Asterischi – 7 marzo 2019

745 anni fa, il 7 marzo, moriva san Tommaso d’Aquino.
A Napoli, in S. Domenico Maggiore, fra Tommaso, terminato il suo trattato sulla Eucaristia, pose il testo sull’altare offrendolo al Signore e ascoltò da Gesù: «Hai scritto bene di me, Tommaso. Quale ricompensa chiedi?»; egli rispose: «Nient’altro che te, Signore». «La vita e l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino – disse Benedetto XVI – si potrebbe riassumere in questo episodio tramandato dagli antichi biografi». L’Eucaristia infatti «racchiude tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo, dà vita agli uomini» (Presbyterorum ordinis,5).

L’Adoro te devote raccoglie il pensiero e la spiritualità del Dottore Angelico.

Adoro Te devotamente, o Dio nascosto,
che sotto queste apparenze Ti celi veramente:
A Te tutto il mio cuore si abbandona,
perchè, contemplandoTi, tutto vien meno.

Adoro, la prima parola dell’inno, è già una grande professione di fede: adoriamo, infatti, l’Ostia consacrata perché crediamo che in essa è veramente presente Gesù Cristo, «nato da Maria Vergine, che veramente ha patito e fu immolato sulla croce per l’uomo». E, credendo, adoriamo la Persona di Gesù, costituita dal mistero ineffabile dell’unione ipostatica della Divinità e dell’Umanità.
Devotamente esprime le disposizioni profonde del cuore di chi adora. Il Dottore Angelico ha dedicato due interi articoli della Summa alla devozione, che considera il primo e più importante atto della virtù di religione. Consiste, la devozione, nella disponibilità della volontà a offrire noi stessi a Dio in un servizio senza riserve, come canta l’Angelico: «A te il mio cuore tutto si abbandona»!
Ma la fiamma più alta si eleva nel «contemplandoTi, tutto vien meno». Contemplazione eucaristica è guardare uno che mi guarda e lasciarmi permeare dai Suoi pensieri e sentimenti. L’adorazione è contatto “cuore a cuore” con Gesù presente realmente nell’Ostia e, attraverso Lui, consente di elevarsi al Padre nello Spirito Santo..

La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano
ma solo con l’udito si crede con sicurezza:
Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio.
Nulla è più vero di questa parola di verità.

Ascoltando Gesù che dice «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue» non abbiamo bisogno della vista e del tatto per essere certi che non è pane, non è vino, quello che vediamo, ma il corpo e il sangue del Redentore. La parola di Cristo interpella tutta la nostra fede: fede nel potere del Creatore, fede in Gesù Salvatore; fede nell’azione ineffabile dello Spirito Santo intervenuto nella incarnazione del Verbo e che interviene nella mirabile transustanziazione.

Sulla croce era nascosta la sola divinità,
Ma qui è celata anche l’umanità:
Eppure credendo e confessando entrambe,
Chiedo ciò che domandò il ladrone penitente.

Questa strofa dell’inno ci porta sul Calvario. Tra i personaggi che si trovarono là, san Tommaso sceglie il buon ladrone, il primo a cui Gesù assicurò il Paradiso. E’ un caldo invito a identificarci con lui nel riconosere che siamo peccatori, ma anche che infinita è la misericordia del Salvatore, il quale non lascia perire chi a Lui si rivolge pentito. Un profondo sentimento di umiltà e di contrizione ci pervade, insieme ad una immensa fiducia… Con il ladro pentito noi guardiamo il Signore crocifisso e impariamo i passi di un rinnovato cammino. Insegna infatti san Tommaso: «Passio Christi sufficit ad informandum totaliter vitam nostram»: basta volgere gli occhi al Crocifisso per imparare tutto ciò di cui abbiamo bisogno nella vita. «Nullum enim exemplum virtutis abest a Cruce»: nessun esempio di virtù, infatti, è assente sulla croce: fortezza, pazienza, umiltà, distacco, carità, obbedienza, disprezzo degli onori, povertà, abbandono fiducioso… L’Eucaristia è una cattedra eccelsa dalla quale impariamo a vivere cristianamente, a servire lietamente; a obbedire liberamente; a cercare la Verità nell’Amore…

+ Edoardo, Vescovo