Omelia nel XVIII anniversario della morte del Servo di Dio d. Luigi Giussani S. Benigno C.se, chiesa abbaziale, 24 febbraio 2023

24-02-2023

Sia lodato Gesù Cristo!

«Accompagna con la tua benevolenza, Padre misericordioso, i primi passi del nostro cammino penitenziale perché all’osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento nello Spirito».

1. Abbiamo pregato così, Amici, all’inizio della S. Messa in questo secondo giorno di Quaresima. Abbiamo chiesto di essere accompagnati dalla benevolenza di Dio: e questo ci dice che da soli, senza la guida e la forza di Dio, se puntiamo solo sulle nostre forze, non realizziamo ciò che ci prefiggiamo: un ascolto più intenso di Dio e un colloquio sincero con Lui (preghiera); un vero distacco da noi stessi e da una visione mondana della vita (digiuno); una condivisione di sé, non solo di qualcosa che ci appartiene (elemosina): i passi penitenziali, cioè di conversione, di cambiamento, di ricuperata giovinezza della mente e del cuore. 

L’accompagnamento c’è: il Signore infatti ci dice, nella Liturgia del primo giorno di Quaresima: “Ecco ora il giorno favorevole, ecco ora il giorno della salvezza. E da quel momento, nell’inno delle Lodi mattutine, la Chiesa canta: “Viene il giorno, il Tuo giorno, grazie al quale tutto rifiorisce”: il Signore ci offre la possibilità di un “nuovo inizio”, il dono di una “nuova creazione” perché ci ama e, perdonandoci, ci dà la grazia di sperimentare che anche il nostro peccato può diventare strada su cui lo incontriamo, come diceva un lucido cristiano, Charles Péguy, di cui ricorre quest’anno il 150° della nascita: “E’ solo perché un uomo era là, per terra, che il Samaritano lo raccolse; solo perché il volto di Cristo era bagnato di sudore e sporco di sangue che Veronica l’asciugò con il suo lino…”.

2. L’accompagnamento di Dio – indispensabile al nostro cammino quaresimale, e lungo tutta la nostra vita – si fa presente attraverso fratelli e sorelle più grandi di noi che ci indicano il cammino: “l’operosità della fede, la fatica della carità, la fermezza della speranza” come dice san Paolo (I Tess. 1,3). 

Educatori che ci danno la mano e ci sostengono, come fa Virgilio fa con Dante – “E poi che la sua mano alla mia puose con lieto volto, ond’io mi confortai, mi mise dentro alle segrete cose(Inf. III) 

sono necessari sempre, ma tanto più nei tempi scuri in cui viviamo: in questa mezzanotte dello spirito in cui si infrangono le certezze più elementari, e il vero e il non vero s’intrecciano e si annullano, e le emozioni passeggere prendono il sopravvento sulla ragione… 

Dobbiamo guardare a chi ha la lucidità di guardare la realtà e il coraggio dire come stanno le cose, di indicarci in Dio l’origine e la destinazione di tutto, non in un Dio astratto, ma nel Dio con noi, che c’entra con la nostra vita. Sono essi che ci aiutano a dare spazio alla ragione, una ragione “aperta”, capace di abbracciare la verità, non “chiusa” nei limiti della visione puramente empirica delle scienze, la quale – diceva Papa Benedetto – «assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo il clima e la luce da soli» e alla fine l’uomo ne risulta soffocato.

  3. Oggi, Amici, siamo qui a ricordare, nel XVIII anniversario della sua partenza da questo mondo, una di queste guide a cui tanti di noi devono molto perché ha segnato profondamente il nostro cammino, la storia di ognuno: il servo di Dio don Luigi Giussani.

«La natura della ragione è rapporto con l’infinito, esigenza di spiegazione totale» diceva don Giussani nel prezioso testo “Il senso religioso” (cito sintetizzando). «La vita della ragione è data dalla volontà di penetrare l’ignoto, di passare (come l’Ulisse dantesco) oltre le colonne d’Ercole, simbolo del limite continuamente, strutturalmente posto dalla esistenza al nostro desiderio. Ulisse è l’uomo intelligente che vuole misurare col proprio acume tutte le cose. Ha percorso in lungo e in largo tutto il “mare nostrum”, ma arrivato alle colonne d’Ercole sente che quella non solo non era la fine, ma, anzi, era come se la sua vera natura si sprigionasse da quel momento. E allora andò oltre. Era nella sua natura di uomo. Questa è la lotta tra l’umano, cioè il senso religioso, e il disumano, cioè la posizione positivista di tutta la mentalità moderna. Al di là di questo “mare nostrum” che possiamo possedere, governare e misurare c’è l’oceano del significato».

«Una pagina più grande ancora di quella dell’Ulisse dantesco, ancora più espressiva di questa posizione esistenziale della ragione dell’uomo, – continua don Giussani – è nella Bibbia. Giacobbe sta ritornando a casa sua dall’esilio, cioè dalla dispersione o da una realtà estranea a sé. Giunge al fiume ormai all’imbrunire, fa passare gli armenti, i servi, i figli, le donne. Quando tocca a lui passare il guado è notte. E Giacobbe vuole continuare nel buio. Ma prima che metta il piede dentro l’acqua, sente un ostacolo davanti a sé; una persona che lo affronta e cerca di impedirgli il guado. E con questa persona, che non vede in viso, con cui gioca tutte le sue energie, si stabilisce una lotta che durerà tutta la notte. Finché al primo lucore dell’alba quello strano personaggio riesce a infliggere un colpo all’anca, sì che Giacobbe ne andrà per tutta la vita zoppo. Ma nello stesso momento quello strano personaggio gli dice: «Sei grande Giacobbe! Non ti chiamerai più Giacobbe, ma ti chiamerai Israele, che significa: “Ho lottato con Dio”». Giacobbe rimane “segnato”. La vita dell’uomo è lotta, cioè tensione, rapporto con l’al di là. La ragione, per essere fedele alla natura sua, è costretta ad ammettere l’esistenza di qualcosa d’altro che sottende tutto, e che lo spiega».

4. Cari Amici, Dio non è un principio astratto: è il “mistero buono” che fa luce su tutto, che cammina con noi, che “la sua mano nella nostra pone”.  

«Come si fa a mettersi in rapporto, a conoscere qualcosa di questo “qualcosa d’altro”, di questo Dio?» chiedeva un giovane a don Giussani in una conversazione. Risposta: «Solo se Dio si rivela, se diventa Gesù, se diventa uomo, se si identifica con qualcosa di evidente nell’esperienza, solo per questa strada lo si conosce! La realtà si rende evidente nell’esperienza: come per Giovanni e Andrea, quando hanno visto Gesù: dopo quella sera nessuno poteva più strappare in loro l’impressione che avevano avuto da quell’uomo».

«Ma questo Gesù Cristo dov’è?» insisteva quel ragazzo: Risposta: «È nella compagnia di uomini che lo riconoscono e che si chiama Chiesa. Se Gesù, come Dio, non entra nell’esperienza nostra, non possiamo riconoscerlo adeguatamente». 

Cari Amici, rileggete di don Giussani “Perché la Chiesa”. 

Mi viene in mente un episodio della vita di sant’Agostino. Ai discepoli che lo incalzavano per avere una parola conclusiva al termine del suo enorme cammino di pensiero e gli domandavano: «Allora, maestro, dicci che cos’è la verità!», dicono abbia risposto: «Un uomo che è presente». «Quid est veritas?»: che cos’è la verità? «Vir qui adest» quest’uomo che è qui!

Cristo, Dio fatto uomo, porta nel vivo della storia – della storia del mondo e della storia di ognuno – la risposta di Dio rivelando tutta la verità su Dio e sull’uomo, sul senso del vivere e del morire.

 Il servo di Dio don Luigi Giussani ci accompagni con la sua intercessione a vivere da credenti il nostro cammino quaresimale, icona del cammino di tutta la vita cristiana, «perché all’osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento nello Spirito»! Nella misura in cui questo si realizza, anche noi, pur nella nostra fragilità, diventiamo testimoni che al desiderio fondamentale dell’essere umano la Risposta c’è: l’unica esaustiva!

Sia lodato Gesù Cristo!