Carissimi Fratelli e Sorelle,
l’Anno Santo si affaccia ormai sull’orizzonte. «Per prepararci a vivere bene questo evento di grazia, intensifichiamo la preghiera – ci ha chiesto il Santo Padre Francesco – riscoprendone il grande valore e l’assoluto bisogno nella vita personale, in quella della Chiesa e del mondo» (Angelus, 25 gennaio 2024). Dal 9 maggio scorso, a guidare la nostra preparazione abbiamo anche la Bolla di Indizione, “Spes non confundit”, che indica le mete del cammino giubilare e ne traccia la strada. Di essa, nella Lettera Pastorale, non è possibile soffermarsi che su qualche aspetto, ma invito i Sacerdoti a presentare alle rispettive comunità, nelle varie occasioni offerte dall’attività pastorale, tutta la ricchezza dell’Anno Santo come «tempo di rinnovamento della fede e della vita cristiana».
- «Spes non confundit: la speranza non delude» (Rm5,5): sono le parole – scrive il Santo Padre – con cui «l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma». «La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo: per tutti un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” (1Tm 1,1)». «Nel cuore di ogni persona, infatti, è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza. La Parola di Dio ci aiuta a trovarne le ragioni» (Spes non confundit §1).
Che il Santo Padre, fin dal primo paragrafo della sua Lettera, faccia riferimento al serpeggiante clima di delusione e di sconforto non stupisce: non di rado e per non pochi motivi, si percepisce questo clima non solo in tante vicende del mondo, ma anche nelle comunità cristiane.
Mi sono tornati alla mente, per quanto si riferisce al nostro cammino di fede, i testi di due omelie lette anni fa – a) una di un sacerdote, b) l’altra di un vescovo – che, alla luce della Parola di Dio, offrono spunti di riflessione sul presente e inducono a coltivare la vera speranza: quella di cui il Santo Padre dice: «Non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita» (§ 24).
a) «Prendendoci una buona dose di libertà esegetica (come del resto hanno fatto anche i teologi medievali che l’applicavano alla vita concreta del tempo presente) possiamo intravedere nella vedova di Sarepta (1Re 17,10-16) una “figura” della vita nella Chiesa dei nostri giorni, la quale, in molti dei suoi appartenenti, si mostra sempre più impoverita spiritualmente, moralmente. Quel poco che le era rimasto (“solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio”) sembra essere l’ultimo residuo di cristianesimo ancora presente; e la rassegnazione della vedova – “Ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo” – sembra quella di alcuni di fronte alla odierna situazione. Il profeta Elia, che chiede alla donna di mettergli a disposizione il poco che le resta, è figura di chi oggi ha conservato la fede nel potere di Cristo e della Sua Eucaristia, simboleggiata nella piccola focaccia, ottenuta impastando farina e acqua, come un’ostia pronta per la Consacrazione. Da quella focaccia, dall’Eucaristia dignitosamente celebrata e dalla fede nella sua efficacia, rinascerà la vita, l’energia fisica e spirituale, rinascerà la vita nella Chiesa: “La farina della giara – dice il Signore – non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggiasulla faccia della terra”. La pioggia è la “Grazia” che restituisce agli uomini la “fede” e la “ragione”, dopo il pentimento per gli errori (i peccati) commessi, ingannando sé stessi con la droga delle illusioni ideologiche».
b) «La vedova povera di cui parla il Vangelo (Mc. 12,38-44), che getta nel tesoro del Tempio le uniche «due monetine» che le sono rimaste e che non ne trattiene per sé neppure una, ci colpisce e ci chiede un serio esame di coscienza. Gesù, che la osserva mentre mette tutto nelle mani di Dio, la indica come modello sulla “strada della fede”. Solo chi punta tutto su di Lui riuscirà ad emergere da questa crisi di fede che ha portato troppi all’apostasia da Cristo, trattenendo per sé quella parte della logica del mondo che ha finito per prendere, in loro, anche tutto il resto.
Che cosa caratterizza il gesto della vedova che getta le sue due monetine nel tesoro del Tempio, segnalata da Gesù come esempio per tutti i suoi discepoli? Leggendo il racconto di Marco, notiamo tre elementi: quella donna è povera; si reca al Tempio per il rito dell’offerta; offre tutto quanto possiede. Ci sorprende innanzitutto l’insistenza dell’evangelista sulla povertà di questa donna. Nella sua posizione sociale e giuridica la vedova già esprime una condizione di indigenza e marginalità. L’aggiunta dell’aggettivo “povera” con cui l’evangelista la qualifica ci permette di andare al di là della sua condizione sociale. “Ptoché” dice Marco; ed è lo stesso termine che Matteo (5,3) e Luca (6,20) pongono sulle labbra di Gesù che introduce le Beatitudini: beati i poveri (“ptokoi”). Richiamando l’attenzione dei suoi discepoli su questa donna, Gesù indica la condizione fondamentale per seguirlo. San Paolo usa lo stesso termine in relazione a Cristo stesso: “da ricco che era si è fatto povero (“eptocheusen”)”: la vedova, dunque, è una figura di Gesù. Ai suoi occhi essa svela il senso di tutta la sua vita, della sua incarnazione e della sua ormai prossima passione.
La donna si reca al Tempio, in cui Dio è presente. La povertà che Gesù indica come un ideale non è l’indigenza, ma una vicinanza e una consegna ancora più profonda a Colui che solo può risollevare la vita. Le vedove andavano al Tempio per ricevere un sostentamento (cfr. At 6): questa donna invece va ad offrire qualcosa. Ancora una volta colpisce il significato cristologico di questa figura: Gesù è venuto non per prendere, ma per donare. Quanto la vedova offre non è solo qualcosa, ma è tutto quanto ha per vivere. Raggiungiamo qui l’apice della identificazione tra Gesù e questa donna. Donare ciò che permette di vivere equivale infatti a donare sé stessi, tutta la propria vita. Gesù è commosso dalla fede, dalla radicalità e dalla libertà di questa donna. In questa donazione – che non fa calcoli, non misura, non pone limiti – Egli desidera introdurre i suoi discepoli».
- La «speranza che non delude – scrive il Santo Padre – nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce… La sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo…. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino… Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita». (§ 3).
L’Anno Santo è tempo di grazia che ci è donato per una sincera conversione non solo – scusate l’immagine – a livello di “suolo”: le cose che si fanno, le attività e i metodi pastorali, le dinamiche del vivere ecclesiale –, ma in primo luogo nel “sottosuolo”, là dove affondano le radici del credere e del vivere da discepoli del Signore. Si tratta di chiederci se siamo disposti a conformare a Gesù Cristo la nostra vita personale, il nostro modo di pensare e di valutare le cose, il nostro agire; se siamo disposti ad accogliere tutto il Suo insegnamento, le verità della fede, la visione della realtà che da Lui ci viene; se è presente e vivo in noi un serio cammino di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e del Magistero, di accoglienza della Grazia che il Signore ci offre attraverso i Sacramenti, e se c’è l’impegno di una concreta e vera carità fraterna: anche chiedendoci se, alla radice della evidente “stanchezza” di molti nel vivere la fede non ci sia ciò che, in una recente intervista, il cardinale Jozef De Kesel, definiva «un malinteso sul termine ‘aggiornamento’». «Aggiornamento – diceva – significa apertura al mondo, ma non adattamento al mondo. Nella Bibbia, la tentazione del popolo di Dio è sempre stata quella di essere come le altre nazioni, ma se la Chiesa deve offrire solo ciò che si può ascoltare altrove, non avrà alcun fascino. La Chiesa dovrà essere più confessionale: testimoniare il Vangelo nel modo più autentico possibile attraverso le parole le azioni».
- «Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei “segni dei tempi” che il Signore ci offre. È necessario, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza» (§ 7).
Positivi “segni dei tempi” non mancano nelle vicende del mondo. E non mancano nella Chiesa: alcuni anche in questa nostra invecchiata Europa e, ancor più, in terre lontane, come abbiamo visto recentemente a Timor est e a Singapore nel viaggio apostolico del Santo Padre. «Qui si vive l’originalità della fede in Gesù Cristo» ha detto l’arcivescovo di Dili… Questi “segni” ci interpellano: la Chiesa è viva davvero quando vive questa “originalità”: una fede semplice e pura, una consapevole adesione a Gesù Cristo presente e vivo nella Chiesa.
«Qual è il fondamento del nostro sperare?» chiede il Santo Padre e risponde indicando due verità cristiane oggi non certo di moda: «Credo la vita eterna». «Se manca la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si constata spesso al giorno d’oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione». «L’altra realtà connessa con la vita eterna è il giudizio di Dio, sia al termine della nostra esistenza che alla fine dei tempi… Se è giusto disporci con grande consapevolezza e serietà al momento che ricapitola l’esistenza, al tempo stesso è necessario farlo sempre nella dimensione della speranza, virtù teologale che sostiene la vita e permette di non cadere nella paura. Il giudizio di Dio, che è amore (cfr. 1Gv 4,8.16), non potrà che basarsi sull’amore, in special modo su quanto lo avremo o meno praticato nei riguardi dei più bisognosi, nei quali Cristo, il Giudice stesso, è presente (cfr. Mt 25,31-46) (§ 19).
Carissimi Fratelli e Sorelle, nel cammino verso e nell’Anno Santo volgiamo lo sguardo alla Vergine Madre di Dio. «La speranza – scrive il Santo Padre – trova in lei la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita… Ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. In tal modo cooperava per noi al compimento di quanto suo Figlio aveva detto, annunciando che avrebbe dovuto “soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8,31), e nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare» (§ 24).
Invoco la Benedizione del Signore sul nostro cammino e chiedo alla Vergine Maria ed ai nostri Santi Patroni di accompagnare i nostri passi.
Ivrea, 14 settembre 2024, festa della Esaltazione della S. Croce.
Fraternamente
† Edoardo, vescovo
Alcune indicazioni pratiche.
- Il cammino sinodale. Continua nelle nostre Parrocchie e nelle Vicarie. In novembre a Roma i delegati della Diocesi parteciperanno alla prima Assemblea Sinodale in cui sarà presentato il testo dei Lineamenta, approvato dal Consiglio Episcopale Permanente; su questa base sarà preparato lo Strumentodi Lavoro che focalizzerà i temi emersi dalla fase profetica indicando anche principi e criteri per l’elaborazione di proposte concrete.
- L’Anno Santo:
a) Apertura in Diocesi: domenica 29 dicembre sarà celebrata in Cattedrale alle ore 18. Per esprimere la effettiva partecipazione di tutta la Diocesi a questo significativo momento della vita della Chiesa, è auspicabile che i Sacerdoti vi partecipino numerosi con almeno una rappresentanza dei loro fedeli. A tal fine alcuni mi hanno chiesto se sia opportuno sospendere, in quella domenica, la celebrazione vespertina delle Messe in Parrocchia. Risponderò dopo aver ascoltato i pareri.
b) Chiese giubilari: entro la fine di ottobre le Vicarie foranee sono impegnate a indicare quanto hanno deciso circa le rispettive scelte. Nelle chiese giubilari, come pure nelle cattedrali, non è presente la Porta Santa, ma i fedeli, comunitariamente o da soli, possono lucrare l’Indulgenza giubilare. Queste chiese (che saranno a suo tempo indicate), sono impegnate sotto la responsabilità del Parroco o del Rettore e con la collaborazione dei Sacerdoti della Vicaria, a disporre il servizio delle Confessioni dei fedeli e ad offrire momenti significativi di catechesi, di preghiera, di incontri spirituali.
c) Pellegrinaggio diocesano a Roma. Don Marco Marchiando lo sta programmando per il settembre 2025. Appena possibile saranno date indicazioni precise.
d) Pellegrinaggio diocesano ad Oropa: si effettuerà il sabato 9 agosto e sarà un momento importante di preparazione al cammino verso la Porta Santa di Roma.
e) Ritiri del Clero. In Avvento; Quaresima; tempo Pasquale. I temi saranno quelli del Giubileo. Le date saranno comunicate.
f) Una importante iniziativa del Santuario della Madonnina di Verolengo – l’Anno Eucaristico, aperto il 30 agosto scorso in preparazione al 90° anniversario del grande Congresso Eucaristico del 1935 – è inserita tra le attività della Diocesi per l’Anno Santo. Confido nella partecipazione di Parrocchie e comunità a qualche momento delle celebrazioni di cui il Rettore del santuario darà comunicazione.
g) Altre iniziative, relative al tempo della preparazione e a quello che seguirà all’apertura dell’Anno Santo, saranno comunicate. Una commissione istituita ad hoc le sta valutando.