Omelia nella S. Messa della Domenica XXX del Tempo Ordinario Cuceglio, 27 Ottobre 2019

27-10-2019

Carissimi Fratelli e Sorelle, Sia lodato Gesù Cristo!

Mille anni fa comparve per la prima volta in un documento il nome di Cuceglio: Caucele, latinizzazione del celtico Chaucia; dal suo diminutivo, Caucellum, il nome attuale del vostro Paese che da una altura delle ultime propaggini delle colline moreniche si affaccia sulla pianura canavesana. La sua esistenza, ovviamente è più antica del documento: nelle guerre che hanno devastato il Canavese durante il Medioevo la collocazione del Paese lo rendeva adatto a svolgere probabilmente il servizio di stazione militare di difesa. Inglobato nei possedimenti dei Monferrato, nel 1227, passerà ai Biandrate di San Giorgio ed infine, nel 1631, con la pace di Cherasco, ai Savoia. Il documento di mille anno orsono, datato 28 Ottobre 1019, registra la decisione del conte di Borgogna Ottone Guglielmo di cederlo all’Abbazia di Fruttuaria.

Mille anni!
E’ vero – come dice il salmo (89) – che «ai tuoi occhi, Signore, mille anni sono come il giorno di

ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte»… Sì, per Dio, che è l’Eterno, mille anni sono meno di un battito di ciglia, ma per noi, così piccoli e limitati nel tempo e nello spazio, è un traguardo notevole che ricordiamo con gioia, consapevoli che il presente affonda le radici nel passato; e che dimenticare questo significa smarrire anche la memoria di ciò che siamo.

Mille anni sono trascorsi da un secolo, l’XI dell’era cristiana, che è significativo nella storia anche dell’Europa: è il secolo, ad esempio, in cui vissero un santo della grandezza di Anselmo d’Aosta, nato nel 1034, e un Papa della importanza di san Gregorio VII, iniziatore di una riforma della Chiesa, che porta il suo nome. E’ il secolo che vide in Europa notevoli progressi tecnologici nell’ambito della coltivazione dei campi; l’inizio delle Crociate per liberare dai musulmani il Sepolcro di Cristo e renderlo accessibile ai pellegrini cristiani; il secolo che vide il lento ma progressivo declino del feudalesimo e la faticosa affermazione dei Comuni; la nascita – nel 1088 – dell’Università di Bologna, la più antica d’Europa; il secolo in cui Guido d’Arezzo diede i nomi alle note musicali tuttora in uso; che vide, in Letteratura, affermarsi la lirica provenzale, e, in Italia i primi documenti in lingua volgare; il secolo in cui nacque l’arte romanica, e in Sicilia, ormai conquistata dagli Arabi, l’arte arabo- normanna.

Mentre tutto ciò accadeva, e molto altro ancora, Cuceglio c’era, con il suo nome latino scritto per la prima volta su un documento.

Avete fatto bene, Amici, a celebrare questo anniversario. La popolazione e le Associazioni di Cuceglio so che hanno partecipato in modo corale e molto sentito, da maggio ad ottobre, ai festeggiamenti, con la collaborazione preziosa della Scuola Primaria.

2. Il nostro “grazie” si innalza oggi al Signore da questa chiesa parrocchiale che manifesta, attraverso i lavori di restauro e di manutenzione di questi anni, la cura e l’amore dei parrocchiani; si innalza anche, dal caro Santuario dell’Addolorata in cui, in questo momento, ci rechiamo spiritualmente pellegrini, e dalla chiesa della Madonna delle Grazie alle Cascine Cuffia.

Ciò che diciamo al Signore, ringraziandolo per questi mille anni di storia e per la storia che continua, è ciò che la preghiera iniziale della Messa ci ha fatto chiedere: «Dio onnipotente ed eterno,accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi».

Fede, speranza e carità, le tre virtù teologali infuse in noi nell’atto del Battesimo, sono ciò che distingue il cristiano da chi non è battezzato, ed esprimono nella vita ciò che il Sacramento del Battesimo ha prodotto perché sia da noi vissuto nello scorrere dei giorni: siamo figli di Dio che è Padre, fratelli di Gesù Cristo nostro Salvatore, abitazione dello Spirito Santo, membra della Chiesa-Popolo di Dio e Corpo di Cristo; coeredi di Cristo, destinati alla gloria del Paradiso.

Fede è la nostra adesione profonda a Dio che, in Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, ci ha spalancato la Sua vita; adesione profonda a Lui, alla Sua Parola di Verità, al Suo Amore che non conosce confini e perciò perdona, ritempra, ci spinge oltre le nostre debolezze e i nostri peccati. «Mio Dio – diciamo nell’Atto di fede – poiché sei Verità infallibile credo fermamente tutto che hai rivelato e la S. Chiesa ci propone a credere… Con questa fede voglio sempre vivere. Signore accresci la mia fede».

Speranza è, mentre viviamo le realtà di ogni giorno, lo sguardo puntato sul fine ultimo della nostra vita, sulla Promessa che Dio ci ha fatto. «Mio Dio – diciamo nell’Atto di Speranza – spero dalla Tua bontà, per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere che io devo e voglio fare».

Carità è la dimensione in cui siamo chiamati a vivere ogni cosa della nostra esistenza. «Mio Dio – diciamo nell’Atto di carità – Ti amo con tutto il cuore, sopra ogni cosa, poiché sei Bene infinito e nopstra eterna felicità. E per amore tuo amo il prossimo come me stesso. Fà che io Ti ami sempre più».

E’ dalla pratica, pur con tante deficienze, di queste tre virtù, carissimi, che si è formata la civiltà cristiana nel nostro Continente, in questa Europa ormai dimentica delle sue radici e orgogliosamente convinta di poterne fare a meno: di questa Europa di cui i Papi san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno denunciato lo stato di “apostasia dalla fede” in tanti suoi cittadini e di cui Papa Francesco ha detto: «Da più parti si ricava una impressione generale di stanchezza, d’invecchiamento, di una Europa nonna e non più fertile e vivace. Per cui i grandi ideali che han ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva, in favore dei tecnicismi burocratici delle sue istituzioni».

Il Millennio che ci vede raccolti nella commemorazione sia occasione di ripensamento oltre che di festa.

Che anche noi, come san Paolo – II Lettura (2 Tm 4,6-8.16-18) – possiamo dire, durante e al termine della nostra vita: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».

E risuoni nel nostro cuore la Parola di Gesù proclamata nel Vangelo di questa domenica (Lc 18,9-14): «Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Buon cammino, carissimi Fratelli e Sorelle!

Sia lodato Gesù Cristo.