Omelia della domenica VI di Pasqua Ivrea, Cattedrale, 17 Maggio 2020

17-05-2020

Sia lodato Gesù Cristo!

  1. E’ l’ultima domenica, carissimi Fratelli e Sorelle, in cui non vi è data la possibilità di partecipare alla S. Messa in chiesa, con la presenza anche fisica che non è un “optional” per chi crede in Gesù Cristo, Dio divenuto Uomo per incontrare l’uomo non solo con sentimenti d’am, ma facendosi vicino, fino ad assumere la natura umana, ad offrirsi con la Sua Persona all’incontro con la nostra persona. Accadde 2000 anni fa in Palestina con quelli che vissero in quell’epoca, accade oggi con noi nei Sacramenti, e in particolare nel SS. Sacramento: il Suo Corpo e il Suo Sangue, di cui ci ha detto: “Prendete e mangiate, prendete e bevete…”.

Pur nell’osservanza di tutte le norme di sicurezza prescritte, che inevitabilmente limitano il numero dei fedeli in chiesa, da domani riprenderà la celebrazione della S. Messa feriale non più in assenza di popolo; e domenica 24, solennità dell’Ascensione, la S. Messa domenicale.

Potremmo utilmente impegnare qualche momento di questa domenica per ripensare ancora al valore della S. Messa e anche alla scuola di vita cristiana che essa è, con le parole, i gesti, i momenti che la costituiscono e che ci trasmettono l’essenza del vivere cristiano. E’ ciò che da due anni sto chiedo alla Diocesi, nella convinzione che questa rinnovata consapevolezza è il fondamento di tutto ciò che siamo chiamati a vivere: anche della carità, anche della speranza che sostiene nell’impegno di mettere in atto cambiamenti profondi: di essi tutti abbiamo bisogno nella nostra vita personale, e ne ha bisogno la società nel suo insieme, per non affondare: cambiamenti nel modo di pensare e di vivere; riscoperta, non solo, ma assunzione di tanti valori che paiono offuscati, se non decisamente rifiutati; ripensamento su che cosa è davvero la libertà; su chi è l’essere umano nella sua natura; sulla parte spirituale che insieme alla materia lo costituisce, su Dio, orizzonte sconfinato senza il Quale della vita terrena si perde il senso…

Per noi credenti, pensando a tutto ciò, e, in primo luogo, al fatto che la S. Messa è la fonte e il culmine del nostro vivere in Cristo, intensifichiamo anche la preghiera per i nostri fratelli e sorelle di fede che non lo hanno ancor adeguatamente compreso, se – anche da noi – è così decisamente bassa la percentuale di coloro che partecipano alla Messa domenicale.

  1. Oggi il Vangelo ci porta ancora una volta nel Cenacolo dove Gesù, dopo aver donato l’Eucarestia, apre il Suo Cuore in ql’ avvincente discorso, ampio cinque capitoli del Vangelo di san Giovanni.

Se mi amate – dice – osserverete i miei comandamenti”: eh sì, perché l’amore è condivisione, partecipazione, non solo sguardo adorante … Gesù ama il Padre perché vive ciò che il Padre vive: ql’amore portato fino al dono totale si Sé… E i comandamenti – tutti quanti: anche “Fate questo in memoria di me” – sono una proposta di vita che viene dal Cuore di Dio e che corrisponde al nostro cuore anche quando non ce ne rendiamo perfettamente conto… Lo Spirito di Verità, il Consolatore, che ci strappa dall’orfanezza – come dice Gesù – è Lui che ci dischiude il senso di tutto e ci fa sperimentare quanto Gesù afferma: “Io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”: la SS. Trinità, l’unico Dio nella ricchezza stupefacente delle tre Persone divine, è sconfinatamente aperta!

Non vi lascerò orfani” dice Gesù. L’orfanezza è la percezione di una assenza che rende tutto incerto e allarga a dismisura la paura…: la percezione che Pascoli cantò dolorosamente nella sua poesia autobiografica “I due orfani”: “Fratello, l’hai sentito un lamento lungo nel buio?… C’è gente all’uscio… sarà forse il vento?… Ho paura. Anch’io… Nulla ci conforta nella notte oscura”…

E’ per questo, amici, che l’humanissimus Dominus – come una preghiera chiama il Signore – disse: “Non vi lascerò orfani”. Lo Spirito Santo ci è dato perché sia eliminata alla radice la più terribile delle orfanezze. Egli, lo Spirito del Padre e del Figlio, la terza Persona divina, non cancella dal nostro cuore la nostalgia che è desiderio di una pienezza, di un compimento che ancora non abbiamo, ma ci impedisce di vivere da “nostalgici”, che è altra cosa: è vivere come una mutilazione ciò che ci manca, come uno sterile ripiegamento su di sé, anziché come slancio a  raggiunger il bene, il bello, il vero  di cui la sana nostalgia ci fa provare il desiderio.

Lo Spirito Santo in noi – “Il Padre vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre; egli rimane presso di voi e sarà in voi” – ci fa percepire con certezza la misteriosa ma reale presenza di Cristo, n mistero dove “sensus deficit”, i sensi sono impari a coglierla, ma dove non è impari il cuore.

Noi non siamo orfani; non siamo nostalgici. Siamo cristiani, uomini e donne che appartengono a Cristo e vivono la comunione con Lui presente e vivo: ogni giorno in un nuovo inizio che è il farsi presente dell’Inizio, quando “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”, anzi: “in nobis”.

Buona domenica, Amici.

Sial lodato Gesù Cristo!