Omelia nella S. Messa di Ordinazione presbiterale del diacono don Davide Mazza Ivrea, 7 Settembre 2019

07-09-2019

Un saluto cordialissimo a voi, cari Confratelli nel Sacramento dell’Ordine: Vescovi, Preti e Diaconi; e a tutti voi, Fratelli e Sorelle. Sia lodato Gesù Cristo!

1. L’8 settembre dell’anno scorso, carissimo don Davide, abbiamo partecipato con gioia, in questa Cattedrale, alla tua Ordinazione diaconale, nella festa della Natività di Maria Santissima, primo bagliore della storia nuova poiché la Redenzione che Gesù avrebbe operato già iniziò a produrre in Maria, anticipatamente, i suoi effetti; e la preghiera colletta della S. Messa della Festa, che chiedeva per la Chiesa il dono dell’unità e della pace, ha orientato, insieme alla Parola di Dio, la riflessione sul dono che ricevevi e sull’esercizio del ministero a cui venivi chiamato.

A Roma, dove la Diocesi ti ha mandato dopo l’Ordinazione, hai svolto il servizio diaconale nello studio del Diritto canonico, servizio ecclesiale importante ed utile che ora continuerai; e hai unito ad esso quello più specificamente pastorale esercitando il Diaconato in una Parrocchia romana. Hai avuto così l’occasione di iniziare ad “imparare Roma”, come diceva san Giovanni Paolo II, ad assumerne il respiro universale che è il respiro della Chiesa, Romana nella sua stessa identità, perché Romana significa Cattolica: saldamente fondata sulla Roccia di Pietro ed aperta, come le braccia del Colonnato della grande Piazza, ad abbracciare tutti i popoli, tutte le culture, perché a tutti sia trasmesso ciò che nel cristianesimo abbiamo di più caro: Gesù Cristo, unico Salvatore, i Suoi Doni di Grazia, la Sua Parola che attraversa i secoli, la Sua Presenza: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo»; la Presenza di cui ci ha Egli ci ha parlato poco fa nel Vangelo (Gv17, 6. 14-19) dicendo il motivo per cui rimane con noi: «Non chiedo, Padre, che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità».

2. Ora, alla Vigilia della festa della Natività di Maria, tu ricevi, don Davide, l’Ordine del Presbiterato. E risuona per tutti, ma oggi per te in particolare, la parola di Gesù: «Per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità». La Verità è Lui, Parola del Padre divenuta Carne per la nostra salvezza, la Sua Persona; la Verità è Lui presente e vivo nella Sua Chiesa; ed è in Lui che ricevi la consacrazione che ti imprime il carattere indelebile e la potestà di agire in Persona Sua, “in Persona Christi”.

Il primo atto del ministero che svolgerai è di rispondere, dunque, all’amore di Cristo vivendo l’amicizia con Lui, nella convinzione sempre rinnovata che «mihi vivere Christus est», come dice san Paolo: per me vivere è Cristo (Filip.1,21), e «questa vita che vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2,20). «No, non una formula ci salverà, ma una Persona e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!» come san Giovanni Paolo II scriveva nella “Novo Millennio Ineunte”.

Fra poco, con la formula rituale, chiederò se sei degno di essere ordinato sacerdote.

Il primo segno del tuo esserne degno è la consapevolezza – che certamente hai – della tua inadeguatezza; quella che Geremia ha espresso nel passo (Ger 1, 4-9) che abbiamo ascoltato: «Ahimè, Signore Dio, sono giovane». «Prima di formarti nel grembo materno – si sentì dire dal Signore – io ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato… Và e annunzia ciò che io ti ordinerò. Io sono con te per proteggerti… Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca».

Nella nostra povertà entra la forza del Signore e compie il prodigio – lo abbiamo ascoltato poco fa – di costituire un uomo sacerdote in eterno, «per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati… Essendo anch’egli rivestito di debolezza è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore» (Ebr…….).

E’ questo, don Davide, il senso del Sacerdozio, dono e mistero; ed è per questo che primo compito del consacrato è di restar fedele, lungo tutto il corso della vita, all’opera di Dio, senza affogare lentamente nella routine, ma diventando ogni giorno di più un vero uomo dello Spirito. Solo dove «il ministero sacro è vissuto così, – diceva Papa Benedetto XVI – in un’interiore apertura allo Spirito Santo e al suo agire, non si dà nessun irrigidimento istituzionale», conformemente a ciò a cui la Chiesa stessa è chiamata: «mantenere il più possibile esili le istituzioni amministrative, lungi dall’iperistituzionalizzarsi».

Carissimo don Davide, sii uomo dello Spirito. Prendi sul serio la tua umanità, come la prende sul serio Dio e lascia che Egli la plasmi con la Sua Grazia! E’ questo che ci mette al riparo dal “clericalismo” e ci consente di vivere, di annunciare il Vangelo e di essere servitori della salvezza senza estraneità e avvilenti paternalismi; e che ci mette al riparo dal “secolarismo” dal vivere «nel mondo» diventando «del mondo», assumendone gli “schemi”, annacquando la straordinaria originalità del Fatto cristiano.

Nel 160° della morte del santo Curato d’Ars, Papa Francesco ha inviato recentemente una lettera ai Sacerdoti. Te ne propongo qualche passo…

  • Il “Sì”. «Un giorno abbiamo pronunciato un “sì” che è nato e cresciuto nel seno di una comunità cristiana grazie a quei santi «della porta accanto» che ci hanno mostrato con fede semplice quanto valeva la pena dare tutto per il Signore e il suo Regno. Un “sì” la cui portata ha avuto e avrà una trascendenza insospettata, e molte volte non saremo in grado di immaginare tutto il bene che è stato ed è capace di generare».
  • La fedeltà di Dio. «È veramente significativo che, in una società e in una cultura che ha trasformato “il gassoso” in valore ci siano persone che scommettano e assumano impegni che esigono tutta la vita. Questo ci invita a celebrare la fedeltà di Dio che non smette di fidarsi, nonostante i nostri limiti e peccati, e ci invita a fare lo stesso».
  • Davanti al Signore. «Sappiamo che non è facile restare davanti al Signore lasciando che il suo sguardo percorra la nostra vita, guarisca il nostro cuore. È nella preghiera che sperimentiamo la nostra benedetta precarietà che ci ricorda che siamo discepoli bisognosi dell’aiuto del Signore. In questo senso, vi incoraggio a non trascurare l’accompagnamento spirituale. Cercatelo, trovatelo e godete la gioia di lasciarvi curare, accompagnare e consigliare. È un aiuto insostituibile per poter vivere il ministero facendo la volontà del Padre (cfr Eb 10,9) e lasciare il cuore battere con “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”» (Fil 2,5).
  • Con Maria. «L’anima mia magnifica il Signore» (Lc 1,46). È impossibile senza contemplare Maria. Tutta la sua vita è stata condensata nel suo canto di lode. Se il nostro sguardo inizia a indurirsi, o sentiamo che l’apatia o la desolazione vuole mettere radici e impadronirsi del cuore, contempliamo Maria e intoniamo il suo canto di lode».

Il Signore Gesù ti aiuti, don Davide, con la Sua grazia; la Madonna SS., nostra Madre, aurora della Redenzione, ti accompagni; i nostri Santi intercedano per te. Sia lodato Gesù Cristo!