Omelia nella Solennità dell’Epifania del Signore Cattedrale, 6 Gennaio 2021

06-01-2021

Carissimi Fratelli e Sorelle, Sia lodato Gesù Cristo!

1. Ho celebrato oggi, come ogni anno, S. Messa di questa solennità nel santuario del Bambino Gesù a Betlemme di Chivasso, il piccolo paese – unico in Italia e in Europa a portare questo nome carissimo – gemellato con Betlemme di Terra Santa; lì, già intorno al 1000, annessa ad un monastero, sorgeva la chiesa dedicata a Gesù Bambino e un Hospitium per accogliere i pellegrini che dal Nord Europa scendevano in Italia. E ho iniziato la festa dell’Epifania, ieri pomeriggio, dopo i Primi Vespri della solennità, celebrando la S. Messa sul nostro Monte Stella che trae il suo nome – e lo dà anche al sottostante santuario di Nostra Signora – dalla antichissima chiesa legata, secondo la tradizione, al passaggio di san Francesco in cammino verso la Francia, e dedicata ai Tre Re, i Santi Magi che, seguendo la stella, camminarono all’incontro con il Salvatore.

In questi due luoghi della nostra Diocesi, così significativi in relazione al S. Natale, sono andato in pellegrinaggio e ho chiesto per tutta la Diocesi la grazia di una fede sempre più autentica e in crescita, la liberazione dalle paure seminate da situazioni che non sono soltanto legate all’epidemia; un rinnovato slancio nel cammino che indicato in modo forte e chiaro in un documento che mi è molto caro: la lettera “Porta Fidei” con cui Papa Benedetto XVI indisse l’Anno della fede, iniziato nell’ottobre 2012, proprio nei giorni in cui iniziava il mio servizio episcopale tra voi: «La Porta della fede – scriveva il Papa – che introduce nella vita di comunione con Dio è sempre aperta e attraversare questa porta significa immettersi in un cammino che dura tutta la vita». A livello personale, infatti, la fede non è qualcosa di acquisito una volta per sempre; ha bisogno di sempre “nuovi inizi”: che riaccada, cioè, ogni giorno, l’incontro con Gesù che ci trasforma la vita, che ci fa nuovi davvero, conformi, non solo a parole, a Colui che chiede i concreti passi della nostra volontà di cambiare!

2. Come nella notte di Natale furono i pastori di Betlemme a mostrarci la necessità del cammino, oggi a mostrarcelo sono i Santi Magi: «Vennero da Oriente a Gerusalemme – abbiamo ascoltato nel Vangelo (Mt 2,1-12 ) – e dicevano: Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

La stella che li mise in cammino è certamente un astro particolare che attirò la loro attenzione.

Tante ipotesi sono state fatte sulla natura di esso, ma non possiamo dimenticare la cosa più importante: fu Dio, attraverso quel segno, a chiamare questi uomini che non appartenevano al popolo dell’Alleanza. Attraverso quella stella particolarmente luminosa Dio li chiamava all’incontro con il Cristo, il Messia Salvatore di tutti gli uomini e di tutto l’uomo!

C’è un elemento che colpisce: questo segno luminoso, che mise i Magi in cammino, ad un certo punto scompare. Per trovare la strada hanno bisogno – Dio vuole che abbiano bisogno – di rivolgersi a coloro che già erano credenti o dovevano esserlo…
Abbiamo ascoltato come andarono le cose: a Gerusalemme la notizia di quella nascita mette tutti in agitazione: Erode è spaventato; il popolo turbato; i capi dei Sacerdoti e gli scribi, conoscitori della Parola di Dio al punto da individuare immediatamente e con precisione nella Scrittura il luogo della nascita, non esultano affatto… Soprattutto, nessuno di costoro si mette in cammino.

Proviamo a riflettere: che cosa trovano nelle nostre comunità – nei Pastori e nei Laici che ne fanno parte – i tanti (ormai tanti davvero!) divenuti lontani dalla fede della Chiesa? Mostriamo il volto nuovo e il cuore nuovo di chi ha incontrato il Salvatore, o ci vedono, come a Gerusalemme, turbati, conflittuali, in urto tra di noi, estranei a ciò che è essenziale? Dobbiamo pensarci! Non basta proclamare le Scritture e le verità della fede; questo è importantissimo, ma, da parte nostra, indichiamo ad altri la strada dell’incontro con Cristo se la nostra vita è una vita trasformata, una vita che visibilmente è cambiata nell’incontro con Cristo; se la fede fa fiorire la nostra umanità, e se la nostra religiosità è autentico rapporto con Dio, non un rivestimento delle deficienze umane, di grettezze, desideri di possesso e di autoaffermazione; se eliminiamo atteggiamenti distruttivi che partono da cuori non purificati e si sviluppano in gesti, in pettegolezzi e chiacchiere. Ai “lontani” che chiedono “dov’è il re che è nato?” non bastano risposte esatte ma contraddette dalla nostra vita: occorre che essi possano vedere una vita più desiderabile della loro. Il Signore farà la sua parte, ma a noi tocca la nostra!

Lo ricordavo anche nella Lettera Pastorale di quest’anno citando quanto il Santo Padre Francesco volle che fosse ripetuto alle comunità cristiane nell’Istruzione pubblicata nel luglio scorso: le comunità (parrocchiali ed ogni altra, i gruppi, le associazioni di fedeli) sono «chiamate oggi ad essere sempre di più centri propulsori dell’incontro con Cristo, poiché “se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, […] mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: Voi stessi date loro da mangiare”. […] Se non vive del dinamismo spirituale proprio dell’evangelizzazione, la parrocchia [e qualunque comunità cristiana] corre il rischio di divenire autoreferenziale e di sclerotizzarsi, proponendo esperienze ormai prive di sapore evangelico e di mordente missionario, magari destinate solo a piccoli gruppi. […] È questo il cuore della conversione che deve toccare l’annuncio della Parola di Dio, la vita sacramentale e la testimonianza della carità, ovvero gli ambiti essenziali nei quali la comunità cresce e si conforma al Mistero in cui crede».

Carissimi Fratelli e Sorelle, abbiamo pregato nell’orazione colletta: «O Dio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la bellezza della tua gloria». E risuonano per noi le parole di Isaia (60,1-6) nella I Lettura: «La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Àlzati, rivestiti di luce perché viene la tua luce; la gloria del Signore brilla sopra di te».

Buon cammino! I Santi Magi aiutino noi a preparare davvero l’accoglienza di chi è lontano, ed aiutino i lontani a trovare nel volto dei credenti il Volto di Colui che è il Salvatore del mondo!

Sia lodato Gesù Cristo!