Omelia nella S. Messa della Domenica XXI del Tempo Ordinario Festa del Beato Luigi della Consolata Feletto, chiesa di S. Maria delle Grazie, 24 Agosto 2019

24-08-2019

Sia lodato Gesù Cristo!

Carissimi Fratelli e Sorelle, è una grande gioia per me celebrare qui, con voi, la festa del Beato fratel Luigi Bordino, e soprattutto voi, carissimi Fratelli di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, suoi confratelli nella missione che il S. Fondatore vi ha consegnato e a cui il Signore vi ha chiamati; una gioia che rinnova quella che ho avuto partecipando a Torino, il 2 maggio 2015, alla solenne Liturgia della sua beatificazione. Fr. Luigi chiuse gli occhi su questa terra il 25 agosto di 42 anni nella “Piccola Casa” di Torino, dove «testimoniava – ricorda Domenico Carena, suo confratello – con la semplice sua presenza. Bastava vederlo: competente, puntuale, sempre calmo, senz’ombra di sussiego, chino e partecipe sulle difficoltà d malato, che si onorava di servire e che non avrebbe abbandonato per tutto l’oro del mondo. Dopo le angosciose notti degli operati, il suo arrivo in corsia era vissuto “come il sorgere del sole”».

«Bastava vederlo»! E allora guardiamolo anche noi. Celebrare la festa di un Santo – lo dico ogni volta che ho la grazia di partecipare ad una di esse – è cercare il suo volto, con lo stupore, sempre rinnovato, di vedere in esso il Volto di Cristo: «Nei Santi e con essi – diceva il beato Charles de Foucauld – noi contempliamo Colui la cui contemplazione ha riempito la loro vita»

Andrea Bordino, che sarà Fr. Luigi della Consolata, era nato a Castellinaldo d’Alba, 12 agosto 1922 da una famiglia di vignaioli che lo educò alla fede ed alla vita cristiana; la Parrocchia e l’Azione Cattolica completarono la sua formazione: Messa quotidiana, recita del Rosario, pratica sacramentale. «Tra i filari non sentiva la fatica, nelle gare di pallone elastico nessuno riusciva a batterlo e le coetanee non avevano occhi che per lui» ha scritto il giornalista Carlo Cavicchioli.

A vent’anni Andrea è reclutato nel IV Reggimento di Artiglieria Alpina della divisione “Cuneense”, destinata al fronte russo. Visse quella campagna di guerra addetto al vettovagliamento e conobbe i giorni tremendi della ritirata, quando l’Unir fu accerchiata dalla controffensiva sul Don. Fu fatto prigioniero, insieme a suo fratello, il 26 gennaio 1943: prima agli orrori dei lager siberiani, poi nei campi della Mongolia. Ma non badò mai a se stesso: nel lazzaretto del campo di Pactarol si prendeva cura di infettivi e moribondi; con i compagni camminò per lande e steppe gelate, su sentieri costeggiati di morti. Proprio in quel tempo maturò la vocazione religiosa.

Tornato, fra i pochi, a rivedere la sua famiglia e la sua terra, il 23 luglio 1946 bussa alla porta del Cottolengo di Torino. Diventa fratel Luigi della Consolata. Le sue giornate – dalle cinque del mattino fino a tarda sera – scorrono nella preghiera e nel servizio ai malati: è l’infermiere più richiesto dai medici e dai pazienti delle corsie, sia per le sue capacità professionali, sia per la sua carica umana e apostolica: assicura l’igiene dei malati, le medicazioni, l’assistenza ai pazienti gravi, la pulizia dei barboni e dei malati immobilizzati a letto; si presta volentieri a lavare i piatti, pulire i pavimenti, lavorare nei campi. Incarnò il «Caritas Christi urget nos» del Cottolengo. Il suo atteggiamento verso i malati è lo stesso che ha di fronte all’Eucaristia. Fin dall’inizio è impressionante la sua vita di preghiera. Di poche parole, con il sorriso e il volto sereno, riusciva a infondere sicurezza e fiducia.

Poi, a 55 anni, improvvisa la malattia: la leucemia che egli stesso diagnosticò. Iniziò un calvario di immane sofferenza, accompagnato dalla sua serena e forte fede a Dio. Fratel Domenico Carena, ha scritto: «Fratel Luigi non ha solo seguito Cristo, ma si è identificato in lui e per questo ne ha irradiato l’amore tra i poveri che ha servito». «L’Eucarestia e il Rosario sono il suo pane quotidiano – testimonia il teologo don Ignazio Sivera – Con le mani giunte dinanzi al Tabernacolo, talora sembra sorridere, ricordando certamente, le parole del Santo Fondatore: “Gesù è lì, vi vede, vi sente, abbiate fede, abbiate fede”». Il cammino interiore che lo ha portato, giorno dopo giorno, ad una adesione radicale – eroica – alla persona del Signore Gesù, è il vero volto del beato fr. Luigi che noi oggi contempliamo, ascoltando la Parola del Signore risuonata in questa S. Messa. E, ringraziando il Signore per il dono di questo santo fatto alla Chiesa, chiediamo a Cristo, per intercessione di fr. Luigi, di risvegliare la nostra fede in questo tempo in cui la mentalità imperante ritiene che essa sia, al massimo, qualcosa da tenere nascosto nel proprio intimo, se non di cui vergognarsi.

Fr. Luigici dia una scossa salutare, Amici!

Gesù Cristo è quanto noi abbiamo di più caro. E’ il senso del nostro vivere, la fonte del nostro operare. Testimoniare che tutto ci viene da Lui è qualcosa a cui non possiamo rinunciare, pena perdere noi stessi, come Gesù ci ha detto nel Vangelo di questa domenica: quando quel tale gli chiese: «“Signore, sono pochi quelli che si salvano?”, disse: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”».

Sia lodato Gesù Cristo!