Quaresima di Fraternita 1

Maimelane: dove lo spirito missionario soffia ancora…

L’umile terra che calpestiamo ha un colore rosso. Terra africana e mozambicana, che va bene per fare mattoni. Si tratta di una terra che se lavorata diventa dopo un po’ capace di produrre con abbondanza prodotti alimentari, frutta e ortaggi, cereali agricoli e piante di medio e alto fusto che danno frutti abbondanti e copiosi. Una terra dove scorre latte e miele come direbbe la Bibbia. Il trattore rosso alla missione è pronto per partire. Attende l’arrivo di un autista che lo faccia diventare uno strumento industriale. Per ora non lo è. Ci sono anche prodotti del sottosuolo che vanno cercati scavando gallerie oppure anfratti naturali, alla ricerca di minerali preziosi e costosi. Grandi macchine si avvicinano ai cantieri. In ogni dove, lungo le strade. Cantieri rigorosamente chiusi alle persone non addette. Curiosi no, non li vogliono. Lavoratori specializzati si, possibilmente specializzatisi in scuole mozambicane, sorte da pochissimi anni. Cercano giacimenti di gas che pare in Mozambico siano abbondanti. Vicino a Maimelane dove abbiamo la missione, c’è un impianto industriale di altissima tecnologia che proviene dal Sud Africa. E’ nata una cittadella attorno agli impianti e pompe di grande capacità pompano il Gas in gasdotti sotterranei. Il popolo mozambicano è un popolo buono e se non fosse per la continua tensione di guerra tra le due fazioni storicamente separate che rappresentano il Fronte di Liberazione, tutto sarebbe tranquillo. Di fatto non si percepisce nessuna tensione.

Il lavoro, la scuola, la Chiesa, lo Stato Un pezzo di pane probabilmente si arriva ad averlo con un lavoro rabberciato e indifeso. Lavoro a cottimo, quindi instabile e insicuro. Si cerca lavoro alla missione oppure alla scuola. Le donne si adattano a fare lavori umili. Gli uomini rivendicano un impiego più redditizio. Gli uni e gli altri fanno un buco nell’acqua in una società segnata dall’epocale passaggio dei giovani dalla civiltà rurale a una industriale. L’obbiettivo dei giovani è andare nelle grandi città e lasciare la campagna: come possiamo dar loro torto? Scarsa professionalità nei lavori agricoli e industriali ostacolano la crescita di una società che avrebbe tutto per progredire. I soldi non ci sono. I trasporti in pulman ci sono: piccoli pulmini che caricano persone all’inverosimile, ma sono comunque assai costosi per le tasche di un mozambicano. A poco a poco saranno i manager delle grandi imprese a capire che dovranno formare all’interno delle fabbriche scuole di formazione e di professione. La struttura scolastica del Mozambico sta solo ora muovendo i primi timidi passi. Tuttavia raggiunge una grande quantità di alunni. Percorrono piccole e grandi distanze gli studenti per venire alla scuola. Dalla scuola materna alla scuola primaria e secondaria. Il sistema però non è auto sostenibile: necessita ancora di interventi sussidiari: scuole cattoliche, metodiste, oppure Ong che sostengono con le loro risorse la nascita di nuove scuole professionali. I missionari cattolici appartenenti a congregazioni hanno fatto un lavoro importante per aprire un cammino scolastico in questo paese. Occorre però l’investimento dello Stato. Questo avviene nel momento in cui lo Stato paga gli insegnanti che lavorano nelle strutture diocesane. Avviene spesso.

La Diocesi e la città di Imhabane La Chiesa però non è solo questo: essa forma religiosamente centinaia di catechisti, suore e preti, perché lavorino a servizio del popolo di Dio. La formazione è necessaria perché la competenza è richiesta in ogni ambito dell’educazione cristiana. Anche queste attività formative necessitano di denaro e di disponibilità. Ecco allora le parrocchie e le diocesi investire in corsi prolungati di formazione. Il periodo della formazione catechistica dura un anno e viene svolto in una grande struttura diocesana a Ghiua, ove è sorto il santuario dei martiri di Ghiua (24 catechisti, uccisi durante gli scontri della guerra civile). Ghiua si trova ormai nella periferia di Inhambane, capitale della regione ed anche la sede della Diocesi. Il Vescovo si chiama Monsignor Adriano Langa: è mozambicano e prima di arrivare a Inhambane era vescovo ausiliare di Maputo. Appartiene all’Istituto francescano e alla provincia francescana del Mozambico. Visita continuamente la sua Diocesi, accompagnato dal Vicario parrocchiale e dai suoi collaboratori. La sua maggiore preoccupazione è quella di trovare le risorse umane e finanziarie per arrivare a sostenere la chiesa cattolica in una enorme regione quale è la diocesi di Inhambane.

La Parrocchia e la città di Maimelane Maimelane è a sua volta una delle 22 parrocchie della diocesi di Inhambane. Grande tremila Km quadrati, con una popolazione di 30mila persone. Un solo prete (don Giuseppe Bergesio, del clero diocesano di Ivrea), quattro suore mozambicane, giovani e volenterose, addette alla formazione e al sostegno delle attività pastorali della parrocchia. Poi naturalmente alcuni laici ben formati si impegnano stabilmente per la parrocchia. Occorre evidentemente sostenere le loro attività con uno stipendio, che la parrocchia passa loro ogni fine mese. L’intento è di trasferire il maggior numero di attività nelle mani di persone mozambicane, affinché assumano con competenza le responsabilità dei settori più importanti della parrocchia. Se ci saranno scelte condivise e pedagogicamente oculate, la cosa potrà avvenire nei prossimi anni. Gli ostacoli che si frappongono richiedono ancora un lavoro paziente e prolungato. E’ quello che ci richiedono gli orientamenti dei vescovi africani riuniti nei loro sinodi territoriali. La Chiesa italiana si sente coinvolta in questo affascinante compito di accompagnamento e di innovazione. Chiediamo al Signore che anche lui investa su di noi, laici, seminaristi religiosi e catechisti le sue migliori risorse e che noi sappiamo imitarlo nelle nostre diocesi e comunità. Così saremo al servizio del compito richiesto.

Riflessione personale Mi ha commosso don Giuseppe (Jose’) Bergesio, quando mi ha chiesto una sera a Maimelane, se il suo ritorno nella diocesi di Ivrea, sarebbe stato un impoverimento per la nostra diocesi che vedrebbe chiudersi in questo modo una porta missionaria importante. Lui mi accennava al fatto che il motivo principale della sua partenza per il Mozambico è stato quello di non lasciare spegnere lo slancio missionario diocesano. Prima ancora di fare qualcosa per la chiesa mozambicana, il suo intento è stato ed è, quello di aiutare la nostra diocesi a non chiudere le porte della missione “Ad Gentes”. Non ho trovato subito, lì per lì, le parole per confortare la sua domanda. Forse la mia freddezza lo ha fatto dubitare ancora di più. Dovrò chiedere perdono per questo peccato?

don matteo somà (direttore centro missionario diocesano – ivrea)