Author: admindiocesi

Pellegrinaggio Giubilare a Roma guidato dal nostro Vescovo Daniele

9-11 SETTEMBRE 2025 – PULLMAN – 3 GIORNI/2 NOTTI

  • 1° giorno: arrivo a Roma nel pomeriggio, celebrazione penitenziale e visita guidata alla Basilica di San Pietro (cena inclusa).
  • 2° giorno: udienza papale, rinnovo delle promesse battesimali presso il battistero della Basilica di San Giovanni in Laterano, passaggio della Porta Santa e visita della basilica. Nel pomeriggio visita alla Basilica di San Bartolomeo sull’Isola Tiberina (pensione completa).
  • 3° giorno: visita della Basilica di Santa Maria Maggiore, di Santa Croce in Gerusalemme e di San Lorenzo. Rientro (colazione e pranzo inclusi).

Quota in doppia Euro 435 (più Euro 35 di gestione della pratica). Acconto Euro 150 (non rimborsabile in caso di ritiro).

Posti limitati. TERMINE ISCRIZIONI 31 MARZO 2025. 

Per info e prenotazioni: Curia Diocesana: 0125 641138 e-mail: segreteriacuria@diocesivrea.it

Scarica il volantino in formato PDF.

Omelia del Vescovo Edoardo per l’apertura dell’Anno Santo 2025

Sia lodato Gesù Cristo!

Grazie, carissimi Fratelli e Sorelle, per la vostra numerosa presenza a questo atto solenne della apertura dell’Anno Santo del Giubileo nella nostra Diocesi, come avviene oggi in tutte le Diocesi del mondo.

  1. Questa S. Messa è iniziata non al termine del nostro cammino dal Tempio dell’Immacolata alla Cattedrale: la celebriamo dentro a questo cammino che è simbolo di ciò che la Chiesa ci chiede nell’Anno Santo, “tempo di rinnovamento della fede e della vita cristiana”, come ha detto il Santo Padre e come ci ha chiesto, nel suo primo saluto alla Diocesi, il nuovo Vescovo che attendiamo con gioia: “Saremo insieme – ha detto – pellegrini nel “tempo propizio” dell’anno giubilare, volendolo vivere non tanto come un evento – pur solenne -, quanto piuttosto come un cammino comunitario che permetta a tutti noi di essere confermati nel primato di Dio… Attingeremo insieme alla misericordia del Padre… Seguiremo insieme le tracce di tutti quei testimoni che hanno compreso nella loro carne quanto la fede ricevuta non potesse essere intesa esclusivamente come un bene per se stessi, quanto piuttosto come una luce data “per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”.

Di un cammino, anche la festa della S. Famiglia di Nazaret ci parla oggi nel Vangelo (Lc. 2,41-52): quello di Maria e di Giuseppe che “si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua”; e del cammino di Gesù che, dodicenne, salì al Tempio con loro, ma al momento della partenza, senza che i suoi se ne accorgessero, decise di fermarsi a Gerusalemme, costringendoli, mentre già stavano tornando a Nazaret, a ripercorrere la strada all’indietro, e ad ascoltare una domanda: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”; una domanda che li introdusse in un nuovo cammino durante il quale “sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”.

L’Anno Santo, con la sua chiamata ad una conversione non di facciata, ad un cambiamento profondo della vita, ci immette in un cammino che non è di folklore… Il cammino di andata e quello di ritorno di Maria e di Giuseppe ci insegna che è importante salire a Gerusalemme, ma più importante è come dalla Città Santa si riparte… “Carissimi, vedete – abbiamo ascoltato dall’Apostolo (1Gv 3,1-2.21-24– quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui”.

  1. Nella notte di Natale, nella Basilica di S. Pietro, il Successore dell’Apostolo ha detto: “Il cielo si apre sulla terra: Dio si è fatto uno di noi per farci diventare come Lui, è disceso in mezzo a noi per rialzarci e riportarci nell’abbraccio del Padre. Questa, sorelle e fratelli, è la nostra speranza. Dio è l’Emmanuele, è Dio-con-noi. L’infinitamente grande si è fatto piccolo; la luce divina è brillata fra le tenebre del mondo; la gloria del cielo si è affacciata sulla terra. E come? Nella piccolezza di un Bambino. E se Dio viene, anche quando il nostro cuore somiglia a una povera mangiatoia, allora possiamo dire: la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre! La speranza non delude… Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo… La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia. Il Giubileo, questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo… Sorella, fratello, è per te che si apre la “porta santa” del cuore di Dio. Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per me, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E, con Lui, fiorisce la gioia, con Lui la vita cambia, con Lui la speranza non delude”.

Ringrazio il Santo Padre per questa presentazione così semplice e bella del Giubileo.

  1. Carissimi Fratelli e Sorelle, considero significativo che con i primi passi dell’Anno Santo si concluda il mio ministero tra voi, iniziato, dodici anni fa, con l’apertura dell’Anno della Fede il quale è stato la grande luce – lumen fidei – a cui ho cercato di ispirare gli intenti, i metodi, le scelte del mio servizio, privilegiando l’essenziale più che altre cose che fanno notizia; il cambiamento interiore, più che manovre organizzative… Lo dicevo anche nell’ultima Lettera Pastorale: abbiamo bisogno di “una sincera conversione non solo nelle cose che si fanno, nelle attività e nei metodi pastorali, nelle dinamiche del vivere ecclesiale, ma in primo luogo nel “sottosuolo”, là dove affondano le radici del credere e del vivere da discepoli del Signore. Si tratta di chiederci se siamo disposti a conformare a Gesù Cristo la nostra vita personale, il nostro modo di pensare e di valutare le cose, il nostro parlare e il nostro agire; se siamo disposti ad accogliere tutto il Suo insegnamento, le verità della fede, la visione della realtà che da Lui ci viene; se è presente e vivo in noi un serio cammino di preghiera, di ascolto della Parola di Dio e del Magistero, di accoglienza della Grazia che il Signore ci offre attraverso i Sacramenti, e se c’è l’impegno di una concreta e vera carità fraterna…”.

Ho fatto quello che ho saputo fare e chiedo perdono delle mie incapacità e inadeguatezze.

Ringrazio i tanti, soprattutto i tantissimi laici, vicini alla Chiesa e anche lontani dalla pratica religiosa, che, con parole non di circostanza e in tanti modi, affettuosamente mi hanno espresso di aver compreso.

Continuerò ogni giorno, Amici, a pregare per voi e a chiedere che la Chiesa che è in Ivrea cresca nella fedee viva nella pace vera!

Sia lodato Gesù Cristo!

Le indicazioni di Mons. Cerrato per l’apertura dell’Anno Santo 2025

In appendice alla Lettera Pastorale del Vescovo Edoardo, troviamo alcune indicazioni:

a) Apertura Anno Santo in Diocesi: domenica 29 dicembre S. Messa in Cattedrale.

b) Chiese giubilari: entro la fine di ottobre le Vicarie foranee sono impegnate a indicare quanto hanno deciso circa le rispettive scelte.

c) Pellegrinaggio diocesano a Roma. Don Marco Marchiando lo sta programmando per il settembre 2025. Appena possibile saranno date indicazioni precise.

d) Pellegrinaggio diocesano ad Oropa: si effettuerà il sabato 9 agosto e sarà un momento importante di preparazione al cammino verso la Porta Santa di Roma.

e) Ritiri del Clero. In Avvento; Quaresima; tempo Pasquale. I temi saranno quelli del Giubileo. Le date saranno comunicate.

f) Una importante iniziativa del Santuario della Madonnina di Verolengo – l’Anno Eucaristico, aperto il 30 agosto scorso – è inserita tra le attività della Diocesi per l’Anno Santo.

Messaggio di Mons. Cerrato per l’apertura dell’Anno Santo 2025

tratto dalla Lettera Pastorale 2024/2025 di S.E. Mons. Cerrato

Carissimi Fratelli e Sorelle, nel cammino verso e nell’Anno Santo volgiamo lo sguardo alla Vergine Madre di Dio. «La speranza – scrive il Santo Padre – trova in lei la più alta testimone. In lei vediamo come la speranza non sia fatuo ottimismo, ma dono di grazia nel realismo della vita… Ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, ripeteva il suo “sì”, senza perdere la speranza e la fiducia nel Signore. In tal modo cooperava per noi al compimento di quanto suo Figlio aveva detto, annunciando che avrebbe dovuto “soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8,31), e nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza. Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare» (§ 24).

Invoco la Benedizione del Signore sul nostro cammino e chiedo alla Vergine Maria ed ai nostri Santi Patroni di accompagnare i nostri passi.

Ivrea, 14 settembre 2024, festa della Esaltazione della S. Croce.

Fraternamente

† Edoardo, vescovo

In preghiera per la salute del Papa

A tutte le comunità della Diocesi di Ivrea

Carissimi,

accogliendo l’invito della Presidenza CEI, siamo tutti chiamati a rinnovare la nostra vicinanza e il nostro affetto a Papa Francesco, ricoverato da venerdì 14 febbraio al Policlinico Gemelli di Roma, sostenendolo con la preghiera e affidando al Signore l’operato dei medici e del personale sanitario.

Invito pertanto tutte le comunità della Diocesi a unirsi nella preghiera per il Santo Padre, affinché il Signore lo custodisca e gli doni la salute e la forza necessarie per il suo servizio alla Chiesa.

A questo scopo, l’Ufficio liturgico nazionale ha predisposto alcune intenzioni di preghiera da inserire nella preghiera universale della Messa e nelle preci della Liturgia delle Ore. Raccomando inoltre, quando le norme liturgiche lo permettono, di celebrare la Messa «Per il papa» (Messale Romano, p. 856).

La Vergine Assunta, salute degli infermi, interceda per noi.

Vi benedico,
Il Vescovo Daniele


Saluto del Sindaco di Ivrea a S.E.R. Mons. Daniele Salera per il suo ingresso in Diocesi

BENVENUTO AL NUOVO VESCOVO DELLA DIOCESI DI IVREA

SUA ECCELLENZA REVERENDISSIMA MONS. DANIELE SALERA

Eccellenza Mons. Daniele Salera,

è con profonda gioia che La accogliamo nella nostra Comunità!

A nome della Città di Ivrea, della quale ho l’onore di essere Sindaco, insieme a tutti i comuni della Sua Diocesi, Le porgo un caloroso benvenuto.

Desidero salutare Mons. Edoardo Cerrato, la cui dedizione ed esempio rimarranno nel cuore di questa Diocesi. È stato un autentico Pastore, un caro Padre e Amico per tutti noi e continueremo a seguirlo con affetto.

Un saluto particolare va a Sua Eminenza il Signor Cardinale Roberto Repole, Arcivescovo di Torino, che oggi ci onora della Sua presenza in quanto Metropolita della Provincia Ecclesiastica. Saluto e ringrazio anche i Cardinali e i Vescovi presenti, i sacerdoti e i fedeli della Diocesi di Roma, in particolare quelli di Roma Nord, dove Lei ha svolto il prezioso servito di Vescovo ausiliare.

Rivolgo un saluto particolare a Sua Eminenza il Signor Cardinale Baldassare Rèina, Vicario Generale del Santo Padre per la Diocesi di Roma. La Sua presenza oggi rafforza i legami di comunione tra la nostra Comunità e il Pontefice. Chiediamo a Sua Eminenza di portare a Sua Santità il nostro affettuoso saluto, la nostra ammirazione per la sua attenzione a immaginare e costruire la pace per i popoli e il nostro ringraziamento per averci inviato il nostro Vescovo Daniele che, siamo certi, sarà un padre, un fratello e un amico per questa nostra terra canavesana, dove il dialogo è spesso essenziale e asciutto ma sempre diretto e sincero.

Siamo qui, in questa piazza, uniti ai Cittadini, agli Amministratori pubblici e ai rappresentanti delle istituzioni, per iniziare con Lei, Monsignore, un percorso che ci auguriamo sia lungo e ricco di frutti, sia collettivi che personali.

Oggi segna il Suo primo incontro con Ivrea e il Canavese. Per questo motivo, La invitiamo a soffermarsi innanzitutto sulla bellezza del territorio che La circonda e che riflette la ricchezza umana che lo abita. Dal camminamento del Castello “dalle rosse torri”, potrà apprezzare, con un colpo d’occhio tutto questo nell’abbraccio dell’Anfiteatro Morenico.

Un po’ anomalo ma per questo curioso sarà il Suo impatto con Ivrea in quanto coincidente con lo Storico Carnevale; un’occasione speciale per conoscere la nostra Città nella sua espressione più spontanea, vivace, colorata e …battagliera!

Il nostro territorio sta vivendo un momento significativo, che ci impone di progettare un futuro nuovo. Desideriamo costruire un domani ricco di sogni, un ambiente lavorativo creativo e una cultura che ispiri le nuove generazioni.

Nella nostra comunità i valori di solidarietà, pace e convivenza civile sono ben radicati e, in parte frutto dell’eredità di imprenditori illuminati come gli Olivetti, con lei, Monsignore, desideriamo mettere a frutto questi valori, abbiamo bisogno di farli diventare una realtà per tutti.

Siamo consapevoli che gli anni a venire saranno impegnativi e ricchi di sfide ma pensiamo sia fondamentale affrontare il cambiamento con determinazione anziché con timore, investendo nelle nostre peculiarità e nella nostra Comunità per garantire diritti essenziali come la casa, la sicurezza e il lavoro e per questo avremo bisogno del suo aiuto per edificare un contesto inclusivo, in grado di garantire diritti diffusi.

In questo cammino, confidiamo nella partecipazione attiva della Chiesa, che svolge un ruolo fondamentale nel favorire il dialogo e il confronto e che, siamo certi, ci aiuterà a promuovere una cultura della responsabilità e del bene comune.

La Chiesa sa costruire ponti tra le varie religioni e noi desideriamo che tutti gli abitanti del nostro territorio si sentano accolti. Insieme, possiamo costruire interazioni costruttive basate sulla comprensione e sul rispetto reciproco.

Eccellenza ci faccia partecipi della Sua parola, del Suo entusiasmo giovanile nel Ministero Episcopale. Sia per noi fratello e guida, ci accompagni a conoscere la sua visione di una Chiesa attenta ai poveri e ai semplici. Noi desideriamo camminare insieme come una sola famiglia pronti a scoprire, passo dopo passo, nuovi e inaspettati orizzonti.

Con tutto il nostro affetto, Le diamo il nostro caloroso benvenuto, esprimendo al contempo la nostra piena fiducia e disponibilità alla collaborazione, nel rispetto delle differenze e delle diversità dei ruoli,

Vorrei concludere con una citazione di Robert Baden Powell, fondatore dello scautismo: ‘Il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri’ e ‘cercare di lasciare questo mondo un po’ migliore di come lo si è trovato’. Spero che questa frase possa esemplificare lo spirito del nostro impegno comune.

La ringraziamo per aver accettato questa missione e questa sfida.

Le auguriamo un proficuo lavoro e un felice avvio della Sua nuova missione.

La stavamo aspettando!

Ivrea, 15 febbraio 2025

Matteo Chiantore

Sindaco della Città di Ivrea

Ringraziamento a conclusione della messa di ingresso. Ivrea 15 febbraio 2025

Prima d’ impartire la benedizione, vorrei ringraziare tutti voi qui presenti: i signori Cardinali, i fratelli vescovi, i sacerdoti e i diaconi della Diocesi ma anche tutti i presbiteri e i diaconi che sono venuti da Roma o dalle altre Chiese d’Italia. Vorrei ringraziare i consacrati e le consacrate, i laici, le associazioni e i movimenti ma anche tutti coloro che sono qui a titolo personale. Saluto e ringrazio per la loro presenza i rappresentanti delle altre confessioni cristiane: che il cammino verso l’unità e la comunione trovi in questa nostra Chiesa locale un terreno lavorato e fertile.

Saluto e ancora ringrazio il sindaco di Ivrea per la sua accoglienza e per quanto mi ha donato; con lui tutti i rappresentati delle Istituzioni civili e militari: grazie per quanto mettete di voi stessi anche oltre il dovuto, perché coloro che vi sono affidati siano al sicuro e vivano dignitosamente.

Una menzione ed un grazie particolare a tutti coloro che dal giorno della nomina e fino a stasera, hanno donato il proprio tempo, la propria passione, la loro salute, le ore diurne e notturne perchè tutto ciò potesse essere così come è stato e sarà: bellissimo!

Grazie a tutti coloro che hanno organizzato e animato questa celebrazione nei minimi dettagli. Grazie anche a coloro che attraverso i media fanno sì che tanti, anche a distanza, possano seguirci. Un ringraziamento ai tanti volontari provenienti da diversi paesi della Diocesi che hanno offerto e preparato il rinfresco presso il Seminario Minore.

Grazie al Vescovo Edoardo e al Cardinale Arrigo per questa Chiesa di Ivrea che ricevo dal loro cuore di pastori.

Grazie alla mia famiglia per tutto l’esempio e l’amore con cui mi ha protetto e sostenuto.

Vorrei concludere con un passaggio tratto dalla bellissima Meditazione sulla Chiesa del compianto cardinale De Lubac:

“Ormai non sono più che un filosofo, cioè un uomo solo“, si narra dicesse uno sventurato sacerdote, la sera della sua apostasia, ad un visitatore che era andato a congratularsi con lui. Riflessione amara, ma quanto vera! Egli aveva abbandonato la casa, fuori della quale non ci sarà mai altro per l’uomo che esilio e solitudine. Molti non lo avvertono perché vivono ancora nell’immediato, fuori di se stessi, “barricati al mondo come le alghe sulle rocce del mare” (Clemente Alessandrino). Le preoccupazioni quotidiane li assorbono, “il limbo d’oro dell’apparenza“, stende loro davanti un velo di illusione. Oppure tentano di ingannare la loro sete cercando, per vie diverse, qualche surrogato della Chiesa. Ma chi al fondo del proprio essere sente o anche soltanto intuisce e sospetta l’Appello che l’ha destato, sa con certezza che né nell’amicizia, né nell’amore, né a maggior ragione i raggruppamenti sociali che sorreggono la sua esistenza, potranno mai placare la sua sete di comunione. Ne l’arte, né la riflessione, né la ricerca spirituale indipendente, simboli soltanto, promesse di altro ma simboli deludenti, promesse che non reggono, legami troppo astratti o troppo particolari, troppo superficiali o troppo effimeri, tanto più impotenti oggi quanto più seducenti ieri: nulla di ciò che l’uomo crea o di ciò che rimane sul piano dell’uomo potrà strappare l’uomo alla sua solitudine. La sua solitudine, anzi, si accrescerà sempre più man mano che egli scopre se stesso perché essa non è altro che il contrario della comunione alla quale egli è chiamato, ne ha l’ampiezza e la profondità. Dio non ci ha creati “perché dimorassimo nei confini della natura”, né perché vivessimo una vicenda solitaria; ci ha creati per essere introdotti insieme in seno alla sua Vita trinitaria. Gesù Cristo si è offerto in sacrificio perché noi non formassimo più che una sola cosa in questa unità delle persone divine. Questa deve essere la ricapitolazione, la rigenerazione e la consumazione di tutto; e tutto ciò che ci allontana da questa mèta finale è un richiamo ingannatore. Ora c’è un luogo in cui, fin da quaggiù, incomincia questa riunione di tutti nella Trinità. C’è una “famiglia di Dio”, misteriosa estensione della Trinità nel tempo, che non soltanto ci prepara a questa vita unitiva e ce ne dà la sicura garanzia, ma ce ne fa già partecipi. Unica società pienamente aperta, essa è la sola che sia all’altezza della nostra intima aspirazione e nella quale noi possiamo attingere finalmente tutte le nostre dimensioni. De unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata (Cipriano): tale è la Chiesa. Essa è “piena della Trinità” (Origene).

Fratelli, sorelle, la Chiesa che ci ha dato la fede, la comunione e ci ha insegnato a gustare fin da ora la vita eterna, è un dono immenso ma anche fragile che il Signore ha messo nelle nostre mani, abbiamone cura, non pensiamo di poterne fare a meno anche se la mente ci offrisse delle plausibili ragioni per pensarlo. Credetemi, ne abbiamo tutti bisogno, e perché sia sempre bella e feconda, ciascuno di noi, nessuno escluso, è chiamato a fare la sua parte, se così non fosse, tutto il Corpo ne risentirebbe!

Omelia per la messa di ingresso. Ivrea 15 febbraio 2025

Quando con il Vescovo Edoardo abbiamo definito la data per l’ingresso in Diocesi, non eravamo a conoscenza dei testi che ci avrebbe offerto la Liturgia di questa domenica. Li accogliamo ora, nella loro bellezza ma anche nella chiarezza con cui ci parlano. Riconosco come un dono che in questa celebrazione, inizio del ministero episcopale nella Diocesi di Ivrea, il Signore metta davanti al mio cammino un testo come quello di Geremia: è un segnale chiaro per me, decifrabile.

Su queste parole si plasma un credo, un atteggiamento, una visione, uno stile, una scelta, una disciplina del pensare e dell’agire.  La Scrittura più volte mostra come il popolo credente e coloro a cui il Signore ha affidato una missione siano stati invitati a fidarsi. Pensiamo ad Abramo, accetta di lasciare tutto fidandosi delle promesse di Dio, pensiamo a Mosè che non dovrà dar peso alla sua balbuzie e al ricordo del crimine commesso per dire il suo sì al Signore, ma anche a Isaia domenica scorsa: si fiderà di più del tizzone ardente che ha purificato le sue labbra che della consapevolezza di essere un uomo dalle labbra impure. E ancora Giosuè: demolirà le mura di Gerico con un rito che assomiglia più ad una liturgia che ad un assalto; Gedeone dovrà ridimensionare in modo impressionante il suo esercito prima di vincere la battaglia. Il tutto perchè ogni chiamato sia consapevole che non sarà la sua forza a procurargli la vittoria o a permettergli di raggiungere gli obiettivi della missione che il Signore gli affida, ma solo il suo pieno abbandono in Dio.

Nel Nuovo Testamento questo “riporre la propria fiducia nel Signore” è passato, prima dai rimproveri che Gesù ha rivolto agli apostoli, poi dai patimenti cui la Provvidenza divina li ha sottoposti. Sono stati chiamati – lo abbiamo ascoltato proprio domenica scorsa – fidandosi della Sua Parola e abbandonando tutto. Questo doppio movimento ci provoca ad una conversione dell’intelletto e della volontà che si compone di due passaggi congiunti: riporre la nostra fiducia in ciò che Dio dice a noi, significherà anzitutto divenire via via più capaci di comprendere la  Parola (con l’intelletto appunto ma direi soprattutto con l’arte del discernimento dei segni con cui Egli comunica a noi il suo volere) ed in secondo luogo (e qui entra in gioco la volontà), sceglierla come àncora per non farsi portar via dalle correnti, luce per affrontare anche la tenebra più oscura, traccia per un sentiero che porta alla vetta! A questo punto – se abbiamo ben capito quanto centrale sia questo passaggio – la Parola (o più generalmente la modalità con cui il Signore ci sta parlando) può divenire la mia roccia, il mio scudo, e dunque posso sceglierla come unico segnale da seguire, addirittura credendo che essa mi offra “una verità molto più vera” di quelle verità che la mia mente, i miei affetti, i miei ricordi e i miei schemi mi hanno offerto finora. Così ripongo la mia fiducia in Dio e non più in me, come gli apostoli che si sono fidati e hanno lasciato tutto (tutte le modalità con cui finora avevano interpretato la vita) per seguirlo (per seguire ciò che la sua Parola nello specifico gli aveva comunicato).

Ma come dicevamo, per riporre in Dio la fiducia alla maniera degli apostoli vi è anche un’altra strada da seguire (non alternativa alla prima): quella della frantumazione dell’io attraverso le prove che conducono all’umiltà. È qui che la nostra sequela diviene sempre più “cristiforme”, poiché siamo stati sottratti al dominio del Male da Colui che pur essendo Figlio imparò l’obbedienza da ciò che ha patito, e attraverso questa via ci ha redenti. Fratelli, sorelle, la nostra partecipazione all’opera redentiva del Cristo ha bisogno che si “depotenzi la nostra potenza” perché effettivamente possiamo – come i Vangeli ci rammentano – andare dietro a Lui e non stargli davanti. Noi torneremo a porre in noi stessi o nei surrogati delle nostre certezze la nostra fiducia se non accettassimo di avere, non una volta ma stabilmente “un tesoro in vasi di creta” (2Cor 4,7): accettare pian piano – ma liberamente – di diventare piccoli, di abbandonare il desiderio di onnipotenza, attraverso tutto ciò che nella vita ci destabilizza.

Ricevere questa Parola, in questa particolare celebrazione, significherà accettare liberamente che questo servizio episcopale e il cammino che compiremo insieme sia benedetto dalla confidenza in Dio perchè il Signore è – e vogliamo che sia – nostra fiducia. Accettare liberamente di attraversare tutto ciò che è debolezza perché si manifesti in noi la Sua potenza poiché: “la parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio” (1Cor 1,18).

Consideriamo inoltre che il ministero del vescovo, per quanto debba necessariamente mettere in conto la solitudine e l’incomprensione, per sua natura non ha radici in esse, il ministero del vescovo ha bisogno della comunione con il Santo Padre, con il Collegio dei Vescovi, con la Chiesa locale che gli è affidata e – in particolare – con il suo presbiterio e la comunità dei diaconi. In questa comunione ha il suo stato naturale. Essa non si costruisce sulla simpatia umana o sulle affinità naturali, ma sul sacramento dell’Ordine, sul comune ascolto della Parola, sull’intercessione reciproca, sulla celebrazione eucaristica; fra i riti che la compongono in particolare vorrei menzionare l’immixtio, il momento in cui chi presiede mette nel calice che raccoglie il Sangue di Cristo, un frammento del suo Corpo.

Anche i santi ci ricordano della necessità di questa comunione, e quando vi penso mi rendo conto che è veramente un bene sommo e necessario, da desiderare intensamente, da cercare come un tesoro che è nostra eredità, ma che va dissotterrato in continuazione dalla coltre delle abitudini, delle delusioni, delle disillusioni, delle idealizzazioni e della via mondana per raggiungerlo, quella della simpatia e delle affinità. Così scriveva il martire Ignazio di Antiochia ai Magnesii:

VII,1. Come il Signore nulla fece senza il Padre col quale è uno, né da solo né con gli apostoli, così voi nulla fate senza il vescovo e i presbiteri. Né cercate che appaia lodevole qualche cosa per parte vostra, ma solo per la cosa stessa: una sola preghiera, una sola supplica, una sola mente, una sola speranza nella carità, […].

E ancora agli Efesini:

  1. […] Dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. […] È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio.

Su questo argomento negli anni del servizio in Seminario, amavo meditare un passaggio della Pastores Dabo Vobis 12:

[…] Il presbitero, in forza della consacrazione che riceve con il sacramento dell’Ordine, è mandato dal Padre, per mezzo di Gesù Cristo, al quale come Capo e Pastore del suo popolo è configurato in modo speciale, per vivere e operare nella forza dello Spirito Santo a servizio della Chiesa e per la salvezza del mondo. Si può così comprendere la connotazione essenzialmente « relazionale » dell’identità del presbitero: mediante il sacerdozio, che scaturisce dalle profondità dell’ineffabile mistero di Dio, ossia dall’amore del Padre, dalla grazia di Gesù Cristo e dal dono dell’unità dello Spirito Santo, il presbitero è inserito sacramentalmente nella comunione con il Vescovo e con gli altri presbiteri, per servire il Popolo di Dio che è la Chiesa e attrarre tutti a Cristo […]. Non si può allora definire la natura e la missione del sacerdozio ministeriale, se non in questa molteplice e ricca trama di rapporti, che sgorgano dalla Santissima Trinità e si prolungano nella comunione della Chiesa, come segno e strumento, in Cristo, dell’unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano.

Dànno ristoro allo spirito le parole “unità” e “comunione” le ha usate il martire Ignazio, le si ritrova nell’esortazione di Giovanni Paolo II, le si vede qui in quest’eucaristia che ci ispira a desiderarle, le si nota nella presenza del Vicario del Papa per la Diocesi di Roma, in quella del Metropolita, nei vescovi che prima di me hanno offerto se stessi per questa Diocesi, nei fratelli della Conferenza Episcopale di Piemonte e Valle d’Aosta. Tutto ciò che questa Liturgia ci fa vedere, ora siamo invitati a viverlo per rimanere discepoli e non protagonisti, per ricordarci che quest’opera non è iniziata e non finirà con noi, per contemplare con i nostri occhi cosa fa la grazia quando la si lascia agire nella nostra storia.


Saluto dell’Amministratore Apostolico mons. Edoardo Cerrato per l’ingresso del vescovo Daniele Salera Ivrea, 15 febbraio 2025

Cattedrale, 15 febbraio 2025

Saluto cordialmente tutti i presenti: gli Eminentissimi Signori Cardinali, gli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi, il Clero, le Autorità civili, militari e di Pubblica Sicurezza, e tutto il caro Popolo di Dio! Un saluto particolarmente affettuoso e riverente rivolgo però al nostro nuovo Vescovo.

Eccellenza Reverendissima e carissima,

la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica che è in Ivrea La accoglie con gioia come suo Pastore ringraziando innanzitutto il Signore, datore di «ogni buon regalo e di ogni dono perfetto» (Giac, 1,17), e il Romano Pontefice che a noi La invia.

Il momento che stiamo vivendo è grande e bello, anche umanamente, ma lo viviamo consapevoli che esso affonda le radici in un mistero di grazia che viviamo nella fede.

«Cristo Signore, Figlio di Dio vivo – insegna il Concilio Vaticano II nel Decreto Christus Dominus – è venuto per salvare il suo popolo dai peccati e per santificare tutti gli uomini; com’egli era stato mandato dal Padre, così mandò i suoi apostoli e li santificò dando loro lo Spirito Santo, affinché, a loro volta, glorificassero il Padre sopra la terra e salvassero gli uomini. […] In questa Chiesa di Cristo […] i vescovi, posti dallo Spirito Santo, succedono agli apostoli come pastori delle anime e, insieme col sommo Pontefice e sotto la sua autorità, hanno la missione di perpetuare l’opera di Cristo, pastore eterno. […] Perciò i vescovi, per virtù dello Spirito Santo che è stato loro dato, sono divenuti veri ed autentici maestri della fede, pontefici e pastori».

È questo, Eccellenza, ciò che più profondamente ci tocca in questo momento! Io Le consegno il “pastorale” – simbolo della Sua missione di Pastore – ma nella certezza che è Gesù Cristo, Signore e Sposo della Chiesa, a consegnarLe questa «porzione del popolo di Dio affidata alle [sue] cure pastorali».

Le auguro, Eccellenza, un ministero fervido e lieto, benedetto da Dio e fortificato dalla materna protezione della Vergine Assunta e dei nostri Santi; Le assicuro la mia preghiera quotidiana per Lei e per questa Chiesa alla quale rimango spiritualmente legato per la comunione nel cammino di fede e nell’amore fraterno. E Le assicuro il mio filiale affetto nel più profondo rispetto della Sua missione.

Mi benedica e ci benedica!

Risposta al saluto del Sindaco di Ivrea, dott. Chiantore. Ivrea 15 febbraio 2025

Egregio Signor Sindaco, dottor Chiantore, La ringrazio per le Sue parole e la Sua accoglienza. Insieme a Lei ringrazio tutte le autorità civili e militari che in questa occasione, e attraverso di Lei, mi dànno il loro benvenuto.

Ci è affidata una responsabilità grande, che accogliamo con entusiasmo e profonda consapevolezza.

Dal canto mio assicuro il mio supporto e la mia vicinanza in tutto ciò che come Chiesa di Ivrea potremmo compiere, anzitutto per proteggere la popolazione che ci è affidata da ogni male e da ogni sentiero che impedisca soprattutto ai più deboli e ai più giovani di vivere in pienezza la loro vita.

Inoltre tenga pure in conto il nostro contributo laddove insieme potremo unire forze e carismi per emancipare l’uomo da ogni dipendenza che mini il diritto di tutti ad essere liberi e ricchi di speranza per il futuro.

Il tempo in cui viviamo ci condiziona a tal punto da impedirci, spesso senza accorgercene, di fidarci gli uni degli altri, di ricordare che la vita è un dono, e che abbiamo bisogno di relazioni sempre, anche quando si fanno difficili. Così come Chiesa d’Ivrea potremo fare “del nostro meglio” per testimoniare che la comunità è una necessità e non un peso, e che dietro ogni sofferenza si scorge la possibilità di un riscatto e di una vita nuova.

Chiedo fin da ora la benedizione del Signore su tutti voi che amministrate e custodite questa porzione di terra che ci è affidata.

Cordialmente La saluto e Le porgo i miei più sentiti ringraziamenti.