Omelia nella S. Messa nella Festa Patronale del B. Angelo Carletti 31 agosto 2019

31-08-2019

Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!

1. Partecipare alla Festa Patronale del Beato Angelo a Chivasso – come di San Savino a Ivrea – è partecipare della Festa non di una singola Comunità parrocchiale, ma di una intera Città, con le sue Istituzioni religiose, civili e culturali; di tutta la Città, pur nella evidenza del fatto che non tutti oggi si riconoscono cristiani e si dichiarano aderenti alla fede che ha plasmato il volto e la vita del nostro popolo. Sento, comunque, in questa celebrazione, di abbracciare tutti i Chivassesi, e per tutti chiedo al S. Patrono la grazia di una vita serena.

2. In un antichissimo testo dei primi tempi, mentre ancora erano in vita molti degli Apostoli di Gesù, si legge: “Cercate ogni giorno il volto dei santi”.

Noi cerchiamo, oggi in modo speciale, il volto del nostro Beato Angelo: il vero volto, non tanto le fattezze materiali. Fare festa in suo onore comporta questo.

Negli anni scorsi ho cercato di delineare questo volto facendo scorrere davanti a noi la vita di fra Angelo, il suo pensiero e il suo insegnamento affidato, in particolare, alle pagine preziose della sua “Summa”: il volto che è emerso è quello di un cristiano che dalla fede vissuta e dalle sue scelte di vita ha ricevuto una fisionomia che lo scorrere dei secoli non ha sbiadito, anzi ha molto da dire anche al nostro tempo, difficile per tanti aspetti, in una situazione di incertezze e confusioni, in cui la fede cristiana e la stessa ragione umana sembrano perdere terreno. Ho ricordato due anni fa quanto diceva il S. Padre: «uno dei limiti delle società attuali è di avere poca memoria, e questo ha delle conseguenze gravi: si diventa preda dei capricci e delle voglie del momento, schiavi di falsi miti che promettono la luna, ma ci lasciano delusi e tristi, alla ricerca spasmodica di qualcosa che riempia il vuoto del cuore» (cfr. Messaggio al Meeting di Rimini, 20.08.2017). E l’anno scorso, a 50 anni dal sorgere di quel fenomeno che chiamiamo “il Sessantotto”, ho accennato – ancora citando il S. Padre – alla «svolta cruciale avvenuta nella società, i cui effetti – dice il Papa – non si sono esauriti a cinquant’anni di distanza… La rottura con il passato divenne l’imperativo categorico di una generazione che riponeva le proprie speranze in una rivoluzione delle strutture capace di assicurare maggiore autenticità di vita. Tanti credenti cedettero al fascino di tale prospettiva e fecero della fede un moralismo che, dando per scontata la Grazia, si affidava agli sforzi di realizzazione pratica di un mondo migliore. […] Oggi un senso di paura prevale sulla fiducia nel futuro. “L’età moderna termina nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto” (H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano 1994, 239-240). Nessuno sforzo, nessuna rivoluzione può soddisfare il cuore dell’uomo. Solo Dio, che ci ha fatti con un desiderio infinito, lo può riempire della sua presenza infinita; per questo si è fatto uomo: affinché gli uomini possano incontrare Colui che salva e compie il desiderio di giorni felici. […]. La natura del cristianesimo consiste nel riconoscere la presenza di Gesù e seguirlo» (cfr. Messaggio al Meeting di Rimini, 19.08.2018).

3. A queste riflessioni di Papa Francesco, che rimangono sempre valide, desidero collegare oggi quella che quest’anno, pochi giorni fa, egli ha proposto ai partecipanti al “Meeting per l’Amicizia dei Popoli” che da quarant’anni si tiene a Rimini negli ultimi giorni di agosto.

E’ il commento sul tema di questa edizione: «Nacque il tuo nome da ciò che fissavi»; verso stupendo di una poesia di San Giovanni Paolo II (K. Wojtyła, «III. Il nome», in Id., Tutte le opere letterarie, Milano 2001, 155). Colei che ricevette il nome di Veronica – la vera Icona – è la donna che, facendosi largo tra la folla per asciugare il volto di Gesù sulla via della croce, riceve in dono il volto di Cristo, e il proprio nome.

Guardare, da parte nostra, il volto del Beato Angelo, significa fissare lo sguardo con interesse su di lui, ma significa anche accogliere il suo sguardo e rivolgere gli occhi a Colui, il Signore, che fra Angelo guarda; guardare il volto del Beato Angelo significa lasciarci interrogare per comprendere chi siamo, su che strada camminiamo, se i nostri passi procedono sulla via che porta alla realizzazione di noi stessi o alla nostra distruzione. Guardare e lasciarci guardare, come Veronica, come Zaccheo arrampicato sul sicomoro per vedere Gesù… S. Agostino diceva di quest’uomo: «Fu guardato e allora vide; […] se non fosse stato guardato, non avrebbe visto» (Discorsi, 174, 4.4).

Carissimi Chivassesi, per conservare la Città, e con essa la nostra civiltà, il patrimonio di valori faticosamente conquistati, non basta lamentare il pericolo che tutta l’Europa sta correndo: il grave pericolo di perdere ciò che siamo. Occorre agire, convinti che la soluzione vera – e urgente – è ricordare il nostro nome e far sì che esso rinasca da ciò che fissiamo, dal Signore Gesù, noi che per grazia siamo cristiani, il dono più grande e prezioso ricevuto dal Signore, insieme a quello della vita.

Gesù Cristo è il volto che risplende sul volto dei nostri Santi. «Per affermare il nostro volto unico e irripetibile – scrive il Santo Padre – abbiamo bisogno di guardare a Gesù Cristo, mentre tanti nostri contemporanei cadono sotto i colpi delle prove della vita, e si trovano soli e abbandonati… L’uomo di oggi vive spesso nell’insicurezza, camminando come a tentoni, estraneo a sé stesso; sembra non avere più consistenza, tanto è vero che facilmente si lascia afferrare dalla paura. Per ritrovare se stesso e la speranza, per guardare tutto con occhi nuovi, occorre fissare lo sguardo sul volto di Gesù e acquistare familiarità con Lui. In un’epoca dove le persone sono spesso senza volto, figure anonime perché non hanno nessuno su cui posare gli occhi, la poesia dei San Giovanni Paolo II ci ricorda che noi esistiamo in quanto siamo in relazione. È questo che rende il cristiano una presenza nel mondo diversa da tutte le altre, perché porta l’annuncio di cui più hanno sete – senza saperlo – gli uomini e le donne del nostro tempo. Saremo “originali” se il nostro volto sarà lo specchio del volto di Cristo risorto. La Sua Presenza tra noi è il miracolo dei miracoli. Questa è l’origine della gioia profonda che niente e nessuno ci può togliere: il nostro nome è scritto nei cieli, e non per i nostri meriti, ma per un dono che ciascuno di noi ha ricevuto con il Battesimo. Un dono che siamo chiamati a condividere con tutti, nessuno escluso. Questo significa essere discepoli missionari» (cfr. Messaggio al Meeting di Rimini, 19.08.2018).

Buona Festa, di cuore, carissimi Chivassesi!

Il Signore ci dia la grazia di comprendere tutto questo e di concretizzarlo nella vita di ogni giorno. E il Beato Angelo preghi perché tutto questo diventi realtà: a Chivasso, nel Canavese, in Italia e in Europa; in questa Europa che non è solo Bruxelles e le sue Istituzioni, grazie a Dio, ma i Popoli e le Nazioni, gli uomini e le donne dell’Europa!

Sia lodato Gesù Cristo!