Omelia della Messa nella memoria di S. Tommaso d’Aquino – Rivarolo, Convento, 28 gennaio 2019

28-01-2019

Carissime Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!

Pochi giorni fa a Napoli ho avuto la gioia di fermarmi a pregare in S. Domenico Maggiore nella cappella del Crocifisso dove fra Tommaso il 6 dicembre 1273, terminato il suo trattato sulla Eucaristia, pose il testo sull’altare offrendolo al Signore, quasi a chiedergli conferma su quanto aveva scritto, e ascoltò da Gesù: «Bene scripsisti, Thoma, de me, quam mercedem petis?; egli rispose: Non aliam nisi te, Domine». «La vita e l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino – ebbe a dire Papa Benedetto XVI – si potrebbe riassumere in questo episodio tramandato dagli antichi biografi». L’Eucaristia infatti «racchiude tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo, dà vita agli uomini»(Presbyterorum ordinis,5). In questa festa del Santo, proprio sull’amore che egli ebbe per l’Eucaristia ci soffermiamo, prendendo spunto dall’Adoro te devote che raccoglie il pensiero e la spiritualità del Dottore Angelico (ne sia o no egli stesso l’autore) e che riporta in ogni strofa una affermazione teologica seguita da una invocazione, con la quale la facciamo nostra.

Adoro Te devotamente, o Dio nascosto, / che sotto queste apparenze Ti celi veramente: A Te tutto il mio cuore si abbandona, / perchè, contemplandoTi, tutto vien meno. Adoro. La prima parola dell’inno è già una grande professione di fede: adoriamo, infatti, l’Ostia consacrata perché crediamo che in essa è veramente presente Gesù Cristo, «nato da Maria Vergine, che veramente ha patito e fu immolato sulla croce per l’uomo». E, credendo, adoriamo – magari in silenzio che è espressione di adorazione più efficace di qualsiasi parola – la Persona di Gesù, costituita dal mistero ineffabile dell’unione ipostatica della Divinità e dell’Umanità. Devote. L’avverbio esprime le disposizioni profonde del cuore di chi adora. Il Dottore Angelico ha dedicato due interi articoli della Summa alla devozione, che considera il primo e più importante atto della virtù di religione. Consiste, la devozione, nella disponibilità della volontà a offrire noi stessi a Dio in un servizio senza riserve, come canta l’Angelico: Tibi se cor meum totum subicit: a te il mio cuore tutto si abbandona! Ma la fiamma più alta si eleva dai due ultimi versi: Quia te contemplans totum deficit. Contemplazione eucaristica è guardare uno che mi guarda e lasciarmi permeare dai Suoi pensieri e sentimenti. L’adorazione è contatto “cuore a cuore” con Gesù presente realmente nell’Ostia e, attraverso Lui, consente di elevarsi al Padre nello Spirito Santo..

La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano / ma solo con l’udito si crede con sicurezza: Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio. / Nulla è più vero di questa parola di verità. Ascoltando Gesù che dice «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue» non abbiamo bisogno della vista e del tatto per essere certi che non è pane, non è vino, quello che vediamo, ma il corpo e il sangue del Redentore. La parola di Cristo interpella tutta la nostra fede: fede nel potere del Creatore, fede in Gesù Salvatore; fede nell’azione ineffabile dello Spirito Santo intervenuto nella incarnazione del Verbo e che interviene nella mirabile transustanziazione

Sulla croce era nascosta la sola divinità, / Ma qui è celata anche l’umanità: Eppure credendo e confessando entrambe, / Chiedo ciò che domandò il ladrone penitente. Questa strofa dell’inno ci porta sul Calvario. Tra i personaggi che si trovarono là, san Tommaso sceglie il buon ladrone, il primo a cui Gesù assicurò il Paradiso. E’ un caldo invito a identificarci con lui nel riconosere che siamo peccatori, ma anche che infinita è lamisericordia del Salvatore, il quale non lascia perire chi a Lui si rivolge pentito. Un profondo sentimento di umiltà e di contrizione ci pervade, insieme ad una immensa fiducia… Con il ladro pentito noi guardiamo il Signore crocifisso e impariamo i passi di un rinnovato cammino. Insegna infatti san Tommaso: «Passio Christi sufficit ad informandum totaliter vitam nostram»: basta volgere gli occhi al Crocifisso per imparare tutto ciò di cui abbiamo bisogno nella vita. «Nullum enim exemplum virtutis abest a Cruce»: nessun esempio di virtù, infatti, è assente sulla croce: fortezza, pazienza, umiltà, distacco, carità, obbedienza, disprezzo degli onori, povertà, abbandono fiducioso… L’Eucaristia è una cattedra eccelsa dalla quale impariamo a vivere cristianamente, a servire lietamente; a obbedire liberamente; a cercare la Verità nell’Amore…

Le piaghe, come Tommaso, non vedo, / tuttavia confesso Te mio Dio. Fammi credere sempre più in Te, / che in Te io abbia speranza, che io Ti ami. L’Apostolo Tommaso chiese, per credere, di poter vedere e toccare le piaghe del Risorto; e le vide. Noi nell’Ostia Santa non vediamo neppure questo, ma, con la grazia di D, fermamente crediamo. La crescita della vita spirituale è strettamente legata alla crescita della devozione eucaristica. Il desiderio di santità trova nella contemplazione eucaristica il fondamento più solido. Questa crescita, questa tensione verso il “più”, ha nell’Eucaristia la sua radice e il suo centro.

Oh memoriale della morte del Signore, / Pane vivo, che dai vita all’uomo, Concedi al mio spirito di vivere in Te, / e di gustarTi in questo modo sempre dolcemente. Stare sempre nel Cuore di Cristo, volere ciò che Dio vuole e accogliere tutto il resto perché Dio lo vuole e nel modo e nella misura che Egli dispone; identificati con Cristo!

Pio Pellicano, Gesù Signore, / purifica me, immondo, col Tuo sangue, Del quale una sola goccia può salvare / il mondo intero da ogni peccato. L’Eucaristia ha in sé la forza non solo di lavare ogni peccato, ma di concedere ogni grazia con una sovrabbondanza continuamente offerta.

Oh Gesù, che velato ora ammiro, / prego che avvenga ciò che tanto bramo, Che, contemplandoTi col volto rivelato, / a tal visione io sia beato della Tua gloria. Con questa strofa – che potremmo semplicemente riassumere: Signore, voglio vederti! – si conclude l’Adoro te devote. Offrendoci la grazia di essere commensali alla Cena dell’Agnello, l’Eucaristia anticipa l’eternità. Collocata sul limite tra questa vita e l’altra, è quasi l’inizio del “faccia a faccia”, della visione gloriosa e beatifica.

Grazie, fra Tommaso, Angelico Dottore, sapiente “puer evangelicus”! Aiutaci a dire a Cristo che per il nostro cammino quaggiù solo Lui noi desideriamo: nessun’altra ricompensa: «Non aliam nisi Te, Domine».

Sia lodato Gesù Cristo!