Discorso alla Città Ivrea, Cattedrale, 6 gennaio 2024

Inizia, cari Amici, lo Storico Carnevale di Ivrea, caro a tutta la Città: “festa di popolo” lieta ed attesa, che ha il pregio di richiamare e proporre valori preziosi.

Di anno in anno ho cercato di sottolinearne alcuni in riferimento ai Magi, che vegliano anch’essi sulla Città dalla Cappella dei Tre Re sul Monte Stella.

Nel Vangelo dell’Epifania abbiamo ascoltato il racconto dell’arrivo a Betlemme di questi astronomi, uomini di scienza, venuti da Oriente a cercare un neonato scrutando il corso di una stella o di una particolare congiunzione astrale che nella loro cultura annunciava la nascita di un nuovo sovrano.

I Magi – diceva Papa Benedetto XVI – “sono l’inizio di una grande processione che pervade la storia. Erano uomini dal cuore inquieto, spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza; uomini in attesa, in ricerca della realtà più grande”.

In riferimento ad essi e al cammino che li portò a trovare ciò che cercavano, quest’anno desidero ricordare un grande personaggio della cultura europea – anch’egli scienziato e filosofo – di cui è in corso il IV centenario della nascita.

Il suo conterraneo René de Chateaubriand ne ha tracciato questo veloce ritratto:

A 12 anni con aste e cerchi creò la matematica; a 16 compose il più dotto trattato dall’antichità in poi sulle coniche; a 19 condensò in 1 macchina [un calcolatore] una scienza che è dell’intelletto; a 23 dimostrò i fenomeni del peso dell’aria ed eliminò uno dei grandi errori della fisica antica; avendo percorso tutto l’itinerario delle scienze umane, nell’età in cui altri cominciano appena a vivere, volse la mente alla religione e scrisse dei pensieri che hanno sia del diino° che dell’umano. Il nome di questo genio è Blaise Pascal”.

Pascal visse i trentanove anni della sua vita in un secolo – il XVII – di luci e di ombre, come tutti i tempi, ma che si presenta particolarmente segnato da una diffusa inquietudine che richiama – sotto tanti aspetti – quella del nostro tempo e di tutti i tempi che non sono solo epoche di cambiamenti, ma cambiamento di epoca. Un secolo, in Europa, di novità in tutti i campi: conobbe nella maggior parte degli Stati l’affermazione dell’assolutismo; vide guerre tremende tra cui la terribile  “Guerra dei Trent’anni”; vide la nascita e lo sviluppo del mercantilismo, la rivoluzione scientifica, il razionalismo esteso a ogni aspetto del sapere; conobbe l’inquietudine del barocco, nato da un senso di insofferenza verso la tradizione…

Pascal sperimentò in questo secolo una insoddisfazione profonda, una inquietudine crescente… Da alcuni amici accolse l’invito a cercare nella tradizione cristiana una risposta al senso della vita.  Fu 1 cammino sofferto e non breve… Durò otto anni, ma lo condusse a quella che egli chiamò «notte di fuoco», di cui lasciò testimonianza, per averla sempre con sé in una pergamena scritta di sua mano e che portava, per averla sempre con sé, cucita nella fodera della giacca.

Anno di Grazia 1654. Lunedì, 23 novembre.

Dalle 10 e mezza di sera, fino a mezzanotte e mezza circa.

FUOCO.

Dio d’Abramo, Dio d’Isacco, Dio di Giacobbe.

Non dei filosofi e dei dotti.

Certezza. Certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo.

Grandezza dell’anima umana.

Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia.

Gesù Cristo. Gesù Cristo.

Non lo si conserva se non per le vie insegnate dal Vangelo.

Eternamente in gioia per un giorno di prova sulla terra.

Amen».

L’esperienza del giovane Pascal fu l’incontro misterioso con il Dio-Persona: il Dio di…, il Dio con…, che risponde all’uomo mendicante il senso dell’esistenza.

L’unica posizione ragionevole di fronte all’umanesimo piatto di chi vive nella distrazione, senza pensare e per non pensare, è camminare alla ricerca del senso della vita, lasciando inesplorato nessun campo…

Cercare Dio – dice Pascal – non è un’opzione sentimentale, irrazionale: “l’ultimo passo della ragione, infatti, sta nel riconoscere che vi è una infinità di cose che la sorpassano” … Irragionevole è vivere “come se” il problema non si ponesse…

Quella notte del 1654 apre al trentunenne Pascal gli ultimi otto anni d sua vita, in cui fece in tempo, tra l’altro, a vedere realizzata la prima linea di carrozze nella capitale francese; aveva fondato lui la 1prima società di trasporti pubblici, destinata, oltre che al servizio dei cittadini, anche ad assicurare con i suoi proventi l’assistenza dei poveri di Blois. Quando sentì che si avvicinava la fine, volle ospitare nella sua casa una famiglia bisognosa e morì lasciando ai poveri la metà dei suoi beni.

Cari Amici, nella pagina del Vangelo abbiamo visto Erode (il potere politico), “i capi dei sacerdoti” (il potere religioso), “gli scribi del popolo” (il potere degli intellettuali). Nessuno di questi si mise in cammino. Solo i Magi, uomini della ricerca, uomini di ragione aperta. Pascal è ad essi che ci rimanda.

Un grande abbraccio, carissimi Eporediesi, con l’augurio di camminare insieme cercando ciò che nella vita davvero vale!

06-01-2024