Offriamo un breve resoconto, e alcune riflessioni a conclusione del ciclo di incontri per lettori della parola tenuto a Castellamonte. La buona partecipazione sottolinea sicuramente l’interesse e, potremmo dire, una certa curiosità nei confronti del tema della lettura all’interno della liturgia. In fondo, al di là di coloro che si offrono con fedeltà e perseveranza nel compito di leggere in Chiesa, prima o poi siamo tutti chiamati, anche occasionalmente a questo servizio. La professionalità e la competenza della professoressa Daniela Falconi si comincia a conoscere anche nella nostra diocesi, per il fatto che ormai da alcuni anni si sono organizzati alcuni incontri di presentazione sull’argomento. Certamente la novità di quest’anno è consistita nel fatto che si è affrontato un percorso attraverso i generi letterari e stilistici che differenziano i diversi tipi di letture nella messa: i racconti dell’antico testamento, i testi legislativi e profetici, il salmo, le lettere paoline; la lettura di ciò che non è propriamente parola di Dio, come il testo della preghiera dei fedeli, e il suo significato. Poco per volta, man mano che si proseguiva nel programma, ci si è resi conto della ampiezza, della varietà di messaggi che il lettore è chiamato a conoscere, per poterli comunicare adeguatamente all’assemblea. L’alternanza tra momento teorico, esperienza pratica, canto e preghiera finale, l’esercizio dell’ascolto della parola e dei fratelli, ha reso scorrevole l’ora e mezza serale.
Da parte di tutti si è scoperta la grande difficoltà nel rendere eloquente e trasparente il testo biblico, la fatica della pratica regolare degli esercizi, o solamente la premura di prepararsi le letture: in fondo, ci si è interrogati anche sulla normale prassi nelle nostre comunità: quanti sono i casi di veri e propri lettori istituiti, nelle diverse messe, oppure anche solo la varietà dei lettori richiesta espressamente dal rito? Chi mai ha sentito cantare abitualmente il salmo? In fondo –si dice- non basta semplicemente far arrivare il contenuto del messaggio, e fare in modo che ci sia un vero coivolgimento dei giovani, e -perchè no- far leggere ai ragazzini? Non è forse più saggio non preoccuparsi troppo, affidandosi alle presenze, anche occasionali dei fedeli disposti a leggere, chiamati qualche minuto prima dell’inizio della messa? O forse non bisogna anche saper leggere i segni dei tempi: oggi siamo in una stagione “mediatica”: occorre adeguarsi: perché non trovare soluzioni più originali? Un sottofondo musicale, magari proiezioni di immagini, e perchè no, fare una rappresentazione teatrale con i bambini?
Non si vuole vedere in faccia il problema: per fare bene una cosa, occorre non improvvisare. Prima di “inventare”, occorre valutare se ciò che il buon senso dice che andrebbe fatto (in qualsiasi altro ambito c’é una massima attenzione), lo si fa realmente.
Non nascondiamoci di fronte alla realtà: dall’inchiesta regionale sulla liturgia domenicale in Piemonte del 2003, il 47% delle persone inchiestate trova di frequente difficoltà nel testo, un linguaggio a volte insolito, la mancanza di una introduzione che aiuti alla comprensione; mentre tra il 58,5 e il 70% , le persone denotano una scarsa cura del modo di leggere in Chiesa. Ripenso alle riflessioni di un famoso musicologo, il quale sottolineava che la differenza più evidente tra un gruppo musicale di scarsa qualità e un gruppo di professionisti, consiste nel fatto che nel primo caso, ciò che si ascolta sono essenzialmente i difetti esecutivi dei maldestri suonatori. Viceversa la caratteristica dei musicisti professionisti è la loro capacità di mutuare nel modo più puro e autentico, fino quasi a scomparire, il messaggio musicale dell’autore. Così diceva anche il famoso Arturo Toscanini, a proposito del suo assoluto rigore nel ricercare il rispetto dell’idea dell’autore.
Prima regola dunque per un buon lettore: rifiutarsi di improvvisare la lettura all’ultimo momento, anche quando ti viene chiesto con insistenza da chi – sacerdote o persona incaricata – deve reperire chi si presti a leggere: un “non posso farlo” motivato con chiarezza, delicatezza e fermezza, può essere un invito a migliorare le cose… Chi deve dare voce alla Scrittura ha il diritto e il dovere di prepararsi con la massima cura. Ciò che è in gioco è troppo serio “…la Chiesa annunzia l’unico e identico mistero di Cristo ogni qual volta nella celebrazione liturgica proclama sia l’Antico che il Nuovo Testamento…di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo è il centro e la pienezza: e quindi necessario che alle sorgenti della Scrittura attingano quanti cercano la salvezza e la vita.”(lez.dom.5) “…Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche…. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura.” (S.C.7) Il poeta francese Didier Rimaud, autore di molti testi per la liturgia, in un inno contempla l’azione di Dio nella storia mediante la sua Parola, e ad essa rivolge la sua invocazione, quale soggetto vivente.
“Parola di Dio, viva ed efficace” come ci viene attestato dalla lettera agli Ebrei: Parola che penetra, e scruta il nostro cuore. Ad essa si consacrano, nei due libri di Luca, il vangelo e gli atti degi apostoli, i discepoli, primi testimoni divenuti “servitori della Parola”(Lc1,2); la Parola è protagonista nel racconto di Luca della storia della Chiesa nascente. (At 6,2.7.12,24.15,7)
“Parola di Dio che fai l’universo, Parola di Dio, Parola di vita, Parola di Dio per l’uomo di oggi,
Parola di Dio, non stare lontano! Perché‚ stai assente? Parola di Dio, non stare lontano!”