Omelia nella S. Messa Crismale Ivrea, Cattedrale, 28 maggio 2020

28-05-2020

Carissimi Confratelli nell’Episcopato, nel Presbiterato e nel Diaconato,

e voi, carissimi Fratelli e Sorelle che non potete essere qui per i motivi che conoscete, ma vi unite spiritualmente, attraverso la trasmissione in video, a questa S. Messa Crismale,

sia lodato Gesù Cristo!

Abbiamo vissuto la Quaresima nel confinamento e nel timore della diffusione della pandemia che ha messo in ginocchio il mondo e ci ha fatto toccare con mano la nostra fragilità e finitudine, ma anche la forza e la consolazione della preghiera, della fiducia in Dio, e che ha reso un po’ più chiara – speriamo per molti! – la percezione della necessità di cambiamenti profondi nel modo di pensare e di agire; poi abbiamo celebrato la Pasqua e vissuto quasi tutto il tempo pasquale ancora senza la gioia della presenza in chiesa dei fedeli: una triste situazione anche se non è mancato il conforto di tanti esempi di dedizione e di servizio a infermi e anziani negli Ospedali, nelle Case di Riposo, ai poveri che sono cresciuti di numero e di necessità, e di iniziative pubbliche e private di solidarietà; desidero ricordare con gratitudine anche la vicinanza che in tanti modi voi, miei Confratelli Preti, avete dato alla gente: ne ho avuto riscontro da varie parti e vi ringrazio di cuore.

Ora, in questa nuova fase, nell’osservanza delle norme di sicurezza, possiamo celebrare con la presenza della comunità la S. Messa, il momento più alto della nostra vita di fede, partecipare al quale, presenti non solo spiritualmente, non è un “optional” per chi crede nel Dio che si è fatto Uomo per essere vicino e offrirsi all’incontro con noi: duemila anni fa, visibilmente, in Palestina, oggi in particolare nei Sacramenti, e nel Sacramento del Suo Corpo e del Suo Sangue, di cui ci ha detto: “Prendete e mangiate, prendete e beveteFate questo in memoria di me”.

Ripensare il valore della S. Messa, in tutto ciò che essa è, non solo in qualche suo aspetto, e rinnovare la consapevolezza che, con le sue parole, i suoi gesti, i momenti che la costituiscono, essa è scuola di vita cristiana, è quanto ho proposto alla Diocesi da sempre, ma con particolare sottolineatura in questi ultimi due anni, convinto che la consapevole partecipazione è il fondamento di tutto ciò che siamo chiamati a vivere: anche della carità in tutte le sue espressioni, anche della speranza che ci spinge a mettere in atto necessari cambiamenti nella vita personale e nella vita delle nostre comunità, anche della missione in cui annuncio e testimonianza non possono essere disgiunti.

Il Signore ci conforta e ci incoraggia: “Se mi amate – abbiamo ascoltato nella VI Domenica di Pasqua – osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà  un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce… Non vi lascerò orfani: verrò da voi”.

Il “mondo” che non lo vede e non lo conosce sappiamo qual è, ma è anche, purtroppo, quello che si infiltra dentro di noi e occupa, almeno in qualche parte, il nostro cuore. Tutti abbiamo bisogno di purificazione alla luce dello Spirito di Verità che è inizio di un mondo nuovo, di un tempo nuovo. E noi, in questa imminenza della festa di Pentecoste, lo preghiamo: “Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato”.

Quante volte, Amici, in questo tempo di pandemia abbiamo sentito: Insieme ce la faremo. Non saremo più gli stessi. Niente sarà come prima! Perché non siano propositi effimeri, emozioni passeggere, occorre un fondamento; occorre un deciso cambiamento di prospettiva. Per noi credenti, una fede non fragile, non precaria e incerta. Una donna ebrea, Etty Hillesum, morta ad Aushwiz nel ‘43 lasciò scritto: «Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle nostre piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, allora è stato inutile».

 

Carissimi Confratelli, mentre sta per esserci consegnato il Sacro Crisma, consacrato nella invocazione dello Spirito Santo, permettetemi di andare con la mente e il cuore al mio Padre S. Filippo Neri di cui due giorni fa abbiamo celebrato la festa. Mi sento sempre più un suo figlio indegno, ma proprio per questo non smetto di guardare a lui.

Umilmente – come è nel suo stile – ma con la forza dello Spirito da cui si lasciò invadere il cuore, egli è singolare testimone di ciò che san Paolo VI indicò ai sacerdoti come indispensabile impegno apostolico: farsi “veicoli dell’azione divina, mediatori tra Dio e il popolo nell’ascolto del gemito del povero, della voce del bambino, del grido della gioventù, del lamento del lavoratore, del sospiro del sofferente e della critica del pensatore”.

Le persone che incontriamo in questa nostra società secolarizzata, spesso suggestionate dal richiamo del benessere materiale e frastornate dai tanti messaggi edonistici e da tanta confusione, sono espressione di una umanità spesso dispersa ed isolata, privata in gran parte del senso comunitario, sottoposta alla tentazione di chiudersi nel proprio privato e di vivere riduttivamente, come fine a se stesso, anche l’impegno del lavoro. Ad esse, che frequentino o no le nostre chiese, dobbiamo portare Gesù Cristo. E un prete come Filippo, pur vissuto in un tempo diverso dal nostro, ma non così diverso nella cultura che lo imbeveva, offre un modello di missione improntato a profondo rispetto della persona («Ebbe sempre presente – scrive un biografo – il rispetto della personalità umana, l’amore per la libertà vera»), una dedizione ed una creatività pastorale che nasce da un cuore che si lascia intimamente invadere dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo, e dall’intima convinzione di essere scelti per partecipare all’opera della salvezza compiuta da Cristo. Le persone da incontrare andava a cercarle, con una disponibilità senza limiti, immedesimandosi in esse e abbracciando la loro situazione.

Carissimi Confratelli, la Vergine Madre di Dio e i nostri Santi intercedono per noi.

Buon cammino!

Sia lodato Gesù Cristo.