Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!
Pochi giorni fa, il 31 dicembre, in occasione della morte di un vescovo di cui conserverò sempre un grato ricordo, un amico scriveva: “Se la si vede con gli occhi del mondo, può sembrare paradossale essere raggiunti dalla notizia della morte di un amico proprio mentre si sta per entrare in chiesa a cantare il Te Deum. Ma nella prospettiva della fede il momento si rivela provvidenziale per rendere grazie a Dio con più consapevolezza per il dono che egli è stato”.
Queste parole mi sono venute alla mente quando il 2 gennaio, II domenica di Natale, ho appreso la notizia della morte di don Guido, proprio nel bel mezzo delle celebrazioni natalizie, tra gli 8 giorni continui in cui abbiamo celebrato la Nascita del Signore e la imminente solennità dell’Epifania. Mi ha colpito quel “paradossale”: qualcosa che contrasta, in questo caso, con la gioia e la serenità che ci si aspetta di vivere nel cuore delle Feste. Ma il paradosso del cristianesimo, della fede cristiana, è proprio questo: ci è data una diversa prospettiva, un diverso sguardo sulla realtà che cade sotto gli occhi di tutti, e siamo indotti “a rendere grazie a Dio con più consapevolezza per il dono”. Se non fossero questo il nostro sentire di fronte alla morte di una persona cara, saremmo come quelli che non hanno speranza. Se non fosse questo il nostro sentire, di fronte alla morte di una persona cara, saremmo come quelli che non hanno speranza. La domenica in cui don Guido veniva chiamato all’Eternità, l’Apostolo Paolo ci diceva, nella Lettura d S. Messa: “Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo vi dia uno spirito di sapienza, illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati” (Ef 1, 15-18). Come discepoli di Gesù Cristo, sentiamo, allora, che il nostro dolore, che c’è ed è grande, è attraversato da una pace che non può venire se non dal Cuore di Dio, e rendiamo grazie, perché non c’è altro conforto maggiore di questo al dolore della perdita di una persona cara.
La prospettiva della fede non elimina l’umano, non ne riduce lo spessore e il valore: permette di vedere ciò che fuori da questa prospettiva non si vede, e il non vederlo tinge di oscurità l’orizzonte e ci fa apparire tutto come indecifrabile…
La morte, la realtà più drammatica della vita, rimane un dramma per il credente in Cristo, come lo fu per Cristo stesso, ma il dramma non è la tragedia… I nostri defunti hanno smesso quaggiù la loro funzione, la loro presenza fisica; sono scomparsi, ma solo ai nostri occhi di carne; in realtà vivono in Dio e rimangono tra noi nella potente Presenza di Cristo che ci dice “Io sono con voi tutti i giorni, sempre!”. Don Guido ha partecipato nel S. Battesimo alla morte di Cristo, è stato immerso in essa; ora partecipa della Sua risurrezione che già lungo l’esistenza terrena ha preso possesso della sua vita. Il momento della morte non è dunque la parola “fine” messa su di lui come una lastra sul sepolcro; è la parola “vita eterna” che professiamo nel Credo.
Il nostro saluto quaggiù a don Guido è dentro alla convinzione profonda che ha segnato – lo abbiamo ascoltato nel Vangelo (Gv, 1, 35-42) – la vita di Giovanni e di Andrea e di Simone: i primi due seguirono Gesù; volevano sapere dove “abitava”, cioè dove e come lo potevano incontrare per capire che cosa significava “agnello di Dio” che il Battista, aveva indicato. E videro! Videro che la loro vita non era più la stessa dopo quell’incontro con Gesù. Videro, capirono, che avevano trovato Dio in quell’Uomo, ma non Dio in astratto: Dio lì presente, Dio che parlava con loro, che afferrava la loro vita. È per questo che Andrea, corse da suo fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia”, “e lo condusse da Gesù”. E Simone fece la stessa esperienza sotto lo sguardo di Cristo e incominciò a diventare Pietro… La vita eterna, Fratelli e Sorelle, incomincia per noi dentro a questo rapporto con Cristo: un rapporto, non un sentimento: un seguirlo, un prendere uno sguardo nuovo su di sé, sulla vita, sulle cose della terra, sul vivere e sul morire… La “giustizia” di cui ci ha parlato Giovanni, poco fa, nella I Lettura (1Gv. 3, 7-10) è il frutto di questa vita nuova, la vita eterna, la vita di Dio che entra nella nostra vita, e la nostra vita cambia in questo abbraccio…, al punto che persino la morte non spezza questo vincolo, poiché essa stessa è sconfitta dalla vittoria di Cristo, dalla Sua risurrezione.
Ecco il cristianesimo, Fratelli e Sorelle!
Ecco la consapevolezza con cui a don Guido diciamo “Arrivederci”, e non “addio”!
Possiamo piangere nella pace, in questa come in tante altre occasioni della nostra esistenza; possiamo sperimentare la gioia del Natale anche tra le lacrime prodotte dalla partenza di don Guido e da tante altre circostanze dolorose che contrassegnano i giorni e gli anni della nostra esistenza terrena, tra i tanti momenti di delusione e di sconforto che non mancano mai! Chi non delude è il Signore! Passa la scena di questo mondo, ma non passa Lui, la Sua Parola, il suo Amore che è eterno!
E allora rendiamo grazie a Dio per il dono della vita e della fede che don Guido ha accolto; per il ministero sacerdotale nel quale l’ha vissuta come Viceparroco a Pont Canavese e poi ad Alice Castello; come Parroco a Castelnuovo Nigra, a Borgomasino, a Maglione e infine a Locana dal 1° settembre 2009.
“Nel mistero del Verbo incarnato – canta la Chiesa in questi giorni del Tempo di Natale – è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo conquistati all’amore delle realtà invisibili” … “Risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale”.
Sia lodato Gesù Cristo!