Lettera pastorale 2020/2021

Al Clero, ai Religiosi e ai Laici della Diocesi di Ivrea

Lettera Pastorale per il 2020-2021

 

Ivrea, 15 Agosto 2020

Solennità dell’Assunzione della B. V. M.

Patrona della Diocesi

Carissimi Fratelli e Sorelle,

Sia lodato Gesù Cristo!

I

  1. Vi saluto con queste parole che richiamano Chi è il cuore di tutto: Gesù Cristo «fonte di vita e di santità», «dalla cui pienezza noi tutti abbiamo ricevuto», come la Chiesa lo invoca nelle Litanie del S. Cuore; Dio fatto Uomo per la nostra salvezza, morto e risorto, vincitore del peccato e della morte, vivo e presente, Lui che ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt, 28,20); «Non abbiate paura, sono io!» (Giov, 6,20);

La vita cristiana è vivere per Lui e con Lui in un rapporto che coinvolge tutto di noi: pensieri, parole, azioni; affetti, scelte, decisioni: «Vivo io non più io; Cristo vive in me e questa vita che io vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal, 2,20). Ascoltare la sua Parola è ascoltare Lui che ci parla; accogliere il suo dono è accogliere Lui stesso, la Sua presenza.

«Io sono il buon pastore, – ci dice – conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore» (Giov, 10,14-15); «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi»(Giov.15, 1-15).

Emerge chiaro da questi splendidi testi quanto affermava Romano Guardini: «Il cristianesimo non è una teoria della Verità, o una interpretazione della vita. E’ anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla sua opera». «Nell’esperienza di un grande amore tutto si raccoglie nel rapporto Io-Tu, e tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito».

  1. E’ Lui, il Signore Gesù, il centro e il cuore anche del programma pastorale che ci siamo proposti per il triennio 2019-2022.

Introdotto da un anno (2018-2019) dedicato alla riflessione (impegno che mi auguro non si consideri terminato) su che cos’è la S. Messa, per viverne consapevolmente le parole, i gesti, i segni e i momenti della celebrazione, convinti che essa è “scuola” di vita cristiana e fonte e culmine verso cui tende tutta l’azione della Chiesa, il programma è articolato nelle tre tappe: Eucaristia: convocati alla presenza del Signore. Tema: la vocazione (2019-20); Eucaristia: Parola e Pane di vita. Tema: la Parola al centro della catechesi e liturgia; il pane spezzato nella condivisione con i più poveri (2020-21); Eucarestia: dalla celebrazione alla testimonianza. Tema: la “nuova evangelizzazione” e l’impegno di testimonianza nella carità (2021-22).

Nell’anno corrente 2020 – dall’inizio di marzo alla fine di maggio: i Tempi forti della Quaresima e di Pasqua – la dolorosa prova dell’epidemia e le relative ordinanze dell’Autorità Civile, a cui si è adeguata quella Ecclesiastica, hanno pesantemente limitato la consueta attività pastorale e per tre mesi è stata sospesa anche la presenza dei fedeli alla S. Messa, partecipare alla quale, non solo unendosi spiritualmente da lontano, non è un “optional” per chi crede nel Dio che si è fatto Uomo per essere vicino e offrirsi all’incontro con noi in particolare nel Sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue, di cui ci ha detto: «Prendete e mangiate, prendete e beveteFate questo in memoria di me».

Quei mesi di preoccupante diffusione del virus sono stati – spero per molti: nella società civile e nelle stesse comunità cristiane – anche occasione di seria riflessione.

I credenti hanno sperimentato la forza e la consolazione della preghiera; il conforto di vedere in atto tante forme di dedizione e di servizio a infermi e anziani negli Ospedali, nelle Case di Riposo; tante forme di attenzione ai poveri che sono cresciuti di numero e di necessità; la vicinanza, in tanti modi, dei Sacerdoti: una preziosa attività pastorale nella quale non è mancato il messaggio che la salvaguardia della salute fisica è importante, ma non è la prima e tanto meno l’unica delle preoccupazioni di chi crede.

Abbiamo visto il mondo messo in ginocchio: l’epidemia ha seminato paura e sconforto, ha sconvolto il sistema economico, e anche sul piano psicologico molte persone; ha fatto toccare con mano la nostra fragilità e finitudine; ha messo a nudo le crepe della società che dimentica o esplicitamente rifiuta tanti valori della fede cristiana e della ragione umana, essenziale patrimonio di radici abbandonando le quali «l’uomo nella sua umanità muore», come denunciò con forza san Giovanni Paolo II.

L’epidemia è stata, ed è tuttora, un forte richiamo: alla società perché veda il bisogno urgente di reali cambiamenti nel modo di pensare e di vivere; alla Chiesa, Pastori e fedeli, a riflettere su ciò che è essenziale.

Quante volte in questo tempo abbiamo sentito dire: Non saremo più gli stessi. Niente sarà come prima! Perché non siano propositi effimeri, emozioni passeggere, occorre che poggi su un saldo fondamento il necessario cambiamento di prospettiva in tanti ambiti.

L’impossibilità, per i fedeli, di partecipare per tre mesi, nelle chiese, alla Messa e ai Sacramenti, l’impossibilità di riunire i bambini e i ragazzi per il catechismo, la sospensione di altri momenti consueti, pongono una domanda: qual è il “cuore” di tutta la vita della Chiesa? E questo “cuore” è davvero il “cuore” con cui ognuno di noi vive il rapporto “con la Parola e con il Pane” nella Liturgia, nell’ascolto e nell’annuncio della Parola di Dio, nel servizio della carità in tutte le sue forme?

La ripresa non può essere vera senza cambiamenti profondi, non solo di facciata quale è la messa in esecuzione delle Ordinanze di salvaguardia della salute.

«La Chiesa – diceva Romano Guardini – si risveglia nelle anime. Il suo cuore è Cristo».

Di qui sgorga autentica la nostra partecipazione ad ogni espressione della vita cristiana.

Di qui anche la “conversione missionaria” che la Sede Apostolica ha richiamato (Congregazione per il Clero, “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, 20.07.2020): le comunità parrocchiali sono «chiamate oggi ad essere sempre di più centri propulsori dell’incontro con Cristo. Per questo, il Santo Padre Francesco ha suggerito: “Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: Voi stessi date loro da mangiare (Mc 6,37)”. Occorre che nelle comunità cristiane si attui una decisa scelta missionaria, capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. Nelle trasformazioni in atto, nonostante il generoso impegno, la parrocchia talora non riesce a corrispondere adeguatamente alle tante aspettative dei fedeli, specialmente considerando le molteplici tipologie di comunità. E’ vero che una caratteristica della parrocchia è il suo radicarsi là dove ognuno vive quotidianamente. Però, specialmente oggi, il territorio non è più solo uno spazio geografico delimitato, ma il contesto dove ognuno esprime la propria vita fatta di relazioni, di servizio reciproco e di tradizioni antiche. È in questo “territorio esistenziale” che si gioca tutta la sfida della Chiesa in mezzo alla comunità. Sembra superata quindi una pastorale che mantiene il campo d’azione esclusivamente all’interno dei limiti territoriali della parrocchia, quando spesso sono proprio i parrocchiani a non comprendere più questa modalità che appare segnata dalla nostalgia del passato più che ispirata dall’audacia per il futuro. D’altra parte, è bene precisare che sul piano canonico il principio territoriale rimane pienamente vigente, quando richiesto dal diritto. Inoltre, la mera ripetizione di attività senza incidenza nella vita delle persone concrete, rimane uno sterile tentativo di sopravvivenza, spesso accolto dall’indifferenza generale. Se non vive del dinamismo spirituale proprio dell’evangelizzazione, la parrocchia corre il rischio di divenire autoreferenziale e di sclerotizzarsi, proponendo esperienze ormai prive di sapore evangelico e di mordente missionario, magari destinate solo a piccoli gruppi. Il rinnovamento dell’evangelizzazione richiede nuove attenzioni e proposte pastorali diversificate, perché la Parola di Dio e la vita sacramentale possano raggiungere tutti, in maniera coerente con lo stato di vita di ciascuno. Infatti, l’appartenenza ecclesiale oggi prescinde sempre più dai luoghi di nascita e di crescita dei membri e si orienta piuttosto verso una comunità di adozione, dove i fedeli fanno un’esperienza più ampia del Popolo di Dio. In ragione di quanto detto sin qui, occorre individuare prospettive che permettano di rinnovare in chiave missionaria le strutture parrocchiali “tradizionali”. È questo il cuore della desiderata conversione pastorale, che deve toccare l’annuncio della Parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità, ovvero gli ambiti essenziali nei quali la parrocchia cresce e si conforma al Mistero in cui crede. Ma la conversione delle strutture, che la parrocchia deve proporsi, richiede “a monte” un cambiamento di mentalità e un rinnovamento interiore, soprattutto di quanti sono chiamati alla responsabilità della guida pastorale».

II

Carissimi Fratelli e Sorelle, vivere a questa luce, crescere nella fedeltà a Dio, affrontare la vita portando nella mente e nel cuore la Verità che ci illumina nel cammino è anche il servizio più grande che possiamo rendere a questa società confusa, impaurita, smarrita di fronte a situazioni che sono tutt’altro che terminate con la diffusione massiccia dell’epidemia; situazioni che pesano e peseranno forse ancor di più nell’immediato futuro…

Chi ha fede in Dio ha anche la speranza “che non delude” e che sostiene l’impegno non solo del fare, ma del cambiare.

Sulla soglia del nuovo anno Pastorale – che ha per tema: “Eucaristia: Parola e Pane di vita. La Parola al centro della catechesi e liturgia; il pane spezzato nella condivisione con i più poveri” – mentre la stessa ripresa delle celebrazioni pubbliche, sottoposta alle attuali restrizioni, continua a comportare non piccole difficoltà, desidero far mie le parole scritte dal Cardinale Vicario alla Diocesi di Roma nelle linee guida per il nuovo anno pastorale, che hanno per titolo una significativa domanda: “Saremo disposti a cambiare gli stili di vita?”: «la “ripresa” non può essere una ripartenza da “dove eravamo rimasti”: questo periodo infatti non è stato una “parentesi”, ma piuttosto un tempo in cui siamo “stati arati” per renderci “il terreno buono”».

Nell’attività catechistica, che ci sta giustamente a cuore, la principale preoccupazione – tutti ne siamo consapevoli – non può essere l’allestimento di locali in cui siano osservate le norme di distanziamento e di sicurezza. Da tanto tempo ormai lamentiamo che la gran parte dei ragazzi si eclissa dalla vita della comunità cristiana dopo aver ricevuto i Sacramenti. Le cause sono molte, ma almeno su una abbiamo l’obbligo di riflettere: il metodo, i contenuti, l’impostazione non necessitano di essere ripensati?

E in relazione alla celebrazione della S. Messa vale lo stesso discorso. Vediamo sensibilmente ridursi il numero dei fedeli che vi partecipano; un calo non trascurabile si è verificato anche quando, alla “ripresa”, a fine maggio, le norme di distanziamento ci hanno preoccupati di non poter accogliere tutti. Ho visto, in Ivrea e altrove nella Diocesi, non occupati neppure tutti i pur ridotti posti… C’è solo la paura del contagio o le cause sono anche più profonde? Che cosa rappresenta la Messa – parlo in particolare di quella domenicale – per molti che pur sono “credenti”?

L’intelligenza e l’esperienza pastorale di ognuno ci dice che non ci sono “ricette”: è il momento di confrontarci con coraggio, intelligenza e fedeltà a Gesù Cristo presente nella Chiesa, per mettere in comune pensieri e progetti. La riunione del Clero, il 1 settembre, a Vische, presso il monastero di Betania del Sacro Cuore, sarà l’inizio di questo confronto che dovrà necessariamente proseguire nelle Vicarie, nelle quali – tra l’altro – un numero crescente di Parrocchie è affidato al medesimo Parroco.

III

Nel momento più drammatico della diffusione dell’epidemia, rinnovando l’Affidamento e la Consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato di Maria ho pregato – e proposto a tutti di unirsi alla preghiera – con questa invocazione:

Facci comprendere, o Maria, Santa Madre della Chiesa, che solo la nostra fedeltà a Cristo dà valore ad ogni nostra impresa. Strappa da noi le illusioni vane! Illumina le menti con la luce della Verità, riscalda i cuori con la fiamma della Pentecoste. Conferma, o Regina degli Apostoli, i sacerdoti nell’impegno di configurarsi a Cristo Pastore. Sostieni le nostre comunità, le famiglie, i singoli nella fedeltà al Vangelo. Favorisci e proteggi il sorgere delle vocazioni sacerdotali e religiose, la vita laicale vissuta come autentica vocazione ad animare cristianamente le realtà terrestri.

Aiuta il tuo popolo, o potente Aiuto dei cristiani, ad uscire da un clima di secolarizzazione che ottunde le menti e rattrista la vita. Donaci il gusto dell’adorazione a Dio, dell’umiltà evangelica, dei princìpi a cui non si può rinunciare senza che vada perduto il senso stesso della vita! Aiutaci anche a guardare all’attuale triste momento che ci priva della celebrazione pubblica della S. Messa e di altri conforti religiosi, come a una dolorosa occasione di comprendere che, nella vita del cristiano, essenziale è il Sacrificio eucaristico di Cristo e l’eterna salvezza delle anime immortali. Ottienici, o Madre, che questa dolorosa privazione di ciò che è centrale susciti in tutti un più profondo e convinto apprezzamento del suo valore.

Aiutaci a non arrenderci alla frustrazione o alla tristezza, ma ad accettare con fede questa prova come occasione di abbondanti grazie che la Divina Provvidenza può elargire. Fa’ che in questa dolorosa situazione maturino i nuovi frutti spirituali della fede e della santità.

Ancora e sempre noi ci affidiamo a Te, al tuo Cuore Immacolato, o nostra Madre!

 

Buon cammino, Fratelli e Sorelle, nell’anno pastorale che inizia.

Con la più cordiale Benedizione,

aff.mo in Corde Christi

+ Edoardo, vescovo

15-08-2020