Asterischi – 21 febbraio 2019

Meno di 30 Km separano Tronzano Vercellese da Castelrosso di Chivasso. Parroci delle due Parrocchie, nel XVIII secolo, due preti, uno beatificato, l’altro ricordato con venerazione: entrambi già in vita chiamati santi dalla “vox populi”: Giacomo Abbondo (1720-1788) e Vincenzo Actis (1751-1816). Per sei anni della loro vita – dal 1782 all’88 – esercitarono la cura delle rispettive Parrocchie a così breve distanza.

Giacomo Abbondo, conseguita nel 1748 la laurea in lettere all’Università di Torino, fu insegnante nelle Scuole Regie di Vercelli fino al 1757, quando lasciò l’insegnamento per fare il parroco a Tronzano, suo paese natale. A chi gli chiedeva a quanto ammontava il beneficio parrocchiale rispondeva: “Può valere il Paradiso o l’Inferno”. Aveva ereditato una difficile situazione succedendo ad un parroco simpatizzante del giansenismo e del rigorismo sacramentale, che era riuscito letteralmente a “svuotare” la chiesa. Innamorato di Dio, convinto del suo sacerdozio come servizio e sempre disponibile nei confronti dei suoi parrocchiani, il nuovo parroco si impegnò in ogni modo a far riscoprire la bellezza e la bontà di Dio, la possibilità di conoscerlo, di pregarlo, di incontrarlo sovente nella sua Parola e nei Sacramenti. Portò la parola di Dio ai più lontani, andandoli a cercare; ai poveri non di rado donava anche i suoi pasti o i suoi indumenti e per essi organizzò un comitato caritativo che faceva arrivare a domicilio viveri, legna e medicine. Rinnovò la fede della sua gente attraverso la Liturgia, l’invito alla Comunione settimanale; comprese l’efficacia della catechesi familiare nella quale coinvolse direttamente i genitori; portò frequentemente la Comunione ai malati, raggiungendo a cavallo anche le abitazioni più isolate; sostò di frequente in chiesa a disposizione per le Confessioni. La parrocchia cominciò a rifiorire, la chiesa tornò a riempirsi.

Vincenzo Actis, primo parroco di Castelrosso, resse per 34 anni la Parrocchia. Era nato nel 1751 a Rodallo di Caluso. Si formò intellettualmente grazie a validi insegnanti (a Ivrea e a Chivasso), ma un ruolo fondamentale nella sua formazione umana e cristiana lo svolse la famiglia. Ordinato prete il 23 marzo 1776, dedicò i primi anni di apostolato, in particolare, al ministero della Confessione. Le sue doti furono notate dal parroco di Casalborgone (allora diocesi di Ivrea), che nel 1778 lo volle suo coadiutore: si conquistò anche qui la stima di tutto il paese, come accadrà a Castelrosso, dove lo zelo pastorale, la dedizione nel ministero, la generosità verso i poveri, l’umiltà, la pazienza, lo spirito di preghiera ricordano assai da vicino quelli del beato Abbondo.
Si donò fino a logorare il suo fisico. Morì a soli 64 anni, il 23 luglio 1816, nelle prime ore del pomeriggio. Per tre giorni non si poté procedere alla sepoltura a causa della folla che veniva a visitare la bara del Prevosto. Fu eseguito un ritratto e moltissime famiglie ne vollero in casa una copia. A cento anni dalla morte, in una solenne commemorazione della sua figura, si poté constatare quanto vivo fosse il suo ricordo trasmesso di generazione in generazione. Nel 1982, bicentenario di erezione della parrocchia di Castelrosso, i resti di don Actis furono riesumati e collocati presso il nuovo altare. Anche Rodallo volle una reliquia del suo concittadino: fu posta nella chiesa di san Rocco insieme al suo ritratto.

Due preti il cui ministero non ebbe nulla di sensazionale o di strepitoso. Il loro “segreto” fu di essere profondamente, convintamente preti.

+ Edoardo, Vescovo