Filippo Neri, i giovani, il Sinodo…

25-05-2017

Il documento preparatorio del Sinodo sui giovani sottolinea «l’impegno di camminare con loro» e specifica: «accompagnarli richiede di uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi; significa anche prenderli sul serio nella loro fatica a decifrare la realtà in cui vivono e a trasformare un annuncio ricevuto in gesti e parole, nello sforzo quotidiano di costruire la propria storia e nella ricerca più o meno consapevole di un senso per le loro vite».

Se nella festa di san Filippo Neri è giocoforza, ogni anno, ricordare quanto i giovani gli stessero a cuore e quanto ad essi si sia dedicato, ancor più forte risuona quest’anno il riferimento a questo aspetto importante dell’apostolato filippino che pare di vedere in filigrana nel testo citato.

Talvolta le raffigurazioni artistiche – e sempre la cinematografia – hanno mostrato Filippo circondato quasi esclusivamente da bambini e ragazzetti. E’ vero che questi non mancarono intorno al simpatico prete di Roma, come ricorda anche l’epigrafe posta sul Gianicolo, dove «Filippo Neri, tra liete grida, si faceva coi fanciulli fanciullo, sapientemente», ma a partecipare all’Oratorio, non erano essi; erano i giovani, ed è ai giovani che Filippo si dedicò con l’«attenzione di predilezione» ricordata dai testimoni.

Erano attirati dal clima sereno che regnava in quell’ambiente, dallo sguardo cordiale con cui Filippo guardava alle persone e alle situazioni, dall’arguzia con cui questo prete, fiorentino divenuto romano, manifestava la sua intelligenza e l’apertura della mente e del cuore, dal suo amore ardente per Cristo e per tutto ciò che da Cristo deriva. In lui trovavano un padre: mai uggioso, sterilmente polemico; sempre disponibile e capace di accogliere, senza frapporre ostacoli, il giovane uomo che spesso percepisce le contraddizioni e la fatica presenti nella crescita. I giovani erano attratti da Filippo perché non era un “giovanilista”, ma un uomo giovane, anche ad ottant’anni. Era più felice di loro e si vedeva: di qui il suo fascino, testimoniato da san Carlo Borromeo: «Messer Filippo ha un dono particolare di governare giovani et è tanto amato da loro e riverito, che non vi è sorta di ubbidienza che non facessero prontamente».

Filippo i giovani li conosceva perché stava con loro, vi passava del tempo, e soprattutto li amava. Il suo – scrisse p. Antonio Cistellini – è «un invito dolce ma anche impegnativo a valorizzare le proprie energie, ad avere fiducia in se stessi. E, d’altro lato, una comprensione larga delle deficienze della natura. Senza tante conoscenze di psicologia, San Filippo arrivò a penetrare l’animo umano e ne dedusse la non imputabilità, parziale o totale, di tanti atteggiamenti, donde una larghezza di tolleranza; unico limite invalicabile: il peccato, il disordine. Impulso libero, anche scapigliato, chiassoso e rumoroso, ma non disordinato, non dannoso. La gioia sana è purificatrice, dunque costruttiva, e va assecondata. Di riflesso, ecco la lotta contro la tristezza, l’isolamento, il mutismo. Ed ecco l’atteggiamento umano, comprensivo, dolce nell’accostare il prossimo, nel cercare di convincerlo, di attirarlo verso l’ideale, di ridonargli forza per ascendere interiormente».

“Padre” è il solo titolo che egli accettava volentieri «perché questo – diceva – sona amore». La paternità di Filippo traspare da tutto il suo agire: anche dalle forme di affetto, dall’interesse verso tutte le questioni ed i problemi della vita dei giovani, dal desiderio di averli vicini e dal cercarli quando, per qualche tempo, non li vedeva, dalla cura attenta e individuale della loro anima, dalla formazione della loro coscienza.

La persona cresce se incontra qualcuno più grande che le indichi il cammino, i crocevia della propria libertà, le esigenze della responsabilità; qualcuno che la aiuti a non restar irretita nei propri limiti e giustificazioni.

«Beati voi giovani che avete tempo di fare il bene»; «state allegri, ma non fate peccati» ripeteva Filippo. «State buoni se potete» è un’espressione divenuta famosa, ma da nessuna delle fonti risulta attribuita a Padre Filippo; e, ammesso che egli abbia pronunciato qualcosa che le somiglia, il romanesco “sta bbono” non si riferisce al comportamento morale, ma significa: sta fermo, non agitarti; e si comprende allora il realistico «se potete»…

+ Edoardo, vescovo