggi di vestiario e di viveri per i poveri, amati e serviti da P. Valfré con la dedizione di un servo fedele.

Spirò la mattina del 30 gennaio. Il suo corpo riposa nella chiesa di S. Filippo di Torino, sotto un altare accanto al quale c’è la sedia dell’insegnamento catechistico; da essa sembra ancor risuonare l’invito costante di P. Valfrè: “Catechismo, catechismo!”.

«Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro?».

Sia lodato Gesù Cristo!