Omelia della S. Messa nella festa di S. Giovanni Bosco Domenica III del Tempo Ordinario Ivrea, Cattedrale, 26 Gennaio 2020

26-01-2020

Carissimi figli di Don Bosco,
Carissimi Alunni, Docenti e Famiglie dell’Istituto “G. Cagliero”,
sia lodato Gesù Cristo!

Oggi, come ogni anno, “Don Bosco ritorna” in questa cattedrale, chiesa madre della Diocesi di Ivrea… Ritorna con la sua preziosa proposta di vita, perennemente valida, con la sua fede ardente che genera opere, poiché la fede è viva se opera. E noi lo guardiamo, come guardiamo il suo volto di Padre amato in questa bella immagine posta qui davanti a noi.

1. Lo guardiamo innanzitutto alla luce del Vangelo odierno (Mt 4,12-23) che ci parla di una partenza e di un arrivo…: «Gesù lasciò Nàzaret – abbiamo ascoltato – e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: “Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce”… Cominciò a predicare annunciando il vangelo del Regno e a guarire ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo». Il beato Charles de Foucault diceva che «nei santi e con essi contempliamo Colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita». In questo partire ed arrivare di Gesù per svolgere l’opera che il Padre gli ha affidato, non vediamo riflesso anche Don Bosco? Anche lui partì dalla piccola Nazareth dei Becchi e giunse a Torino, dove era iniziata la difficile situazione del processo di industrializzazione che richiamava dalle terre del Piemonte numerosi giovani con prospettive di lavoro, ma li lasciava soli, disorientati, sfruttati, abbandonati a se stessi… Don Bosco capì che nel suo tempo, all’apparenza ancora segnato da una certa religiosità, stava innescandosi un processo di scristianizzazione che avrebbe allontanato i giovani – e non solo essi – dalla fede cristiana… Capì gli effetti disastrosi di una ideologia che attraverso la massoneria lavorava a scardinare la fede relegando in un cantuccio i credenti ed accettandone la presenza solo in quanto disponibili a collaborare alla realizzazione di un progetto di società pensato in chiave anticattolica ed anticristiana. Don Bosco capì ciò che altri pure capivano, ma non fece l’errore di rifugiarsi in sterili polemiche: si piantò coraggiosamente nel campo della società, creò forme nuove, organizzò la presenza cattolica nell’educazione, nel lavoro, nella società. C’è una bellissima pagina di Don Bosco che già ho citato altre volte, ma che merita di essere riascoltato (Discorso del 1879, “Non abbiamo paura!”):

«Già Terlulliano diceva a’ pagani: Voi non ci volete perché cristiani: e noi v’abbiamo già empito il vostro esercito… Sì, noi vi abbiamo già empito le vostre curie, traffichiamo con voi nei mercati, ci affratelliamo in tutte le cose, lasciamo a voi solo i templi de’ vostri idoli. Anche i Salesiani diranno: Voi non volete più frati, né religiosi di qualunque congregazione, e noi verremo a farci laureare nelle vostre università per difendere il più caro patrimonio del genere umano, le verità che salvano. Bene, noi saremo artigiani nelle vostre botteghe e lavoreremo come servi fedeli del Padre di tutti; noi saremo chiamati coscritti nei vostri reggimenti, e faremo rispettare le virtù e la religione che non si conoscono se non per bestemmiarle; oh sì, vogliamo intrometterci tra voi dappertutto, e lasceremo ai nemici della religione solo le tane dei vizii. I Salesiani si son gettati nel mezzo di una società in movimento, in progresso, ed essi devono dire con vivace parola: Fratelli, anche noi corriamo con voi; e con amabile affabilità fermarli seco, quasi a divertirli con una cert’aria di novità».

Caro Don Bosco! Come suonano belle e forti e concrete le tue parole, anche nel nostro tempo
bisognoso di chiarezza e di cristiani coraggiosi! Con questo programma di pacifica conquista della società, tu ci insegni a essere una presenza, convinti che ciò che portiamo è qualcosa di infinitamente prezioso per l’uomo, per la sua vita, in ogni epoca. Essere presenti è far risuonare nella società la Parola di Dio, l’insegnamento di Gesù, anche attraverso opere ed iniziative davvero cristiane, perché davvero umane, davvero corrispondenti al cuore dell’uomo!

2. Anche nel seguito dell’episodio evangelico – «Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, e disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono» – vediamo delineato in filigrana ciò che Don Bosco sperimentò. Anche lui fu chiamato: in epoca diversa da quella dei primi, ma la chiamata è la stessa: seguire Cristo e diventare pescatore di uomini, in particolare di quei giovani uomini per cui spenderà totalmente se stesso, comprendendo che ad essi è destinata una cura prioritaria. A questa cura dei giovani – che è una priorità pastorale – ho dedicato due anni fa la Lettera alla Diocesi: «Il mondo interiore di tanti giovani – scrivevo – ad un primo sguardo, può apparire povero, dominato da interessi di poco conto, appiattito sulle dimensioni dell’effimero e del banale. Ponendosi in ascolto e parlando con essi, si constata invece che non è assente, spesso, la ricerca di Dio. Pur distratti dalle mille contraddizioni del contesto culturale, con il suo clima individualistico e segnato da forte emotività, i giovani non cessano di porsi le più fondamentali domande sul senso della vita; chiedono, soprattutto – e talvolta in modo drammatico – che si ponga ad essi attenzione. La persona cresce se incontra qualcuno più grande che le indichi il cammino, i crocevia della propria libertà, le esigenze della responsabilità; che la aiuti a non restar irretita nei propri limiti e giustificazioni. Il giovane ha bisogno di vedere «credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione
educativa e una profonda capacità di discernimento».

D. Bosco canta con la sua vita il suo amore per i giovani, il suo desiderio fortissimo di portarli all’incontro con Gesù Cristo, l’impegno di educarli ad essere “buoni cristiani e onesti cittadini”. Coraggioso, militante, ma lieto, allegro, pervaso di una letizia che a me, figlio di san Filippo Neri, tanto ricorda quella del mio Padre… Non può essere triste ed abbattuto il cristiano innestato dal Battesimo su Gesù Cristo Signore della vita, Dio della perenne giovinezza! Non può guardare al mondo, alla storia, con sterile atteggiamento pessimista colui che sente risuonare in sé le parole di Cristo: “Coraggio, io ho vinto il mondo!”.

Fratelli e Sorelle, carissimi Salesiani di Don Bosco, grazie per la vostra presenza! Grazie per l’opera educativa che svolgete con amore appassionato ai giovani; grazie perché lavorate nel presente per il futuro della società!

Sia lodato Gesù Cristo!