Asterischi – 5 dicembre 2019

Un nuovo libro di don Giovanni Zaccaria – La Messa spiegata ai ragazzi (e non solo a loro), Ed. Ares – ha il pregio di “raccontare” con un linguaggio semplice la Santa Messa, e di sottolineare lo stretto legame tra la liturgia e la vita personale del cristiano. Traggo da una intervista all’autore qualche spunto di riflessione per il cammino di questo anno pastorale che abbiamo dedicato alla “convocazione”: Eucaristia: convocati alla presenza del Signore.:

«A Messa ci andiamo perché “convocati”: che cosa significa?

Io penso che tutti abbiamo come la sensazione che, quando andiamo a Messa, siamo noi a decidere. Pensiamo: sono io che decido quando vado a Messa, in quale chiesa, con quale sacerdote, con quali amici etc… Questo è anche vero, ma solo in parte. Noi, infatti, cresciamo con l’idea che la vita cristiana sia quello che io faccio per Dio e, siccome io sono buono, allora scelgo di riservare un po’ del mio tempo a Lui. Ebbene, la realtà è esattamente il contrario: tutto quello che di buono facciamo nella nostra vita, è una risposta ad una chiamata di Dio, che viene sempre prima di noi. Ecco perché si dice che alla Messa noi siamo convocati: perché non sono io, ma è Dio che per primo mi chiama. È lo Spirito Santo che mi viene a cercare perché vuole stare con me. Nella Messa è Dio stesso che cambia le regole dello spazio e del tempo, pur di stare con me. È chiaro poi, che a questa convocazione, io posso rispondere “Sì” o “No”, perché Dio non ci toglie mai la libertà, altrimenti non ci sarebbe l’amore. D’altra parte, però, Lui non si stanca mai di chiamarci e di venirci incontro per primo».

«Spiegando il momento dell’Offertorio, lei fa capire una cosa fondamentale: la Messa è un avvenimento che c’entra concretamente e personalmente con la vita di ognuno di noi.

È molto importante, nella Messa, stare attenti a quello che dice il sacerdote quando offre il pane e il vino: “Benedetto sei Tu Signore, Dio dell’Universo, dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane e questo vino, frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Li presentiamo a te perché diventino il Corpo e il Sangue di Cristo”. Questa preghiera significa che non c’è Eucaristia, se non ci sono grano e vite ma, soprattutto, se non c’è il lavoro dell’uomo che trasforma quel grano e quella vite in pane e vino. In altre parole: non c’è Eucaristia se non c’è il lavoro dell’uomo. Attenzione però, non stiamo parlando di un lavoro generico, ma proprio del tuo, personale, lavoro! Che sia fare un letto o progettare un aereo, giocare a calcio o studiare etc… tutta la tua vita, tutto quello che fai, tutto quello che ti esalta e tutto quello che ti deprime, tutta la tua esistenza entra perfettamente in questa preghiera dell’Offertorio. Non solo: attraverso il sacerdote, tutto questo passa dalle tue povere mani, direttamente alle mani di Dio. Come cambia allora la nostra vita! Sapere che tutto quello che fai, tutto quello che vivi, ogni emozione che provi, puoi viverla insieme a Dio, puoi offrirla a Lui e condividerla con Lui… Non c’è più nulla nella vita che resti privo di senso! Capire questo è fondamentale perché ci fa entrare in un’altra dimensione: quando vai a Messa non sei più solo uno spettatore, che assiste ad un evento da fuori, come se fosse ad un teatro o ad un convegno. La Messa è tua, esattamente quanto lo è del sacerdote! Ovviamente ciascuno ha il proprio posto. Ma il solo fatto che tu sia lì presente, che offri la tua esistenza, innestato nel Sacrificio di Cristo, dona alla tua esistenza un valore incommensurabile! Tutta la tua vita acquista un senso totalmente nuovo. Per questo, noi possiamo dire di essere sacerdoti della nostra stessa esistenza».

«È questo il sacerdozio del fedeli di cui si parla nel libro?

Quando dico che il fedele non è un semplice spettatore, trovo giustificazione nel Sacramento del Battesimo. Da cristiani iniziati, cioè battezzati e cresimati, noi siamo innestati in Cristo per sempre, cioè diventiamo membra del Suo stesso Corpo. Nel rito del battesimo questo principio è tradotto con una formula bellissima: mentre si unge il capo del bambino con il Sacro Crisma si dice che questi è assimilato a Cristo “Sacerdote, Re e Profeta”. Queste sono esattamente le stesse tre categorie che si usano per il sacerdozio dei ministri. È chiaro che, in quest’ultimo, si aggiunge una configurazione a Cristo totalmente nuova, per cui la Messa del sacerdote e la Messa del fedele non saranno mai la stessa cosa. Certamente però, anche per il fedele laico, c’è un aspetto di profonda partecipazione al sacrificio eucaristico».

† Edoardo, vescovo