Buon Natale, Fratelli e Sorelle, che vi preparate a vivere, nella S. Liturgia e nelle care usanze nate nel popolo cristiano, il Natale di Gesù Cristo nostro Salvatore.
Attraverso di voi il mio augurio di Buon Natale giunga a tutti, anche a coloro che non conoscono o non accolgono nella fede l’incomparabile ricchezza dell’evento che ha segnato la storia e nella storia permane.
Il 1° dicembre di quest’anno il Santo Padre Francesco ha firmato, significativamente a Greccio, la Lettera Apostolica Admirabile signum «sul significato e il valore del Presepe» con la quale «desidero sostenere – scrive – la bella tradizione del presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata».
Invitandoci a fare il presepe, a conservare la tradizione popolare del presepe, il Papa ne spiega il valore e il significato e descrive gli elementi che tradizionalmente lo caratterizzano. Potremmo dire: presenta l’“Icona” che il Presepe è, e ci aiuta a cogliere e a riflettere sul compito che da esso deriva alla nostra vita di credenti in Cristo. «Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui».
«Perché – si chiede il Papa – il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza. Il presepe è un invito a sentire, a toccare la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi».
In una icona gli elementi che la compongono non sono esornativi: parlano, annunciano… E il Papa si sofferma perciò sui segni eloquenti del Presepe, e con sguardo sapiente di bambino, li passa in rassegna: «Mi piace – scrive – passare in rassegna i vari segni del presepe per cogliere il senso che portano in sé. In primo luogo rappresentiamo il contesto del cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte. Non è solo per fedeltà ai racconti evangelici, ma anche per il significato che possiede. Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza.
Una parola meritano anche i paesaggi che fanno parte del presepe… Questo scenario dice che Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario. Quanta emozione dovrebbe accompagnarci mentre collochiamo nel presepe le montagne, i ruscelli, le pecore e i pastori! In questo modo ricordiamo, come avevano preannunciato i profeti, che tutto il creato partecipa alla festa della venuta del Messia. Gli angeli e la stella cometa sono il segno che noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore. Nei nostri presepi siamo soliti mettere tante statuine simboliche. Anzitutto, quelle di mendicanti e di gente che non conosce altra abbondanza se non quella del cuore. I poveri sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi. I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato… Altre statuine sembrano non avere alcuna relazione con i racconti evangelici. Eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura. Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina. Poi Maria e Giuseppe, Gesù Bambino, i Re Magi… Cari fratelli e sorelle, il presepe fa parte del dolce ed esigente processo di trasmissione della fede».
Carissimi Fratelli e Sorelle,
«Due aspetti – diceva san Paolo VI – attraggano la nostra attenzione: il valore universale di questa venuta; essa è “luce vera, che illumina ogni uomo”. Ogni popolo, ogni storia, ogni cosa! E poi il valore personale della venuta di Cristo. Ciascuno di noi può dire, deve dire: “è venuto per me!”. Per me! Che nessuno pensi d’avere celebrato bene il Natale, se non s’è sentito investito e quasi folgorato da questa sempre nuova scoperta: Egli è venuto per me! La carità di Cristo mi colpisce e m’incalza; ciascuno deve dire e sentire in se stesso: io, io sono amato da Cristo!».
E san Giovanni Paolo II gli faceva eco: «Si, il Figlio di Dio è nato nel tempo e noi siamo testimoni dell’istante d’amore che unisce l’eterno alla storia: l’oggi! Dopo duemila anni, riviviamo questo mistero come un evento unico e irripetibile. Tra tanti figli di uomini, tra tanti bambini venuti al mondo durante questi secoli, soltanto Tu sei il Figlio di Dio: la tua nascita ha cambiato, in modo ineffabile, il corso degli eventi umani. Ecco la verità che la Chiesa vuole trasmettere al terzo millennio. Dio si è fatto uomo; si è fatto Uomo per rendere l’uomo partecipe della sua natura divina. E’ Cristo l’unico nostro Salvatore! Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! La Chiesa ti saluta, Figlio di Dio, che sei venuto al mondo per sconfiggere la morte. Sei venuto ad illuminare la vita umana mediante il Vangelo. Tu sei la nostra speranza, Tu solo hai parole di vita eterna. Tu, che sei venuto al mondo nella notte di Betlemme, resta con noi! Tu, che sei venuto dal Padre, portaci a lui nello Spirito Santo, sulla via che soltanto Tu conosci e che ci hai rivelato, perché avessimo la vita e l’avessimo in abbondanza. Tu, Cristo, Figlio del Dio vivente, sii per noi la porta che ci introduce al mistero del Padre. Fa che nessuno resti escluso dal suo abbraccio di misericordia e di pace!».
Buon Natale!
† Edoardo, vescovo