Omelia nella Solennità di Tutti i Santi Ivrea, Cattedrale, 1° Novembre 2021

01-11-2021

Carissimi Fratelli e Sorelle, Sia lodato Gesù Cristo!

Oggi la Chiesa, nel Prefazio della Messa, canta la realtà verso la quale ci invita ad alzare lo sguardo, poiché se con gli occhi della nostra fede non guardiamo lì – al Cielo, cioè alla meta del nostro cammino – non vediamo bene neppure la realtà terrena, della quale ci pensiamo esperti…: «Oggi, o Padre, ci dai la gioia di contemplare la città del Cielo… Verso questa meta luminosa noi affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita».

Affrettare nella speranza il nostro cammino non significa correre, ma camminare con fede sulla strada che ci indica il Signore Gesù, la via che porta al Cielo, alla pienezza della luce e della pace che il cuore umano desidera: la via delle Beatitudini, a partire dalla prima da cui dipende la realizzazione di tutte le altre: la povertà di spirito che è mettere tutta la nostra fiducia in Dio e avere Lui, amato in ogni cosa e sopra ogni cosa, come fondamento del vivere, come centro e punto di riferimento di tutto.

Questa solennità, Amici, ci richiama, dunque l’essenziale, come ci richiamerà l’essenziale, domani, la grande memoria dei nostri Fratelli che sono partiti da questo mondo in grazia di Dio, avvolti dalla Sua misericordia infinita, e ancora hanno bisogno di un’ultima purificazione (il Purgatorio) per essere in grado di contemplare e di godere Dio nella pienezza della luce e della pace. Pregheremo per loro affinché il Signore affretti il momento del gioioso incontro e applicheremo a loro le S. Indulgenze che da oggi e per tutto il mese di novembre la Chiesa ci dona: l’Indulgenza plenaria per la visita a un cimitero pregando per i defunti; l’Indulgenza plenaria del 2 novembre, per quanti visitino una chiesa o un oratorio e lì recitino il “Padre Nostro” e il “Credo”. Gli anziani, i malati e tutti coloro che per gravi motivi non possono uscire di casa, potranno conseguire questa Indulgenza unendosi spiritualmente a tutti gli altri fedeli, pregando davanti a un’immagine di Gesù o della S. Vergine e offrendo a Dio le sofferenze e i disagi della propria vita, con l’intenzione di ottemperare appena possibile alle tre consuete condizioni che valgono per tutti: Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.

Paradiso e anticamera del Paradiso, il Purgatorio: a questa realtà, invisibile ai nostri occhi di carne, la Chiesa ci fa innalzare gli occhi della fede!  E ci dice che al centro di tutto c’è l’Amore di Dio che si è fatto carne, si è fatto Uomo nella Persona del Figlio unigenito del Padre, Gesù Cristo, nostro unico Salvatore! E allora i nostri occhi guardano a Lui, il Principio e il Fine di tutto, la via, la verità e la vita, il centro del cosmo e della storia, Egli che è venuto a condividere i nostri fragili giorni terreni; è venuto a donare a noi la Sua vita, non simbolicamente, ma innestando la nostra vita nella Sua, facendo di noi le membra del Suo Corpo, facendo di noi i portatori della Vita eterna che avrà la sua piena realizzazione nella Casa del Cielo.

Ieri sera la Veglia dei Santi, organizzata dai giovani della Diocesi, si è aperta con un canto:

“Veniamo da te, chiamati per nome. Che festa, Signore! Tu cammini con noi; ci parli di te, per noi spezzi il pane, ti riconosciamo e il cuore arde: sei Tu! E noi tuo popolo siamo qui. Siamo come terra ed argilla e la tua Parola ci plasmerà, brace pronta per la scintilla e il tuo Spirito soffierà, c’infiammerà. Siamo come semi nel solco, come vigna che il suo frutto darà, grano del Signore risorto, la tua messe che fiorirà d’eternità. E noi tuo popolo siamo qui. Siamo qui”.

Questa preghiera ci aiuta a alzare cuore e mente al nostro destino, allo scopo per cui siamo stati creati…

Ho ripensato alle parole incessantemente ripetute da san Filippo Neri di cui inel marzo del prossimo anno, 2022, ricorderemo in festa i 400 anni della canonizzazione insieme a sant’Ignazio di Loyola, san Francesco Saverio, santa Teresa d’Avila, quattro campioni nella storia della Chiesa, e ad un umile contadino della campagna intorno a Madrid, sant’Isidoro l’agricoltore, che trascorse la sua vita quaggiù semplicemente lavorando i suoi campi…: “Chi vuol altro che non sia Cristo – diceva P. Filippo – non sa quel che si voglia; chi cerca altro che Cristo non sa quel che cerca; chi fa e non per Cristo non sa quel che si faccia”. “Cristo mio, amor mio, tutto il mondo è vanità”.

Davvero, senza Cristo, tutto è vano, inconsistente, poiché – come dice san Paolo – “tutto è stato fatto in vista di Lui e in Lui, ed Egli è la consistenza di tutto”! Vivere, quindi, è Cristo! Gesù Cristo è una presenza viva in noi; la nostra vita è abitata dalla Sua; siamo tralci della vite che è Lui! Questo fatto – che è la vera novità – abbraccia tutto di noi: qualunque azione, qualunque pensiero, ogni rapporto con la realtà…

Il più grande tradimento nei confronti di Cristo è dimenticare questo e vivere come se bastasse il ricordo di Lui; come se Cristo non fosse qui a plasmare e salvare tutto quello che sto pensando, sto vivendo, dimenticando che “all’inizio dell’essere cristiano – scriveva Papa Benedetto non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.

È questa la convinzione fondamentale del cristiano, e dobbiamo ribadirla in un tempo in cui la fede, in tanti, lascia spazio a vaghe forme di religiosità che non sono più l’adesione della mente e del cuore alla Rivelazione di Dio.

Il nostro è il tempo in cui dobbiamo ripetere a noi stessi e testimoniare agli altri la fede nella vita eterna che inizia quaggiù e che risuona nelle domande e nelle risposte del Rito battesimale: “Che cosa chiedi alla Chiesa? La fede. / Che cosa ti dona la fede? La vita eterna”!

Credere alla vita eterna, al fatto che apparteniamo a Cristo, che la nostra vita non è solo costituita dagli anni, tanti o pochi, che viviamo quaggiù, getta fasci di luce non solo sul vivere, ma anche sul morire: la morte non è la parola “fine!” posta sulla nostra vita; la morte non è la fine di tutto; è l’ingresso nell’eternità dove tutto continua, dove nulla svanisce.

Rinnoviamo, Fratelli e Sorelle, questa consapevolezza! È il più grande servizio che possiamo rendere alla società!

Sia lodato Gesù Cristo!