Meditazione nella Veglia della GMG diocesana – Montalto, domenica delle Palme 2019

14-04-2019

«Venuta la sera, i suoi discepoli scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l’altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Sono io, non temete”. Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti» (Gv, 6, 16-21).

Sia lodato Gesù Cristo!

Ho scelto questo passo del Vangelo di Giovanni per riflettere, questa sera, sulla prima parola della Lettera del Santo Padre ai giovani: “Christus vivit”, Cristo vive, è vivo. Mi soffermo solo su questo annuncio che è l’elemento portante della nostra fede, quello che sta a fondamento di tutta la vita cristiana… poiché noi siamo i seguaci di Uno che è morto ed è risorto, ha vinto la morte e quindi vive per sempre, ed è presente in mezzo a noi anche oggi… Il cristianesimo non è una religione fra le tante: è un Fatto, un avvenimento: Dio mi viene incontro e mi chiede di lasciarmi abbracciare da Lui con le braccia e il Cuore di Cristo; Dio che si è fatto Uomo per la nostra salvezza ci dà la possibilità di vivere per Lui, con Lui e in Lui, come diciamo al termine della Preghiera Eucaristica. L’episodio che abbiamo ascoltato ci presenta il Signore Gesù ancora nei giorni della sua vita terrena, prima della morte e risurrezione… Ma ci aiuta a comprendere che cosa porta nella nostra vita il Cristo che vive oggi, che ci incontra oggi. Sottolineo qualche elemento.

1°. Come ai discepoli sul lago in tempesta, Gesù ci dice: «Sono io, non abbiate paura!». Abbiamo bisogno di ascoltare questa Sua parola ogni giorno, dentro ogni circostanza, dentro tutta la realtà in cui viviamo, perché, se no, altro che in balìa delle onde e venti contrari…! Oggi per noi, come allora per i discepoli, non è detto che le circostanze necessariamente cambino, che la bufera si plachi: è il nostro cuore che è tirato fuori dalla tempesta. La pace che Egli dà al nostro cuore è un miracolo più grande che calmare i venti e le onde…

2°. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci fa capire che non basta stringerci fra noi. Se non c’è Lui, possiamo stringerci quanto vogliamo, possiamo dirci gli uni gli altri: “Non avere paura”, ma più ci stringiamo fra noi, senza di Lui, più la barca perde l’equilibrio… Leggete la storia della Chiesa, con amore e con intelligenza: è importante la storia della Chiesa: la Chiesa di oggi è la Chiesa di sempre; non apparteniamo ad un’altra Chiesa, ma alla stessa Chiesa di sempre…Vedrete quante volte la barca vacilla, nonostante tutte le buone intenzioni, se si lascia “fuori” il Signore, e vedrete quale è la vera soluzione a questo essere sballottati dalle onde in tempesta…

3°. Solo Gesù può dirci: «Non avere paura!». I discepoli stavano insieme sulla barca, remavano insieme, ma impauriti pur essendo insieme… E’ bello questo loro essere insieme…, ma Giovanni (che quella notte era là sulla barca… Mica riferisce un fatto ascoltato: era là anche lui!), dice che «rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti» quando «vollero prenderlo sulla barca». Vollero! Occorre la nostra libertà: vollero! E poiché spesso questa volontà ci fa difetto, dobbiamo chiedere nella preghiera di volerlo. Il nostro compito è “volerlo”. Allora scatta l’impensabile: «subito la barca toccò la riva». La vita cristiana è inconcepibile senza la Sua presenza… Con Lui presente tra di noi, in noi, le cose finalmente si toccano, si raggiungono nella loro verità. Dobbiamo volere che Lui salga a bordo. Egli cammina sulle acque per raggiungerci e non lasciarci soli nella traversata della vita.

4°. A questo punto dobbiamo chiederci: come lo si accoglie sulla barca? Innanzitutto credendo alla Sua Presenza viva e attuale, che sfida la nostra misura e spalanca un orizzonte diverso, più ampio, infinitamente più ampio di quello che noi siamo capaci di vedere… Questa Sua Presenza ci raggiunge attraverso la Sua Parola, mai disgiunta dai Sacramenti; ci raggiunge nella Chiesa, nella comunità dei credenti in Lui, ai quali – lo abbiamo detto – se non basta stringersi fra loro, devono però essere insieme, condividere gioie e speranze, difficoltà e sofferenze; essere insieme non come in un club, ma con la consapevolezza di essere il Corpo di Cristo: «Siamo membra del Suo corpo – dice san Paolo – della sua carne e delle sue ossa” (Efes, 5,30). E come tali, amarci attingendo al Suo amore, vivendo la carità che si esprime nelle opere, come fa Cristo… Quante volte nelle comunità cristiane questo manca, e prevalgono invidie, gelosie, curiosità indebite, sopraffazioni, egoismi, invadenze… Tutto questo è un pratico non riconoscere la Presenza di Cristo tra noi. E’ vivendo l’autentica carità dentro le nostre comunità che si diventa capaci di amare davvero anche chi sta fuori di esse; che si diventa portatori di vita nuova anche fuori; che, in una parola, si diventa missionari, come il Signore Gesù ci chiede: «Andate, annunciate il Vangelo ad ogni creatura»… La nostra vita di discepoli Suoi, di uomini e donne cristiani, non può essere ridotta a un sentimento; deve essere segnata e plasmata dalla Presenza del Signore. Come diceva d. Luigi Giussani, un grande maestro: «È nella carne che noi possiamo riconoscere la presenza del Verbo fatto carne; se il Verbo si è fatto carne, è nella carne che noi lo troviamo. Se Dio si è fatto carne, se si è fatto uomo, è attraverso una realtà umana che io devo capirlo; altrimenti era inutile che si facesse uomo».

La Presenza di Cristo.

Il regista Tarkovskij, in una sequenza del film Andrej Rublëv, fa dire a un personaggio: «Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco, e non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno, uno sguardo umano, e tutto diventa improvvisamente più semplice». L’avvenimento cristiano è l’apparire di un volto come gli altri, eppure così diverso dagli altri… Lo vedi e prosegui il cammino portando dentro di te quello sguardo. Il miracolo è l’incedere dei Suoi passi dentro i nostri passi… Lo ha detto san Paolo con parole (Gal 2, 20) che meglio non possono definire che cos’è la vita cristiana: «Vivo io, ma non vivo più io; Cristo vive in me e questa vita che io vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me»: tutta la vita investita da Cristo, dalla Sua presenza.

Quello che Cristo ha cominciato in me nel Battesimo diventa esistenzialmente mio, come esperienza. La convivenza con Cristo plasma la vita in un modo tale che Cristo non è più giustapposto, messo di lato, ma dentro il nostro io! Amici, questo è la Santità! E allora, qualunque cosa, qualunque cosa – magia, dormi, studia, lavora, balla, vai in vacanza, discuti con un amico, ascolta musica, soccorri una povertà, vai a dedicare un po’ di tempo a qualcuno che è solo, dai una mano in casa, prega, va a confessarti, anima i ragazzi dell’Oratorio – qualunque cosa è possibile farla da Santo, da Santa, perché la Santità è vivere per Cristo, con Cristo e in Cristo ciò che stai vivendo, non solo quello che normalmente chiamiamo il nostro dovere, ma tutto, anche fischiettare senza nemmeno accorgerti di farlo…

Ragazzi, buona Pasqua! Cristo è vivo, se no, che Pasqua è? Sia lodato Gesù Cristo!