“L’Europa non è soltanto Bruxelles e le sue istituzioni, ma la storia, la cultura, la vita, i problemi dei popoli che la costituiscono” ho detto più volte, di questi tempi, in relazione al fatto che di Europa, per note ragioni, si sente parlare soprattutto in riferimento alle sue istituzioni. E’ utile ricordare le riflessioni del Sinodo dei Vescovi (1991 e 1998), cui è seguita nel 2003 la “Ecclesia in Europa” di san Giovanni Paolo II. Ne riporto qualche passo, come invito a rileggere tutto quel testo.
«Le Istituzioni europee hanno per scopo dichiarato la tutela dei diritti della persona umana. In questo compito esse contribuiscono a costruire l’Europa dei valori e del diritto. I Padri sinodali hanno interpellato i responsabili europei, dicendo: “Alzate la voce quando sono violati i diritti umani dei singoli, delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà religiosa; riservate la più grande attenzione a tutto ciò che riguarda la vita umana dal suo concepimento fino alla morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio: sono queste le basi sulle quali poggia la comune casa europea; […] affrontate, secondo giustizia ed equità e con senso di grande solidarietà, il crescente fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova risorsa per il futuro europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga garantito un futuro veramente umano con il lavoro, la cultura, l’educazione ai valori morali e spirituali».
«La situazione europea è segnata da gravi incertezze a livello culturale, antropologico, etico e spirituale. Vorrei ricordare lo smarrimento della memoria e dell’eredità cristiane, accompagnato da una sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo religioso, per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i tentativi di dare un volto all’Europa escludendone la eredità religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa vitale del cristianesimo».
«A questo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di paura nell’affrontare il futuro. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della vita. Tra le espressioni e i frutti di questa angoscia esistenziale vanno annoverati, in particolare, la drammatica diminuzione della natalità, la fatica, se non il rifiuto, di operare scelte definitive di vita anche nel matrimonio.
L’odierna situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l’egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi.
Alla radice dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo. Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l’uomo come “il centro assoluto della realtà”, facendogli così artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l’uomo che fa Dio ma Dio che fa l’uomo. L’aver dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l’uomo, per cui “non c’è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico, del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche dell’edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana”. Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una «cultura di morte».
Ha detto Papa Francesco: «Un’Europa che non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita è un’Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello “spirito umanistico” che pure ama e difende. A partire dalla necessità di un’apertura al trascendente, intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita. Tale contributo non costituisce un pericolo per la laicità degli Stati e per l’indipendenza delle istituzioni dell’Unione, bensì un arricchimento. Ce lo indicano gli ideali che l’hanno formata fin dal principio…».
«Che cosa ti è successo, Europa?» ha chiesto il Papa.
Comprendere le ragioni è indispensabile sempre. Diceva un leader politico italiano, in tempi non molto lontani: «C’è un dramma più grave del perdere le elezioni. E’ il non sapere il perché si sono perse». E non vale solo per la politica…
+ Edoardo, Vescovo