Lettera pastorale 2022/2023

Al Clero, ai Religiosi e ai Fedeli Laici

Lettera Pastorale per l’Anno 2022-2023

1. “Credere cristianamente”

Anche quest’anno, carissimi Fratelli e Sorelle, saliti numerosi ad Oropa per affidare alla Madre di Cristo e della Chiesa ciò che abbiamo vissuto nell’anno pastorale terminato e per chiedere la Sua intercessione sui passi che compiremo nel nuovo, abbiamo chiesto a Maria che sia nuovo davvero, convinti che tale può essere nella misura in cui nuovi siamo noi se rinnoviamo la nostra adesione a Gesù Cristo nel modo di pensare e di valutare la realtà, nel vivere e nell’operare.

Questa fedele adesione si chiama, semplicemente, fede cristiana, «il fiducioso affidarsi – scrive nella sua prima enciclica, “Lumen fidei”, il Santo Padre Francesco – a un “Tu”, che è Dio, il quale si è mostrato a noi in Cristo, ha fatto vedere il suo volto e si è fatto realmente vicino a ciascuno di noi». «Avere fede, credere cristianamente, è incontrare questo “Tu”».

L’inizio del mio servizio alla Diocesi eporediese, dieci anni fa, coincise con l’apertura del Sinodo dei Vescovi su “La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” e con l’inizio dell’Anno della Fede indetto da Papa Benedetto XVI; considerando che «non è più possibile farsi illusioni, troppo evidenti essendo diventati i segni della scristianizzazione nonché dello smarrimento dei valori umani e morali fondamentali», il Papa ci chiamava, nella Lettera Apostolica “Porta fidei”, a rinnovare profondamente la nostra fede e a dare nuovo slancio alla missione. 

Ritenni mio prioritario impegno tenere desta e far crescere la convinzione che a fondamento di tutto sta il nostro incontro con Cristo: una concreta adesione alla Sua Persona, alla Sua Presenza salvifica, a tutto ciò che ci ha insegnato, a tutto ciò che ha fatto e ci ha trasmesso; una comunione che è sorgente anche delle vere relazioni fraterne tra noi, dentro le nostre comunità e tra di esse, e dell’impegno di testimoniare Colui in cui crediamo. 

 2. La S. Liturgia 

A questa luce, fin dall’inizio del mio servizio e lungo il corso di esso, ho sottolineato quanto insegna il Concilio Vaticano II: la S. Liturgia «è la prima e per di più necessaria sorgente dalla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano» (S.C.14). «In quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado» (S.C.7); «è il culmine verso cui l’azione della Chiesa tende e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore» (S.C.10). 

Negli ultimi tre anni pastorali, in particolare, proponendo le catechesi di Papa Francesco sulla S. Messa, ho chiesto alla Diocesi di compiere un cammino di formazione sulla SS.ma Eucaristia celebrata nella S. Messa, per comprendere che cosa effettivamente è, che cosa i momenti costitutivi della celebrazione, le sue parole, i gesti, i simboli, il sacro silenzio ci insegnano, come singoli e come comunità, sulla fondamentale impostazione del vivere cristiano:  

2019-2020: Eucaristia: convocati alla presenza del Signore. Tema: la vocazione; 

2020-2021: Eucaristia: Parola e Pane di vita. Tema: la Parola al centro della catechesi; il pane spezzato nella condivisione con i più poveri;

2021-2022: Eucaristia: dalla celebrazione alla testimonianza. Tema: la nuova evangelizzazione e l’impegno di testimonianza nella carità.

L’epidemia ha creato a un largo tratto di questo cammino non poche difficoltà, ma non l’ha impedito del tutto, dove se ne è compresa l’importanza e c’è stata la volontà di compierlo. 

La necessità di continuarlo viene ora messa in evidenza da Papa Francesco nella Lettera Apostolica “Desiderio desideravi” del 29 giugno scorso. 

«Vorrei che questa lettera – scrive infatti il Santo Padre – ci aiutasse a ricordare la necessità di una formazione liturgica autentica e a riconoscere l’importanza di un’arte della celebrazione che sia a servizio della verità del mistero pasquale e della partecipazione di tutti i battezzati, ciascuno con la specificità della sua vocazione». «Perché la Liturgia sia efficace ci viene chiesto di riscoprire ogni giorno la bellezza della verità della celebrazione cristiana. Mi riferisco al suo senso teologico, come il n. 7 della Sacrosanctum Concilium ha mirabilmente descritto: la Liturgia è il sacerdozio di Cristo a noi rivelato e donato nella sua Pasqua, reso oggi presente e attivo attraverso segni sensibili (acqua, olio, pane, vino, gesti, parole) perché lo Spirito, immergendoci nel mistero pasquale, trasformi tutta la nostra vita conformandoci sempre più a Cristo». «Ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica…) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto». «I ministri ordinati svolgono un’azione pastorale di primaria importanza quando prendono per mano i fedeli battezzati per condurli dentro la ripetuta esperienza della Pasqua. Ricordiamoci sempre che è la Chiesa, Corpo di Cristo, il soggetto celebrante, non solo il sacerdote. La conoscenza che viene dallo studio è solo il primo passo per poter entrare nel mistero celebrato. È evidente che per poter condurre i fratelli e le sorelle, i ministri che presiedono l’assemblea devono conoscere la strada sia per averla studiata sulla mappa della scienza teologica sia per averla frequentata nella pratica di una esperienza di fede viva, nutrita dalla preghiera, di certo non solo come impegno da assolvere. Nel giorno dell’ordinazione ogni presbitero si sente dire dal vescovo: “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”». 

3. Il “cammino sinodale 

Nello scorso anno pastorale, il nostro programma si è inserito nel “cammino sinodale” di tutta la Chiesa che ha visto la partecipazione di non poche comunità parrocchiali agli incontri in cui si è stati chiamati a “narrare” la vita delle comunità stesse, il positivo e il problematico di esse… Un buon numero di relazioni è giunto al Vescovo attraverso il “Gruppo di coordinamento” (che ringrazio per il buon lavoro compiuto e per la ricca e chiara sintesi presentata e trasmessa, come richiesto, alla Conferenza Episcopale Italiana). 

Sulla base di questa relazione – che prossimamente sarà oggetto di riflessione e di confronto in una Assemblea del Clero e in un’altra aperta a tutti – proseguirà il “cammino sinodale”, strutturato nelle tre tappe fissate dalla Conferenza Episcopale: fase narrativa che continua nel 2022-2023; fase sapienziale (2023-2024); fase profetica (2025). 

A Oropa, sotto lo sguardo della Madre di Dio e della Chiesa, abbiamo chiesto la grazia che questo “cammino” realizzi davvero lo scopo per cui è stato indetto: attraverso un sincero e fraterno confronto, un dialogo leale e fruttuoso, attenti anche ad evitare – come ci ha indicato la Sede Apostolica nel Vademecum offerto – «le insidie che potrebbero ostacolare il nostro procedere durante questo tempo di sinodalità”: 1) La tentazione di voler guidare le cose di testa nostra invece di lasciarci guidare da Dio. La sinodalità non è un esercizio strategico corporativo. È piuttosto un processo spirituale guidato dallo Spirito Santo. Possiamo essere tentati di dimenticare che siamo pellegrini e servitori sul cammino tracciato da Dio per noi. I nostri umili sforzi in termini di organizzazione e coordinamento sono al servizio di Dio che ci guida sul nostro cammino. Siamo argilla nelle mani del vasaio divino (Is.64,8).  2) La tentazione di concentrarci su noi stessi e sulle nostre preoccupazioni immediate. 3) La tentazione di vedere solo “problemi”. 4) La tentazione di concentrarsi solo sulle strutture. 5) La tentazione di non guardare oltre i confini visibili della Chiesa» (Synodus Episcoporum, Vademecum. Manuale ufficiale per l’ascolto e il discernimento nelle Chiese locali).

4. Gli Uffici Pastorali 

Alla luce di quanto ci è stato indicato, il nostro “cammino sinodale” non può non tenere in grande conto il fondamentale compito della evangelizzazione. 

Occorre però “ripensare” la missione: che cosa sia necessario perché essa non si riduca soltanto ad uno slogan; che cosa significa “Chiesa in uscita” e che cosa questa “uscita” comporti; quali aspetti della vita delle nostre comunità parrocchiali sono attraenti, se è vero che si diventa cristiani per attrazione e non per proselitismo. E si potrebbe continuare… 

Ritengo necessario, e urgente, in questo contesto, anche un “cammino sinodale” degli “Uffici diocesani”, ognuno dei quali, nel proprio specifico ambito, non può svolgere il suo servizio indipendentemente dagli altri, essendo unica per tutti la missione fondamentale della Chiesa.

All’Ufficio Catechistico e a quello Liturgico a cui ho proposto una reciproca attiva collaborazione, dal momento che non c’è catechesi senza la formazione liturgica e non c’è formazione liturgica che non contempli la catechesi, assegno il compito di fungere da coordinamento degli altri Uffici.

La formazione liturgica è, sì, una formazione che la Chiesa deve dare sulla Liturgia, ma è anche la formazione che la Liturgia offre alla intera vita della Chiesa. È fondamentale riscoprire il nesso che unisce le quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II: Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Dei verbum, Gaudium et spes.  

5. Il Consiglio Pastorale

Dal “cammino sinodale” dovrà nascere anche il nuovo Consiglio Pastorale, «al quale spetta, sotto l’autorità del Vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su quanto riguarda le attività pastorali della diocesi” (CJC. 511); «composto da fedeli scelti in modo che attraverso di loro sia veramente rappresentata tutta la porzione di popolo di Dio che costituisce la diocesi, tenendo presenti le diverse zone della diocesi stessa, le condizioni sociali, le professioni e inoltre il ruolo che essi hanno nell’apostolato, sia come singoli, sia in quanto associati» (CJC. 512 §2).

È indispensabile che i suoi componenti siano, non solo in linea di principio, portatori di quanto realmente attingono dalle comunità e non solo da sé stessi o da ristrette cerchie di persone. E che siano scelti dunque dalle Vicarie e dagli altri organismi in considerazione del loro reale inserimento nella concreta vita delle comunità e capaci di ascolto delle reali istanze di esse.

Al nuovo Consiglio pastorale, come a quello Presbiterale, ognuno nel proprio ambito, sarà chiesto infatti di portare al Vescovo concrete e ponderate riflessioni sulla vita della Diocesi relativamente all’attività pastorale, alla distribuzione del Clero visibilmente ridotto di numero, alla stessa riduzione numerica dei fedeli che partecipano alla vita delle comunità parrocchiali e alla indispensabile opera missionaria nei confronti dei tanti che hanno abbandonato, o mai adeguatamente conosciuto, la bellezza e la forza della fede in Cristo.  

Carissimi Fratelli e Sorelle, 

so per esperienza – e non solo episcopale – che la Lettera Pastorale può essere ritenuta uno scontato adempimento annuale del Vescovo… 

Vi chiedo di leggere quanto vi scrivo e di pensarvi con la convinzione che la Diocesi siamo tutti, Vescovo, Preti, Diaconi e Laici, e che tutti siamo chiamati, ognuno secondo la sua vocazione, ad amare e servire questa Chiesa Particolare, anche quando ciò richiede la rinuncia a nostri interessi individuali.

Vi auguro buon cammino e, invocando l’intercessione di Maria Ss.ma e dei nostri Santi, vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Ivrea, Solennità di Maria SS. assunta in cielo.

† Edoardo, vescovo