Messaggio per l’Avvento 2021

Carissimi Fratelli e Sorelle,

l’Avvento che sta per iniziare e che apre il nuovo Anno Liturgico vede i primi passi del “Cammino sinodale” che la nostra Diocesi, come ogni altra, si è avviata a compiere. 

Il programma pastorale che, tre anni fa, ci siamo proposti e di cui già abbiamo vissuto le prime due tappe, ci propone quest’anno il tema “Eucarestia: dalla celebrazione alla testimonianza: la nuova evangelizzazione e l’impegno di testimonianza nella carità”. In relazione ad esso, e in particolare alla Eucarestia celebrata, desidero indicare alcuni aspetti del cammino sinodale che mi paiono essenziali. 

1. Il segno della croce accompagnato dalle parole: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” dà inizio alla celebrazione eucaristica. Anche il nostro cammino sinodale non può che partire dalla rinnovata convinzione che siamo “Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. In nome di Dio si cammina, in comunione con Dio che è in Sé stesso rapporto di comunione tra le Persone divine. Papa Francesco ci ha più volte ripetuto che il cammino sinodale è un evento di Chiesa e che dell’essere Chiesa deve assumere lo stile e le modalità.    

2. Al segno di croce, nella celebrazione, segue il saluto di chi presiede l’Assemblea liturgica: “Il Signore sia con voi”; “La pace sia con voi”. Esso richiama – tanto più nel testo originale in cui il verbo è sottinteso (“Dominus vobiscum”; “Pax vobis”) – la verità fondamentale della Presenza del Signore tra noi: è tradotto come un augurio, ma, prima ancora che essere tale, è l’affermazione di una realtà: Gesù è con noi: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi”. Ridurre questa Presenza al solo vago ricordo di Lui snatura il cammino della vita e anche quello sinodale. Con noi c’è Lui, presente e vivo, e solo in comunione con Lui ad ogni nostro gesto è dato di raggiunge lo scopo che si prefigge.

3. Nella celebrazione segue, a questo punto, il riconoscimento dei nostri peccati e la richiesta di perdono. Li riconosciamo insieme, i nostri peccati, come comunità ecclesiale, ma senza dimenticare che – come appare chiaro nella formula più comune, il “Confesso a Dio onnipotente” – ognuno si batte il proprio petto dicendo: “ho molto peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni”. Nel cammino sinodale non possiamo non tener conto che tutti ed ognuno siamo chiamati a riconoscere il nostro bisogno di conversione, di cambiamento. Nella revisione di vita, nel confronto fraterno tra noi, non si batte il petto degli altri senza aver prima battuto il proprio.

4. “Preghiamo” è l’invito che introduce la preghiera “colletta” cioè di tutta la comunità riunita. Al cammino sinodale è indispensabile la preghiera; i passi del cammino esigono di essere compiuti nel clima della preghiera. Il “Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, è un popolo orante: domanda, implora la grazia della fedeltà, invoca la luce necessaria per vivere davvero la comunione con Dio e con i fratelli; e loda il Signore per i Suoi doni, mentre riconosce le sue mancanze; ringrazia del bene che c’è, mentre non chiude gli occhi anche sul male. 

5. L’ascolto della Parola di Dio – la prima “mensa” della celebrazione eucaristica – ci richiama, a questo punto, al fatto che, anche nel nostro cammino sinodale come in tutto il resto della vita, il riferimento non sono le nostre idee e la nostra visione della realtà, ma ciò che Dio ci dice, la Sua Parola fatta carne nella persona del Verbo eterno. E la Professione di fede, al termine dell’ascolto della Parola, orienta la nostra vita a puntare sull’essenziale.  

6. L’Offertorio, come ancora popolarmente si dice, la presentazione a Dio – come correttamente si dovrebbe dire – del pane e del vino, “frutto della terra e del nostro lavoro”, ci indica, anche in riferimento al cammino sinodale, l’impegno di donare noi stessi, di condividere, accogliendo l’altro ed offrendogli ciò che siamo, in un esercizio della carità che giunge a “lavare i piedi” dei fratelli, come ha fatto Gesù. Silenziosamente ci ricorda anche l’invito di Gesù: “Se qualcuno ha commesso una colpa contro di te, va a riconciliarti tu con lui prima di porre la tua offerta sull’altare”.

7. La Consacrazione, che sta al centro della Preghiera eucaristica, realizza la trasformazione del pane e del vino nel vero Corpo e Sangue del Signore Gesù. Anche il nostro scambio reciproco, il nostro confronto sincero, leale, non è destinato a rimanere qualcosa di umano soltanto: lo Spirito Santo, invocato, lo trasforma in una realtà che noi stessi, pur con le migliori intenzioni, non riusciremmo a realizzare. È indispensabile la nostra parte, ma chi innalza a vertici inimmaginabili il nostro dono è il Signore.   

8. La Comunione eucaristica, accoglienza in noi del Dono che Dio fa di Sé stesso, è “il Pane del cammino”: nutre la comunione fraterna che vogliamo realizzare tra noi, ne sostiene l’impegno.

9. La celebrazione eucaristica si conclude con il congedo. “La Messa è finita, andate in pace” è la corrente traduzione di “Ite missa est”, ma il senso vero di questo congedo è “Andate, è l’invio”. Uscendo di chiesa ci attende la missione. Il pensiero non può che rivolgersi soprattutto a quanti sono estranei al cammino di fede e quindi anche al cammino sinodale… Siamo invitati ad andarli a incontrare, nel modo più semplice che lo Spirito Santo ci suggerirà.

Carissimi Fratelli e Sorelle, 

sono solo alcuni spunti di riflessione in vista di un cammino sinodale che realizzi ciò che la Chiesa si attende da noi e che ci chiede di vivere.

Mi pare significativo che il nostro cammino abbia concretamente inizio proprio in Avvento, tempo di attesa (lo sguardo rivolto a Cristo che ritornerà glorioso alla fine dei tempi, mentre ci prepariamo ad accoglierlo, rinnovati, nel mistero della sua Incarnazione; di conversione (il cambiamento a cui ci invita la voce dei Profeti e soprattutto di Giovanni Battista: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”): di speranza (la salvezza è già presente e Dio è fedele alla Sua Promessa: per chi ha fede non c’è spazio per paura, sconforto, delusione).

Siamo chiamati ad aprire gli occhi sulla realtà e a chiederci se la nostra fede è la volontà di mettere nelle mani di Dio, sinceramente, decisamente, tutta la nostra vita. 

Siamo chiamati ad una verifica: la verifica della fede è il cambiamento che si attua attraverso la consegna di noi stessi a Cristo Salvatore, perché sia Lui a plasmare il nostro “io” nella concretezza delle circostanze. 

Buon Avvento. Buon cammino!

† Edoardo, vescovo

28-11-2021