Alle comunità cristiane della Diocesi

«Finché gridiamo: “è buio, è buio!” non si accende la luce. Accendila tu!» (S. Teresa di Calcutta)

Ivrea, 25 Ottobre 2020

Carissimi Fratelli e Sorelle,

le nuove ordinanze dell’Autorità Civile relative alla ripresa della diffusione del Covid sono volte a salvaguardare la nostra e l’altrui salute fisica: ad esse, come non abbiamo mancato di fare in precedenza, responsabilmente ci atterremo.

Come Vescovo sento tuttavia il dovere di tornare, in questo momento, a ricordare a noi credenti anche l’impegno nella cura e nella salvaguardia della salute spirituale.

La preghiera fervente che abbiamo visto alzarsi a Dio da parte di singoli e di comunità – nei mesi drammatici del confinamento (lockdown) – per chiedere grazia e sostegno e l’aiuto a mantenere vivo lo sguardo su Cristo Risorto, vincitore della morte e del peccato, deve continuare.

L’affievolirsi di questo clima di preghiera, infatti, lascia spazio, tra l’altro, allo scoraggiamento che si nota in non poche persone di ogni età e che rende difficile la vera “ripresa”, alla quale indispensabili sono i profondi cambiamenti – in tanti ambiti della nostra vita, anche della vita ecclesiale – di cui l’epidemia ha mostrato la necessità, facendoci toccare con mano la fragilità della nostra condizione umana e la necessità di affrontare le situazioni che non possiamo prevedere e tanto meno risolvere con le sole nostre forze.

La partecipazione alla S. Messa e alla vita sacramentale ha bisogno di rinnovato slancio e di rinnovata convinzione.

Nella “prima fase” della drammatica diffusione dell’epidemia, mentre ai fedeli era impedita la presenza alla S. Messa – celebrata ogni giorno da tanti sacerdoti e anche abbondantemente teletrasmessa per favorire la partecipazione in unione spirituale –, ho cercato di tenere viva,  nell’attesa del ritorno alla normalità, la consapevolezza che la Chiesa «vive continuamente del sacrificio redentore, e ad esso accede non soltanto per mezzo di un ricordo pieno di fede, ma anche in un contatto attuale, poiché questo sacrificio ritorna presente, perpetuandosi sacramentalmente, in ogni comunità che lo offre per mano del ministro consacrato. In questo modo l’Eucaristia applica agli uomini d’oggi la riconciliazione ottenuta una volta per tutte da Cristo per l’umanità di ogni tempo» (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia).

Nella seconda fase, quando la partecipazione dei fedeli alla S. Messa – nel rispetto delle norme anti-contagio – è ritornata possibile, non abbiamo potuto fare a meno di notare non sempre occupati tutti i posti pur ridotti dall’obbligo di “distanziamento sociale”.

Sento il dovere di ricordare che la vita sacramentale è un elemento essenziale – non un “optional”– nel cammino di fede. Assistere alla Messa domenicale teletrasmessa – quando non vi sono ragioni di salute e di vera difficoltà che impediscano di recarsi in chiesa – non è in linea con la fede vissuta: «Per quanto i mezzi di comunicazione svolgano un apprezzato servizio verso gli ammalati e coloro che sono impossibilitati a recarsi in chiesa, e hanno prestato un grande servizio nella trasmissione della Santa Messa nel tempo nel quale non c’era la possibilità di celebrare comunitariamente, nessuna trasmissione è equiparabile alla partecipazione personale e può sostituirla. Anzi queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale e intimo con il Dio incarnato» (Dicastero per il Culto Divino ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, in “L’Osservatore Romano”,12 settembre 2020).

Carissimi Fratelli e Sorelle, con tutte le precauzioni necessarie alla salvaguardia della salute, ma anche con rinnovato slancio di fedeltà al Signore, è necessario

– tornare ad accostarsi al Sacramento della Confessione. Invito i Sacerdoti a rinnovare generosamente la propria disponibilità a questo ministero e a ricordarne ai fedeli il valore e la necessità;

– tornare a partecipare alla S. Messa ricevendo la S. Comunione, a proposito della quale – per quanto concerne la distribuzione – non posso fare a meno di notare che riceverla sulla mano (uno dei due legittimi modi approvati dalla Chiesa) non sempre elimina, più di quanto sia il deporre l’Ostia nella bocca, la possibilità del contatto fisico: molti fedeli non si attengono infatti all’uso corretto di porre la mano sinistra bene aperta e di portare alla bocca, con la destra, la S. Particola. In molti casi mi capita – le varianti sono molte, ma ne segnalo una – che qualcuno chiuda la mano mentre ancora chi distribuisce l’Ostia non ha avuto il tempo di ritirare le dita…

– continuare – o iniziare, là dove non fosse in atto – l’impegno della Adorazione Eucaristica nelle nostre Parrocchie, un giorno alla settimana, come ho chiesto ai Sacerdoti nell’Incontro che abbiamo avuto a Betania di Vische il 1° settembre scorso: con l’intenzione – in primo luogo – di chiedere al Signore il dono di vocazioni sacerdotali per la nostra diocesi, ma anche la grazia che i nostri cuori si aprano ad aderire profondamente a Gesù, unico Salvatore, presente e vivo in mezzo a noi, testimoniare il Quale, con l’annuncio della fede, con la speranza e con le opere di carità, è il primo servizio che possiamo rendere alla intera società.

Vi benedico ripetendovi: «Finché gridiamo: è buio, è buio! non si accende la luce. Accendila tu!»

Nel Cuore di Cristo, fonte di ogni Consolazione.

+ Edoardo, vescovo.