Omelia nella S. Messa di ringraziamento per la canonizzazione di san Giovanni Enrico Newman Ivrea, 15 Ottobre 2019

16-10-2019

Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!

1. Oggi nel Calendario della Chiesa è la memoria della grande S. Teresa di Gesù: «Mater spiritualium» si legge sotto la sua statua nella Basilica Vaticana: dove “spirituali” non si riferisce ad alcune anime elevate a particolari stati mistici, ma a tutti i battezzati che si impegnano a vivere la vita cristiana, che è vita «nello Spirito». E noi ricordiamo oggi questa grande Santa insieme a s. Giovani Enrico Newman che il Papa ha proclamato Santo domenica a Roma… Questa S. Messa è di ringraziamento; diciamo grazie a Dio per il dono di nuovi Santi la cui vita evangelica è garantita proprio dalla canonizzazione, durante la quale risuona quel “Decernimus” – lo stabiliamo! – che il Vicario di Cristo pronuncia «auctoritate D. N. Jesu Christi et BB. Apostolorum Petri et Pauli, ac Nostra».

Della Celebrazione a cui domenica ho partecipato con don Andrea e don Samuele, don Giuseppe e don Davide, ho ancora negli occhi l’immagine del nostro Confratello oratoriano sulla fac-ciata della Basilica di S. Pietro, ritratto non rivestito della Porpora cardinali-zia, ma del suo abito filippino. Con lui – ai suoi lati – quattro donne,  tutte, eccetto una, sue contemporanee e vis-sute in luoghi diversi (Europa, Asia, America Latina), espressione del cam-mino della Cattolica Chiesa nello spa-zio, oltre che nel tento: santa Giusep-pina Vannini (romana), fondatrice del-le Figlie di S. Camillo de Lellis per l’assistenza degli infermi; santa M. Teresa Chiramel Mankidiyan (indiana), dedita all’apostolato della Famiglia, l’educazione delle ragazze e la cura dei malati; santa Dulce Lopes Pontes (brasiliana), dedita, tra le suore Missionarie dell’Immacolata, ad assistere materialmente e spiritualmente gli abitanti della favela di Alagados; santa Margarita Bays (del Cantone svizzero di Friburgo), laica, dedita ad una intensa vita di prex e di servizio materiale e spirituale ai suoi familiari e agli abitanti del villaggio: Sante donne, per lo più semplici e dedite al servizio della carità, che affiancano il grande teologo, letterato, poeta, scritttore, intellettuale di prim’ordine, persino cardinale di S. R. Chiesa dal 1879 alla morte nel 1890, in riferimento al quale Papa Benedetto disse: «Grandi scrittori e comunicatori della sua statura e della sua integrità sono necessari nella Chiesa oggi e spero che la devozione a lui ispirerà molti a seguirne le orme».

Che ci fa Newman in questo gruppo di Sante? A parte il fatto che l’alto livello intellettuale, lo studio e la ricerca non lo hanno reso un uomo di soli libri, ma, come prete dell’Oratorio, anche da cardinale, «visse il ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham [nel periferico quartiere operaio di Egbaston, volutamente scelto da lui per impiantare l’Oratorio], visitando i malati e i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione» (Benedetto XVI), la presenza di Newman tra queste “Sante della carità” ci ricorda che senza la profonda e fedele adesione alla Verità – il depositum fidei, la integra dottrina della Chiesa – la carità può trasformarsi in filantropia, in un povero antropocentrismo. «Sono consapevole – scrisse infatti Papa Benedetto nella sua prima enciclica – degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro. Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità. La verità va cercata, trovata ed espressa nella “pratica” della carità, ma la carità a sua volta va compresa e praticata nella luce della verità. Solo in questo stretto collegamento con la verità, la carità può essere riconosciuta come espressione autentica di umanità… Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta».

E’ questo, Amici, che san Giovanni Enrico visse lungo l’intera sua vita, come tutti gli autentici Santi, alla luce di quanto aveva letto, a 15 anni, ed accolto come motto della sua esistenza: “La santi-tà  piuttosto che la pace”: cercò, da quel momento, di svelare ogni tipo di pace falsa, di seguire la verità  in modo incondizionato e di condurre una vita impronta-ta  al Vangelo. E la carità che egli visse è la stessa vissuta da s. Dulce nella favela di Alagados, da Giusep-pina Vannini al letto degli infermi, da Mr. Teresa tra le famiglie povere, da Margarita, laica, che serviva nel suo villaggio e si manteneva facendo la sarta.

2. E allora guardiamolo questo Santo, testimone eccellente di una forma di carità – la carità della Verità – che la Chiesa oggi – in alto e in basso – ha un enorme bisogno di tenere ben presente se non vuole perdere la propria identità e rimanere fedele a Gesù Cristo.

Lo guardiamo facendo nostre alcune sue parole, affi-date a testi che sono splendide preghiere, nate dal suo impegno – e dal bisogno del cuore – di un’amicizia con Cristo che spinge ad una trasformazione, a una somi-glianza sempre più forte con l’amico: come diceva anche s. Teresa:«La porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l’orazione. Se Dio vuole entrare in un’anima per ricolmarla di beni, non ha altra via che questa. Certo, bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare cam-minandofermamente decisi a sopportare ogni cosa»…

Newman diceva: «E’ opinione di molti Santi che, se noi vogliamo essere perfetti, non dobbiamo fare altro che adempire i nostri doveri quotidiani. Ecco una via breve che porta alla perfezione; breve, non perché sia facile, ma perché tutti la possono seguire… E’ perfetto chi fa in modo giusto le sue azioni giornaliere; per raggiungere la perfezione non abbiamo bisogno di oltrepassare questi limiti. Se tu mi domandi che cosa devi fare per essere perfetto, io ti risponderò così: non rimanere a letto dopo l’ora fissata per la levata; rivolgi i tuoi primi pensieri a Dio; fa’ una breve visita a Gesù sacramentato; recita bene la corona; sii raccolto; caccia i cattivi pensieri; fa’ con devozione la meditazione; esamina ogni giorno la tua coscienza.  Fa’ questo e sarai perfetto».

Nelle preghiere di Newman che ci sono state tramandate ce n’è una, in forma di poesia, che ha il valore di una indicazione potente di che cosa dobbiamo chiedere al Signore, innazitutto: Guidami tu, luce gentile.

«Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi! La notte è oscura e sono lontano da casa, sii Tu a condurmi! Sostieni i miei piedi vacillanti: io non chiedo di vedere ciò che mi attende all’orizzonte, un passo solo mi sarà sufficiente. Amavo scegliere e scrutare il mio cammino; ma ora sii Tu a condurmi!».

Papa Benedetto commentava così qesta bellissima invocazione: «Come innumerevoli Santi che lo precedettero sulla via del discepolato cristiano, Newman insegnò che la “luce gentile” della fede ci conduce a renderci conto della verità su noi stessi, sulla nostra dignità di figli di Dio, e sul sublime destino che ci attende in cielo. Permettendo a questa luce della fede di risplendere nei nostri cuori, diventiamo noi stessi luce per quanti ci stanno attorno; e spesso, senza saperlo, attiriamo le persone più vicino al Signore ed alla sua verità. Senza la vita di preghiera, senza l’interiore trasformazione che avviene mediante la grazia dei sacramenti, non possiamo “irradiare Cristo”; diveniamo semplicemente un “cembalo squillante” (1Cor 13,1) in un mondo già pieno di crescente rumore e confusione, pieno di false vie che conducono solo a profondo dolore del cuore e ad illusione».

E ancora:

«Mio Dio, Consolatore eterno, io adoro te, che sei la luce e la vita d anima mia. Nella tua ∞ bontà fin da principio tu sei entrato nella mia anima, ne hai preso possesso, e vi hai eretto il tuo tempio. Con la tua grazia, che mi unisce agli angeli e ai santi, tu hai abitato in me in un modo ineffabile. O mio Dio, posso io peccare, quando tu sei così intimamente unito a me? Posso io dimenticare chi è con me, chi è in me? Voglio fare uso di ciò che mi hai dato, voglio invocarti quando sono provato o tentato. Voglio guardarmi dalla negligenza e dalla non curanza in cui cado di continuo. Con la tua grazia non ti abbandonerò mai».

Giorno per giorno il cammino della nostra vita, ma con lo sguardo rivolto al termine, in un dialogo aperto e costante con Dio.

«Mio Signore e Salvatore – pregava Newman – aiutami nell’ora della morte con la grazia dei tuoi sacramenti, e con il profumo vivificante delle tue consolazioni. Vengano pronunziate su di me le parole dell’assoluzione, l’olio santo mi segni e mi suggelli, il tuo sacro Corpo sia il mio nutrimento, il tuo Sangue mi purifichi da tutti i peccati; la mia dolce madre Maria si chini su di me, il mio angelo custode mi suggerisca parole di pace, e i miei gloriosi santi mi sorridano; con essi e per essi, io riceva il dono della perseveranza, e muoia, come ho desiderato di vivere, nella tua fede, nella tua Chiesa, nel tuo servizio e nel tuo amore. Amen.

Io muoio nella fede della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Confido che morrò preparato e protetto dai sacramenti che nostro Signore Gesù Cristo le ha affidato, e in quella comunione dei santi che egli inaugurò quando salì al cielo, e che non finirà mai. Spero di morire in quella Chiesa che nostro Signore ha fondato su Pietro, e che durerà fino alla sua seconda venuta».

Per l’intercessione di san Giovanni Enrico, figlio di san Filippo Neri sulla via dell’Oratorio, il Signore Gesù ci dia la grazia e la forza di vivere così!

Lode a Lui! Sia lodato Gesù Cristo!