Omelia della Messa Crismale 6 Aprile 2023

06-04-2023

Sulla soglia del Triduo Santo, un fraterno saluto a tutti, carissimi Fratelli e Sorelle:

al Vescovo Luigi, a cui già esprimo gli auguri per il 60° di Ordinazione episcopale ed il 100° compleanno che ricorrono nei prossimi mesi; ai Presbiteri e ai Diaconi della Diocesi e ai Presbiteri della Chiesa Ortodossa Rumena che ci fanno il dono della loro presenza; a voi, carissimi Laici che partecipate alla S. Messa Crismale.   

Vi saluto con le parole dell’Apostolo proclamate nella II Lettura (Ap 1,5-8): «Grazia a voi e pace da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli».

Alla luce di questa Parola, qualche riflessione.

1. Siamo qui davanti al Signore! Può sembrare superfluo ricordarlo, ma forse, proprio per questo, è utile farlo. La S. Liturgia, «azione sacra per eccellenza, di cui nessun’altra azione della Chiesa uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado» come insegna Sacrosanctum Concilium (S.C.7), è opera Sua, attraverso la quale «il nostro Redentore e Sommo Sacerdote continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione» (CCC 1609). 

Guardando a Lui Gli diciamo con una preghiera della Chiesa d’Oriente: «Tu, o Cristo, Dio nostro sei colui che offre e che viene offerto; colui che riceve e che viene distribuito; a Te rendiamo gloria!».

Lo riconosciamo presente, e con le parole della Preghiera eucaristica Gli diciamo: «Ti rendiamo grazie perché ci hai resi degni di stare alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale», e, confessandogli la nostra povertà e indegnità, Gli diciamo: «Credo, o Signore, e confesso che tu sei veramente il Cristo, il Figlio del Dio vivente, venuto nel mondo a salvare i peccatori dei quali il primo sono io…». 

Riconosciamo che è Lui il fondamento anche del nostro stare insieme: unendoci a Sé nella celebrazione dei santi Misteri e nel cammino della vita, è Lui che rende possibile la comunione tra noi, diversi per età, formazione, sensibilità, prospettive pastorali, giudizio sulla realtà.

2. La S. Liturgia. È la «dimensione fondamentale per la vita della Chiesa» scrive Papa Francesco nella Lettera apostolica Desiderio desideravi e continua: «Se il Risorto fosse per noi soltanto il ricordo del ricordo di altri, se non venisse data anche a noi la possibilità di un incontro vero con Lui, sarebbe come dichiarare esaurita la novità del Verbo fatto carne. La fede cristiana o è incontro con Lui vivo o non è. La Liturgia ci garantisce la possibilità di tale incontro. Nell’Eucaristia e in tutti i sacramenti ci viene garantita la possibilità di incontrare il Signore Gesù e di essere raggiunti dalla potenza della sua Pasqua. La potenza salvifica del sacrificio di Gesù, di ogni sua parola, di ogni suo gesto, sguardo, sentimento ci raggiunge nella celebrazione dei sacramenti. Io sono Nicodemo e la Samaritana, l’indemoniato di Cafarnao e il paralitico in casa di Pietro, la peccatrice perdonata e l’emorroissa, la figlia di Giairo e il cieco di Gerico, Zaccheo e Lazzaro, il ladrone e Pietro perdonati. Il Signore Gesù che “immolato sulla croce, più non muore, e con i segni della passione vive immortale” continua a perdonarci, a guarirci, a salvarci con la potenza dei sacramenti. È il modo concreto, per via di incarnazione, con il quale ci ama; è il modo con il quale sazia quella sete di noi che ha dichiarato sulla croce (Gv 19,28)».

3. La nostra vita. Guardando a Cristo presente e vivo nella Sua Chiesa, guardiamo a noi stessi: in particolare noi preti che in questa Messa rinnoviamo le Promesse sacerdotali.

Papa Benedetto sottolineava un aspetto importante: «In Gesù persona e missione coincidono; tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo “Io filiale” davanti al Padre. La prima cosa che dobbiamo imparare è la totale identificazione col nostro ministero, la cui efficacia sostanziale resta, indipendentemente dalla santità del ministro, ma non si può trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro». 

Identificazione col nostro ministero, in altre parole, significa non “io faccio il prete”, ma: “io sono prete”! Siamo chiamati a diventare ciò che facciamo! 

Nel Simposio sul Sacerdozio tenutosi a Roma lo scorso anno, Papa Francesco sottolineava un aspetto che è sviluppo di quanto detto sopra: «La vita di un sacerdote è anzitutto la storia di salvezza di un battezzato. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni vocazione specifica, compresa quella all’ Ordine, è compimento del Battesimo. La nostra prima chiamata è alla santità. E essere santi significa conformarsi a Gesù e lasciare che la nostra vita palpiti con i suoi stessi sentimenti… Ben a ragione – continua Papa Francesco – S. Giovanni Paolo II ci ricordava che “il sacerdote, come la Chiesa, deve crescere nella coscienza del suo bisogno di essere evangelizzato… Ognuno, guardando la propria umanità, la propria storia, la propria indole, deve chiedersi se quella vocazione dischiude in lui il potenziale di Amore ricevuto nel Battesimo. Senza una relazione significativa con il Signore il nostro ministero è destinato a diventare sterile. Molte crisi sacerdotali hanno all’origine proprio una scarsa vita di preghiera, una mancata intimità con il Signore, una riduzione della vita spirituale. Senza questa intimità un sacerdote è, per così dire, solo un operaio stanco che non gode dei benefici degli amici del Signore…». 

Sento rivolte a me, carissimi Confratelli, queste proposte di riflessione e perciò mi permetto di rivolgerla anche a voi; e sento a me e a voi rivolta la domanda di Gesù a Simon Pietro che stava là, davanti al Risorto, e lo guardava confuso al ricordo del suo tradimento: “Mi ami tu?” – Mi ami pleon touton: più di tutto il resto?

È l’amore a Cristo che ci porta a centrare su di Lui la nostra vita in un cammino di liberazione da tanti atteggiamenti dell’uomo vecchio che resiste alla Grazia: giudizi malevoli sulle cose, le situazioni, le persone; chiacchiere e pettegolezzi; irrigidimenti e risentimenti che ci rendono incapaci di gustare già ora, nella fatica e nel combattimento della vita, il centuplo promesso da Cristo.

La salvezza è una Presenza accolta: non siamo da soli con il nostro peccato. Cristo c’è, è con noi, è qualcosa che ci sta accedendo! 

Concludo, cari Fratelli, con le parole di Papa Francesco nella Evangelii Gaudium: «Invito ogni cristiano a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo. Solo grazie a questo incontro che si tramuta in felice amicizia giungiamo ad essere pienamente umani; quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi raggiungiamo il nostro essere più vero. Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Sebbene essa ci richieda un impegno generoso, sarebbe un errore intenderla come un eroico compito personale, giacché l’opera è prima di tutto sua. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, qualsiasi struttura si corrompe in poco tempo (passim).

Carissimi Fratelli e Sorelle, Sacerdoti, Diaconi e laici cristiani, “Le cose – disse qualcuno – si nutrono del tempo che ad esse dedichi… Scegli a cosa dare tempo nella tua vita”. 

Buona Pasqua! 

Sia lodato Gesù Cristo.