Mi sembrano utili le riflessioni contenute in un recente saggio – La cultura storica dell’Italia unita – di Roberto Pertici, professore di storia contemporanea all‟università di Bergamo, che analizza a fondo l‟idea di nazione in Italia e nella società occidentale. La crescita degli egoismi nella società di oggi – egli osserva – è prodotta non dal trionfo dell‟idea di nazione ma piuttosto dalla perdita del vero significato di tale idea. La nazione – sostiene – ha fondamento in una civiltà, in una cultura (in un patrimonio di valori). L‟idea di nazione – (io preferisco dire di “Patria”) – può avere ed ha avuto anche sviluppi negativi, certamente. Ma i positivi non devono essere trascurati: «Nella nazione – dice questo studioso – l’individuo si integra in una realtà che supera il suo orizzonte puramente individuale, e sente come qualcosa di reale il cosiddetto „bene comune‟, il quale, se non si incarna in un popolo con cui abbiamo familiarità, rischia di essere qualcosa di astratto».
A partire dagli anni Sessanta – prosegue – c‟è stato «un cambiamento di paradigma complessivo»: mentre in precedenza sui diritti prevalevano i doveri, grazie ai quali «l‟individuo si sente parte di qualcosa di più grande che guida la sua azione e che lo definisce», oggi «si è passati alla prevalenza dei diritti». Questo cambio di paradigma «ha alle spalle mutamenti antropologici enormi, di cui noi non abbiamo ancora tutta la consapevolezza».
Lo rileva, in particolare nella generazione dei nati tra il 1960 e il 1980, il prof. Antonio Scurati, in un interessante articolo sul “CorSera” del 15.10.2019.
«La mia generazione d‟italiani – scrive – è stata tra le più infeconde della storia dell‟umanità… Una generazione tecnologica ma “piccola”, invisibile, sfiduciata, scettica. Che sia vero o meno, una cosa è certa: abbiamo messo al mondo pochissimi figli. I dati ci inchiodano: siamo all‟ultimo posto in Europa per nascite: la differenza tra numero dei nati e dei morti ogni anno è di circa 120.000 unità in meno. E‟ una domanda che non possiamo più eludere. La risposta è, ovviamente, articolata. Ragioni biologiche, ragioni sociologiche, ragioni politiche (mancanza di adeguati programmi di sostegno alle famiglie). Ma dobbiamo essere onesti con noi stessi. La parte più amara di questa verità è che il calo demografico in Italia – e in Occidente – non accade per ragioni materiali e contingenti. La nostra infecondità va imputata, principalmente, a ragioni culturali e a ragioni “spirituali”.
Affacciatici alla vita adulta nei mirabolanti anni ‟80 – un combinato di edonismo sfrenato, individualismo disperato e ottimismo patinato – abbiamo vissuto troppo a lungo misurando le nostre esistenze sul metro breve del presente assoluto, su cui non trovano spazio le grandi scene della vita: l‟amore, l‟arte, la politica (quella vera), la generazione di figli. Anche qui le concause sono numerose: ci hanno impastati con una miscela di nichilismo punk degli anni ‟70 e di nichilismo neo-liberista degli anni ‟80. Fatto sta che il futuro, e con esso il passato, è ben presto sparito dall‟orizzonte. E, da sempre, generare dei figli è il canale principale per sintonizzarsi sulla frequenza del futuro.
“Era sempre sabato sera e stavamo sempre andando a una festa” scrisse Leavitt. Ora che la festa è finita, dobbiamo riconoscere che si resta sterili se non si è accompagnati da un nuovo orientamento culturale e, perfino, da una rinascita spirituale».
“Una rinascita spirituale” dice il laico Scurati, senza specificare di che segno. Al Vescovo, però, permettete di dire chiaramente: per noi, per la nostra storia, per la tradizione di cui si nutre la nostra civiltà, questa rinascita è quella cristiana, secondo la quale è vuota la pretesa di bendarci le ferite e di risolvere le cose da soli.
Non spegniamo il grido del nostro cuore! Crediamo a Dio che davvero è venuto a cercarci nella Persona di Gesù Cristo Salvatore di tutto l‟uomo, che oggi i Magi, dopo lungo cammino, hanno trovato a Betlemme e «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».
Il nostro Storico Carnevale, con la salita alla Cappella dei Tre Re e con questa offerta del Cero alla Cattedrale, di questo ci parla!
Buon cammino, Amici, e buon Carnevale, il Carnevale eporediese: non una carnevalata, ma la rievocazione di una storia che ha il suo cuore nel cristianesimo!