Messaggio per la Santa Quaresima 2020

Carissimi Fratelli e Sorelle,

sulla soglia della Santa Quaresima, augurando a tutti un lieto cammino verso la Pasqua, tre riflessioni vi propongo.

1. La “Festa dei Quaranta giorni

Così, in una omelia del 1980, Joseph Ratzinger, allora arcivescovo di Monaco, definì la Quaresima. Festa – diceva – perché in essa «tocchiamo l’avvenimento degli anni del deserto del popolo d’Israele, il mistero del primo amore fra Dio e il suo popolo; e la vittoria di Gesù Cristo nel deserto sulle forze di distruzione del mondo. Per questo la Quaresima è una festa; per questo la Chiesa segue il precetto di Cristo: “Quando digiuni, non diventare malinconico, ma profumati la testa”. In questi quaranta giorni celebriamo la maestà di Dio che non è prigioniero della sua eternità né delle leggi del mondo che ha creato, ma attraverso il cuore dell’uomo continuamente opera in questo mondo; e celebriamo la libertà dell’uomo, la nostra libertà dalla legge dell’egoismo, la libertà dalle potenze della morte che domina per mezzo dell’isolamento dell’io. La Quaresima è una festa. Questo non significa che, di fronte alle sofferenze di questo mondo, ci rifugiamo in una astrazione artificiale, ma il contrario: la nostra celebrazione esige che accettiamo anche la fame, i bisogni di questo mondo, ma che lo facciamo tenendo fisso il nostro sguardo sulla vittoria di Cristo e sull’amore di Dio. L’ancoraggio all’alto è tanto importante quanto quello al basso. Non abbandoniamo l’amore che può rendere una festa anche il digiuno, ma non abbandoniamo nemmeno la rinuncia attraverso la quale ci caliamo nelle necessità del mondo e del tempo».

2. I passi del cammino.

Sono quelli che il Signore Gesù ci chiede, attraverso la Chiesa, nel Vangelo del Mercoledì delle Ceneri, e sono gli stessi ogni anno. Non cambiano, perché sono essenziali. La “novità” sta nel compierli guardando a Cristo con lo sguardo stupito con cui, ogni volta, ammiriamo il sorgere del sole che è lo stesso di sempre. E’ questione di sguardo, diceva un ragazzo del nostro tempo, il ven. Carlo Acutis, che presto sarà beatificato: «La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio»; o una ragazza, Sandra Sabattini, prossima anche lei alla beatificazione: «La verità è che dobbiamo imparare nella fede l’attesa di Dio… Liberi. Liberi dalla carne, dalle cose materiali, dalle emozioni, dalle passioni: cioè vivere queste cose senza restarne imbrigliati, per aprirsi a Dio, al suo amore che è spazio infinito». Ricordando Sandra, il servo di Dio don Oreste Benzi, che la conobbe bene, scrisse: «L’affanno del mondo è in proporzione alla povertà del rapporto con Dio. Quando una persona non è più posseduta da nulla, è libera. Le gioie semplici si possono accogliere quando non si è più posseduti dalle cose».

I passi quaresimali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, intimamente connessi, sono i passi della vita cristiana che nella “Festa dei Quaranta giorni” ci è dato di compiere con una speciale grazia di Dio.

Ho citato tre santi nostri contemporanei, ma tutti i Santi lo sono nell’essenzialità della loro adesione a Cristo. E allora, particolarmente in relazione alla carità, desidero proporre alla nostra attenzione anche san Giuseppe Benedetto Cottolengo che, il 15 marzo, verrà a fare visita alla nostra diocesi nel pellegrinaggio di una sua Reliquia preziosa la quale, raggiungendo le Comunità cottolenghine in Italia, giungerà anche a Feletto, nella Casa dei Fratelli. Il giorno 16 la accoglieremo ad Ivrea, secondo un programma che sarà prossimamente comunicato. Sarà un momento di preghiera e di riflessione che ci aiuterà a guardare a Cristo anche per verificare la verità del nostro impegno a favore dei poveri.

3. La Missione diocesana in Brasile.

Ebbe inizio cinquant’anni fa, con la partenza dei primi missionari “Fidei donum” della Diocesi di Ivrea: don Pietro Garbiero e don Giovanni Ossola.

Il Centro Missionario diocesano sta elaborando un programma di iniziative che, tra la solennità di Pentecoste 2020 a quella del 2021, proporrà alla riflessione non solo il ricordo di ciò che è stato, ma il valore della missione che, pur nelle mutate situazioni, è impegno di oggi, come si sempre.

L’avvio sarà una celebrazione nella Parrocchia di Pavone il cui parroco, don Giuseppe Dorma, di quella missione è il rappresentante: iniziò infatti il suo servizio nella Diocesi di Barra insieme a don Giuseppe Bergesio, a sr. Fiorentina, sr. Stefanina, sr. Candida, delle Suore di Montanaro.

Durante l’anno riceveranno adeguata sottolineatura l’Ottobre missionario e la Giornata Missionaria Mondiale; ma anche il ricordo del vescovo missionario Dom Ricardo Weberbergher (di cui ricorre il decimo anno dalla morte) con un pellegrinaggio in Austria al monastero di Klestmunster nel mese di agosto 2020; e un viaggio sui luoghi della missione di Ivrea da organizzare nel 2021 insieme ai protagonisti dei 50 anni della missione.

Dice don Matteo Somà, attuale Responsabile del Centro Missionario diocesano:

«“Bisognosi di anni” è lo slogan della Quaresima di fraternità 2020. Esso rappresenta il risultato raggiunto in termini di anni: un risultato lusinghiero. Un progetto condiviso dalla Diocesi di Ivrea che ha posto domande e ha dato risposte concrete. Un progetto rilanciato in tante occasioni e sostenuto da tante persone e associazioni che ha potuto raggiungere altri continenti con l’aiuto e la fedeltà di tante persone. Lo hanno contraddistinto e reso possibile tanti missionari e missionarie che hanno dato la loro vita per l’annuncio del Vangelo. Viaggi numerosi di andata e ritorno hanno lanciato reti di relazioni e punti di incontro. Si può dire che è stata realizzata una cultura missionaria che ha coinvolto la Diocesi di Ivrea a tutti i livelli. Sono stati offerti corsi di formazione e sono stati consolidati vincoli tra chiese sorelle, vescovi, preti, religiose e religiosi. Sono stati aperti spazi di partecipazione per molti laici e laiche che hanno potuto offrire il loro contributo umano e professionale. Ci sono state inadempienze, ritardi, errori; alcuni di essi hanno fatto soffrire, altri semplicemente perdere occasioni e altri hanno raffreddato l’ambiente. Oggi la stanchezza ha prevalso e l’entusiasmo iniziale si è affievolito. I capelli bianchi dei missionari dei primi tempi sono lì a testimoniare che il tempo non passa invano. Tornare indietro è impossibile… Occorre andare avanti facendo tesoro di tante esperienze».

Carissimi Fratelli e Sorelle, saliamo alla Pasqua nella “festa dei quaranta giorni”!

In Corde Christi et in Corde Mariae

† Edoardo, vescovo

19-02-2020