Carissimi Catechisti, Sia lodato Gesù Cristo!
- Nella vostra Vicaria ricevete il mandato nella festa di san Francesco, Patrono d’Italia insieme a santa Caterina da Siena, la quale diceva: «Non accontentatevi delle piccole cose. Dio le vuole grandi. Se sarete ciò che dovete ess metterete fuocoin tutta Italia!».
La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci mostra la via percorsa dai nostri due Santi: «essere creatura nuova» lasciandosi plasmare da Cristo, accogliendo quel “iugum” che Egli ci offre: un rapporto di comunione capace di trasformare la vita, di cambiarci nel profondo, rendendoci “nuovi” e facendo di noi degli annunciatori di Cristo non solo con le parole, ma con la nostra stessa vita.
«Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore» ci ha detto Gesù. Vivere così il nostro rapporto con Cristo, crescere in questo rapporto percorrendo la via dell’umiltà e della vera mitezza è il primo impegno del cristiano da cui prende forma autentica tutto quello che facciamo: anche l’annuncio di Cristo che siamo chiamati a trasmetter nella catechesi.
«Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi?» chiedeva ad Assisi Papa Francesco. «La prima cosa, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. La seconda cosa è questa: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie d cosmo… Anche questo non è francescano, ma un’idea che alcuni han costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”».
Nella Festa di san Francesco noi ripetiamo una sua preghiera riconoscendo sta qui il fondamento del suo essere vero annunciatore del Vangelo: «O alto e glorioso Dio illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda. Dammi senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà».
Nel nostro cuore ci sono tenebre che hanno bisogno di essere illuminate; c’è una fede che ha bisogno di diventare retta nella fedele adesione a Dio; c’è bisogno di una speranza certa e di carità perfetta, di umiltà profonda, di senno e discernimento per compiere la volontà di Dio.
Abbiamo bisogno di lasciarci scuotere dal Signore perché la nostra coscienza sia illuminata e ci faccia vedere l’essenziale! Abbiamo bis di dire, con un’altra preghiera del Santo: «Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio».
È troppo? No, è la fede cristiana: semplicemente la fede retta che si traduce nell’adesione a Cristo, alla Sua Persona, unica via su cui camminare per giungere al cielo.
- A questa luce, Amici, anche a voi, come ai Catechisti delle altre Vicarie che ho incontrato, propongo il coraggio della ripresa nel clima di paura, di ansia e di sfiducia che non è scomparso nemmeno nella migliorata situazione sanitaria.
Nella situazione che l’epidemia ha prodotto e di fronte alle crepe che ha svelato, già presenti sottotraccia da molto tempo, sono indispensabili dei profondi cambiamenti. «Saremo disposti – scriveva il Card. Vicario di Roma – a cambiare gli stili di vita? La “ripresa” non può essere una ripartenza da “dove eravamo rimasti”: questo periodo infatti non è stato una “parentesi”, ma piuttosto un tempo in cui siamo stati arati per renderci terreno buono».
Scrivevo giorni fa in una lettera inviata ai Sacerdoti: a frenare l’impegno della “ripresa” – io penso – sono i cambiamenti necessari ma non facili da mettere in atto; ma c’è pure una mancanza di coraggio: quello di cui ci parla Papa Francesco: «Si tratta – dice il Santo Padre – di ripartire con il piede giusto, per non sprecare l’occasione data dalla crisi della pandemia. “Ripartenza” è la parola d’ordine. Ma la ripartenza non si realizza automaticamente. La società ha necessità vitale di persone che siano presenze responsabili. C’è bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di comunicare con la sua stessa vita che si può cominciare. Da dove può venire il coraggio? La ragione profonda del coraggio del cristiano è Cristo. La gioia del Vangelo infonde l’audacia di percorrere nuove strade».
Con questo coraggio, carissimi, nonostante la situazione sanitaria non ancora risolta esiga prudenza e rispetto delle norme (ma senza essere “più realisti del Re”…!), siamo chiamati a riprendere. Non possiamo permettere al Covid di farci “tirare i remi in barca”. Non possiamo limitarci allo stretto indispensabile in attesa di tempi migliori: il tempo migliore è sempre quello nel quale la Provvidenza ci chiama a vivere!
- Due impegni ci sono proposti per questo Anno Pastorale, in relaz alla SS. Eucaristia celebrata, adorata, vissuta:
a) “Nuova evangelizzazione”. L’annuncio di Gesù Cristo continua doverosamente a rivolgersi a chi ancora partecipa alla vita della comunità cristiana, ma senza dimenticare che “vicini” e “lontani” vivono oggi in un contesto segnato da «una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone» (Benedetto XVI, Porta fidei, 2).
La missione ha bisogno di annunciatori profondamente rinnovati nella vita spirituale e capaci anche di modalità nuove nell’annuncio; e ha bisogno di comunità in relazione alle quali si possa dire: “Vieni e vedi”.
b) A questo proposito, allora, il secondo impegno: “Vivere la carità” tra noi, dentro le nostre comunità, memori della parola del Signore: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete l’un l’altro!».
Si tratta di testimoniare Cristo mediante una vita di comunione fraterna all’interno delle nostre comunità, consapevoli che chi parte da “lontano” per “vedere Gesù”, non lo incontra in astratto, ma nella vita di discepoli che mostrano il volto vero del cristiano attraverso la comunione con Lui e tra loro: uomini e donne che, come tutti, sperimentano difficoltà e debolezze, fatiche e gioie, ma che, nel loro cammino di conversione per conformarsi a Cristo, diventano persone più vere e attrattive, più autenticamente umane, capaci di donarsi, capaci di lealtà, di confronto sincero e di contribuire a dare un volto nuovo a comunità che spesso si presentano segnate dai nostri egoismi ed egocentrismi, talora malamente mascherati, da atteggiamenti possessivi, dall’abitudine di indagare senza amore nella vita dei fratelli, di cogliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro senza badare alla trave che è nel nostro, chiacchiere, pettegolezzi, chiusure della mente e del cuore, cedimenti allo “spirito del mondo”, a quella mondanità che non si manifesta solo in forme esteriori – quelle che più facilmente notiamo – ma è una radice che cresce dentro, nel profondo di noi, se non ci impegniamo ad estirparla.
È quanto sono andato sottolineando più volte in questi anni, e che ho rimarcato soprattutto nell’Anno Santo della Misericordia, per il quale il Santo Padre Francesco indicava, tra gli impegni doverosi: «Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto. Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia. Gesù chiede anche di perdonare e di donare» (Misericordiae vultus, 14).
- Carissimi Catechisti, il compito per il quale ricevete oggi il mandato non è solo quello di “fare lezione” ai ragazzi che si preparano a ricevere i Sacramenti, ma di essere cristiani consapevoli che ogni missione richiede dei testimoni!
Grazie per quanto farete nell’ambito della catechesi, ma grazie soprattutto per quello che vorrete essere come uomini e donne che vivono “per Cristo, con Cristo, in Cristo” la propria vita di ogni giorno e la vita della comunità cristiana! Fedeli a tutto l’insegnamento di Gesù trasmessoci dalla S. Chiesa; fedeli alla preghiera, alla S. Messa ed alla Confessione, alle opere di carità il cui ambito non è ristretto alle iniziative istituzionali a favore dei più poveri.
Buon cammino!
Con san Francesco vi dico quanto anche santa Caterina ci ha lanciato come sfida: «Se sarete ciò che dovete essere metterete fuoco in tutta Italia!»: certamente in tutta la vostra Vicaria!
Sia lodato Gesù Cristo!