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BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE

Sua Santità Bartolomeo I, Arcivescovo di Costantinopoli, a Ivrea in occasione della Festa di San Savino

Ivrea, 27 Giugno 2024

Ai Presbiteri, Diaconi, Religiosi, Religiose e Laici della Diocesi

 

Carissimi Fratelli e Sorelle,

un grande dono ci è fatto per la Festa di San Savino!

Tre anni fa, nell’incontro che ebbi a Costantinopoli con Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico, di fronte alla amabilità della Sua accoglienza e alla semplicità in cui si tenne il nostro colloquio, spontaneamente invitai il Patriarca a visitare Ivrea in occasione della Festa Patronale del Santo Vescovo e martire Sabino di cui portai in omaggio la pregevole pubblicazione di Giuseppi Aluffi. Sua Santità mi espresse, allora, il desiderio di accogliere l’invito.

Qualche settimana fa dalla Segreteria Patriarcale ricevetti comunicazione – fino ad oggi riservata – che Sua Santità aveva accolto l’invito per quest’anno.

Con grande gioia ve lo comunico, certo che condividete con me la gioia di una presenza così illustre che onora un Santo Martire della Chiesa indivisa, ma anche la nostra Diocesi, la Città di Ivrea e la nostra Festa Patronale.

Programma della visita:

– giovedì 4 luglio ore 21 nella chiesa di S. Ulderico Sua Santità parteciperà alla preghiera davanti all’urna di S. Savino; al termine terrà il Suo discorso;

– sabato 6 parteciperà al primo tratto della Processione e assisterà in Cattedrale alla celebrazione della S. Messa solenne.

Ringrazio Dio per questo dono che, sinceramente, non immaginavo di ricevere, data la semplicità dell’invito.

Fraternamente.

+ Edoardo, vescovo


Messaggio alla Diocesi – Pasqua 2024

Ivrea, Giovedì Santo,

28 marzo 2024

“Cristo, nostra speranza, è risorto; in nessun altro c’è salvezza. Siamo con Gesù risorto; rimaniamo con lui. Da questa certezza saldissima, che si irradia dal mistero della Risurrezione, scaturiscono ogni fermento rinnovatore di giustizia e di carità” (San Giovanni XXIII).

Buona Pasqua, carissimi Fratelli e Sorelle!

Il Signore è risorto!

Lo vedremo, nei giorni del Triduo Santo, inchiodato alla croce condividere il dramma della nostra morte; Lo vedremo deposto nel sepolcro. Ma quel sepolcro, che è ancora là, a Gerusalemme, è vuoto.

Tutta la nostra fede è basata su questo fatto, testimoniato dalle donne che la domenica mattina andarono al sepolcro e trovarono rotolata via la grande pietra dall’ingresso, e da Pietro e da Giovanni che corsero là, in quel mattino, dopo l’annuncio portato da Maria Maddalena…

Su questa assenza del cadavere di Colui che vi era stato deposto e che nessuno aveva sottratto, come testimoniarono anche i soldati di guardia, tutta la nostra fede si fonda, perché non solo il sepolcro è vuoto, ma Colui che era indiscutibilmente morto, da quel momento ha iniziato ad apparire vivo: si mostrò vivente, chiamò per nome Maria di Magdala, andò incontro, nel pomeriggio, ai due discepoli sulla strada che scende da Gerusalemme ad Emmaus, andò ad incontrare i Suoi apostoli, la sera stessa, nel cenacolo.

Erano esterrefatti, questi uomini e queste donne, spaventati; non capivano, ma una cosa non potevano mettere in dubbio: il loro Maestro sconfitto e straziato sulla croce, deposto sulla fredda pietra, era di nuovo con loro: non rianimato, non vivo soltanto nel loro ricordo e nel loro tentativo di consolarsi, ma vivo davvero, vivo nel Suo corpo che ancora portava aperte le ferite dei chiodi e della lancia.

E lo dissero, lo raccontarono, con gioia e con tremore. Testimoniarono ciò che i loro occhi avevano visto, fatti indiscutibili, gli incontri con Lui che durarono quaranta giorni, finché lo videro salire in cielo dal monte degli Ulivi ed ascoltarono da Lui che Egli rimaneva on loro: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Non era facile credere a questa notizia per coloro che li ascoltavano… In effetti, faticarono anch’essi, i discepoli e gli apostoli, a credere a tutto questo, a convertire il cuore a questa sconcertante novità. Credettero a ciò che i loro occhi vedevano! Tutto era misterioso, ma indiscutibilmente reale!

La loro vita continuava nelle occupazioni e nelle circostanze di sempre, ma ora era tutt’altro vivere! Ora tutto veniva vissuto nel riconoscere la Presenza del Salvatore dentro alle cose di ogni giorno, la Sua presenza, misteriosa ma così reale, che rende capaci di affrontare il dolore, la sofferenza, le difficoltà quotidiane, la vita, con un cuore nuovo, con una pace che nessun altro può dare.

Essi credettero, e la loro fede è la stessa che è richiesta a noi, discepoli di oggi.

Anche noi oggi incontriamo nel mistero Colui che essi incontrarono: Egli è qui; è qui nella Sua Parola che risuona nel Vangelo; è qui nel pane e nel vino che diventano il Suo Corpo e nel Suo Sangue; è qui nelle parole della assoluzione da cui i nostri peccati sono cancellati; è qui nelle nostre comunità, con il Suo amore indefettibile, nelle vicende liete e in quelle tristi della nostra esistenza!

Pasqua è la possibilità di una incredibile pienezza offerta alla nostra fragile vita, alle difficoltà che essa incontra.

Pasqua, oggi come allora, è per noi la possibilità di vivere da risorti, di vedere i teli di lino nel sepolcro vuoto e di credere, come credettero Giovanni e Pietro.

Pasqua è la sfida della fede.

Aff.mo nel Cuore di Cristo

† Edoardo, Vescovo


Santa Messa per l’attuale Sinodo e per le vittime delle guerre che imperversano in Ucraina e in Terra Santa

Agli E.mi Membri
della Conferenza Episcopale Italiana

LORO SEDI

Carissimo Confratello,
anche quest’anno, come nei tre anni precedenti, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) propone di celebrare una Santa Messa per l’attuale Sinodo e per le vittime delle guerre che imperversano in Ucraina e in Terra Santa.
La Conferenza Episcopale Italiana, aderendo all’iniziativa, accetta la proposta di celebrare l’Eucaristia venerdì 1° marzo 2024.
In allegato si propone il testo della Preghiera dei fedeli predisposto dall’Ufficio Liturgico Nazionale. L’occasione mi è gradita per porgerLe un cordiale e fraterno saluto.

Segretario Generale


Colletta Nazionale 18 febbraio 2024 a sostegno degli interventi umanitari e per progetti di Pace e Riconciliazione in Terra Santa

Nel trasmettere la Lettera con cui la Caritas Nazionale comunica la decisione della Presidenza della CEI di indire per domenica 18 febbraio, I di Quaresima, una speciale colletta a favore delle popolazioni della Terra Santa gravemente colpite dalla guerra in corso, confido nella risposta generosa dei fedeli.

+ Edoardo, vescovo


Messaggio per la Quaresima 2024

14 Febbraio 2024
Mercoledì delle Ceneri

Carissimi Fratelli e Sorelle,
accogliendo «il momento favorevole, il giorno della salvezza» che il Signore ci dona per giungere rinnovati a celebrare la Santa Pasqua, noi entriamo con gioia in questo tempo di conversione nel quale Dio stesso, con una grazia particolare, sostiene il nostro impegno.

1. Nei messaggi inviati, di anno in anno, alla Diocesi in questa occasione, ho cercato di presentare l’ampia portata dei tre passi fondamentali del cammino quaresimale: digiuno, preghiera, elemosina, ed ho richiamato quanto la Chiesa ci insegna nel “Catechismo della Chiesa Cattolica”: «Come già nei profeti, l’appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore, senza la quale, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere» … I gesti e le opere di penitenza ci preparano a chiedere e ad accogliere «il perdono dei nostri peccati che sono anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui, ma attentano, nello stesso tempo, alla comunione con la Chiesa».

2. Desidero proporre quest’anno alla nostra riflessione in particolare il Sacramento del Perdono di cui è necessario riscoprire l’importanza nel cammino della vita di fede e la necessità di accostarsi ad esso.
Il Santo Padre Francesco, sin dagli inizi del suo Pontificato, non manca di invitarci ad accogliere questo dono di Dio e a viverlo consapevolmente.
«Attraverso i Sacramenti dell’iniziazione cristiana – il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia – l’uomo riceve la vita nuova in Cristo. Ora, tutti lo sappiamo, noi portiamo questa vita “in vasi di creta” (2 Cor4,7), siamo ancora sottomessi alla tentazione, alla sofferenza, alla morte e, a causa del peccato, possiamo persino perdere la nuova vita. Per questo il Signore Gesù ha voluto che la Chiesa continui la sua opera di salvezza anche verso le proprie membra, in particolare con il Sacramento della Riconciliazione, Sacramento di guarigione, che scaturisce direttamente dal mistero pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto “Pace a voi!”, soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,21-23). Questo passo ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo Sacramento. Anzitutto, il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto. In secondo luogo, ci ricorda che solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù col Padre e con i fratelli possiamo essere veramente nella pace. Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna nel cammino di conversione e maturazione umana e cristiana. Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio…. Io vorrei domandarvi – ognuno si risponda nel suo cuore –: “quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato?”» (Catechesi 19 febbraio 2014).

3. È una ricca sintesi, questa che il Santo Padre ci presenta, dell’ampia trattazione sul Sacramento della Confessione che troviamo nel “Catechismo della Chiesa Cattolica” (CCC, 1422-1470).
Traggo di qui qualche ulteriore spunto di riflessione:
«Nella celebrazione di questo sacramento due elementi sono ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell’uomo che si converte sotto l’azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall’altra parte, l’azione di Dio attraverso l’intervento della Chiesa che, mediante il Vescovo e i suoi presbiteri, concede nel nome di Gesù Cristo il perdono dei peccati e stabilisce la modalità della soddisfazione.
È bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici.
La contrizione. È il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire.
La confessione dei peccati. Anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l’accusa, l’uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
La soddisfazione. Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve “soddisfare” in maniera adeguata o “espiare” i suoi peccati. È la “penitenza” che il confessore impone tenendo conto della situazione personale del penitente e cercando il suo bene spirituale».

Carissimi Fratelli e Sorelle,
nella Liturgia del mercoledì delle Ceneri la Chiesa ci fa pregare: «O Dio nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male».
Questo chiediamo al Signore, in comunione di preghiera.
Vi benedica Dio onnipotente: Padre e Figlio e Spirito Santo.

+ Edoardo, Vescovo


Messaggio del Vescovo Edoardo per il Natale 2023

Ivrea, 21 Dicembre 2023

A tutti Buon Natale!

Davvero a tutti poiché per tutti Dio si è fatto Uomo, anche per quelli che non lo sanno o non lo credono, ma che sono nostri fratelli nella comune esperienza umana vissuta nella fatica e nella gioia, nel dolore e nella speranza. Tutti Egli chiama all’incontro e a tutti offre il Suo dono: la risposta alla più umana delle attese: l’inesauribile desiderio di felicità che costituisce il “cuore” dell’uomo; il bisogno di novità continuamente mortificato dalla vecchiezza che insorge.

Buon Natale, con speciale affetto, alla comunità cristiana!

Nei giorni dell’Avvento la Chiesa prega: «Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore, e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza».

Lo sguardo di Dio ci conduce ad attendere non semplicemente “il Natale” (il natale dei buoni sentimenti, il natale che facciamo noi, al centro del quale c’è magari anche la nostra buona volontà, ma di cui siamo pur sempre noi i protagonisti…). Il «Natale del Signore» è quello che Dio ci conduce ad attendere e a vivere: Dio che entra nella nostra vita e la trasforma offrendoci la possibilità di entrare in una novità che è la sorgente della «rinnovata esultanza».

I passi della Novena di Natale ci preparano all’incontro con Dio nel Bimbo di Betlemme: un cammino interiore, certamente, ma aiutato e sostenuto dai passi materiali che ci portano in chiesa a pregare e ad ascoltare… Possono sembrare piccola cosa questi passi, ma non lo sono: compiuti in una giornata intessuta di tanti passi quotidiani, essi esprimono il nostro bisogno di diventare nuovi per essere nuovi dentro ai problemi ed alle fatiche, alle sconfitte ed alle soddisfazioni della vita di ogni giorno.

La novità è Cristo presente, e la Sua presenza, riconosciuta con fede, conferisce ad ogni gesto, ad ogni istante, la grandezza che faceva dire a Blaise Pascal: «Fare le piccole cose come fossero grandi, in forza della maestà di Gesù Cristo che le fa in noi e che vive la nostra vita; e fare le grandi come fossero piccole, a motivo della Sua onnipotenza».

Lungo i passi della Novena ci accostiamo al sacramento della Confessione; condividiamo ciò che abbiamo con chi è più bisognoso; facciamo il Presepe nelle nostre case; ricordiamo che Gesù Cristo è la Vita che sostiene la nostra vita, la consistenza e la ragion d’essere di tutto.

Buon Natale, Fratelli e Sorelle!

† Edoardo, Vescovo

Avvento: la luce di Cristo che viene

Sta per iniziare l’Anno Liturgico, il cammino antico e sempre nuovo che ci conduce all’incontro con Cristo nella celebrazione dei Suoi “misteri”, che nella preghiera del Rosario contempliamo nell’arco della settimana.  

L’Avvento è la sua prima “stagione”, breve quanto limpida e ricca di contenuto. Nei suoi giorni conclusivi ci prepara a rivivere il Natale del Signore, la prima venuta, nell’umiltà della carne umana; ma in tutto il suo corso ci conduce a tenere viva l’attesa del ritorno glorioso di Cristo, quando Egli «verrà a giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine», a protenderci verso di Lui con la convinzione di san Paolo: «Mi protendo nella corsa per raggiungerlo, io che già sono stato conquistato da Cristo». (Fil. 3,12). 

In questi giorni che di poco precedono l’inizio dell’Avvento, i Vescovi del Piemonte partecipano insieme, ogni anno, agli Esercizi spirituali. 

Oggi – lunedì 27 novembre, primo giorno del corso che il predicatore svolge sul tema: “L’amicizia di Cristo per noi” – raccolgo qualche spunto di riflessione che vale innanzitutto per me e che propongo alla Diocesi in vista dell’Avvento. 

Il Vangelo della Messa odierna ci presenta la vedova povera che dona al Tempio di Dio tutto quello che aveva per vivere. L’attesa che l’Avvento ci propone è un’attesa attiva, un protenderci, con tutto ciò che siamo e che abbiamo, verso il Signore che ci ha dato tutto. 

Il pensiero corre ad un’altra vedova povera (I Re, 17,10-16). A lei il profeta dice: «Prendimi un pezzo di pane».  La donna risponde: «Ho solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Se trattengo per me il poco che ho, questo davvero si consuma… La Chiesa ci ripete le parole di Elia alla donna: «Non temere; prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non si svuoterà”. Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia».

La vedova del Vangelo ci mostra la “strada della fede”. L‘altra donna compie un cammino più lento, ma anch’essa ci indica la strada. L’Attesa – a cui l’Avvento ci invita – passa attraverso la faticosa rinuncia alle nostre valutazioni, alle logiche del mondo, per aprirci alla logica di Dio. 

Nello stesso giorno un invito ci viene dalla Liturgia delle Ore: «Mettete ogni impegno – dice l’apostolo Pietro – per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. State saldi nella verità che possedete; tenetevi desti; noi non siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate: vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (I Pt.1, 5 ss). E san Paolo ci ricorda: «Quando verrà il Signore Gesù, Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori» (I Cor.4,5).  Sant’Agostino commenta: «Consideriamoci pellegrini quaggiù, aneliamo alla patria del cielo. Verremo alla sorgente da cui, qui in terra, ci sono giunte poche stille di rugiada; vedremo quella luce che ha raggiunto il nostro cuore, il quale ancora ha bisogno di purificazione».

Ecco, Amici, sto riflettendo su tutto questo. E con gioia propongo anche a voi di rifletterci.

Buon Avvento! 

† Edoardo, vescovo