Solennità di San Savino 2025

Omelia nella solennità di San Savino, vescovo e martire. Patrono di Ivrea. Ivrea, 7 luglio 2025
Carissimi, Vorrei anzitutto salutare e ringraziare il Sindaco di Ivrea, il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, gli assessori qui presenti, le altre autorità civili e militari, e in particolar modo gli agenti di polizia penitenziaria – che hanno accompagnato e custodito l’urna con i resti mortali del nostro patrono Savino – e con loro l’Associazione Eporedia 2004, cui è stata affidata la regia degli eventi che in questi giorni hanno reso ancora più viva e accogliente la nostra città. Saluto e ringrazio anche i fratelli vescovi Farinella, Debernardi e Piretto, siete figli di questa terra e parte di questa storia, è bello e per me consolante che voi siate qui oggi per celebrare e pregare manifestando una comunione che è sempre conforto e sostegno nel cammino. Savino è vescovo e martire, come vescovo aveva ricevuto il compito di aver cura della Chiesa locale affidatagli, ed in particolar modo gli veniva chiesto di custodire e nutrire la fede di tutti coloro che di quella Chiesa erano parte. Non poteva così pensare solo a se stesso, ma ogni suo pubblico gesto aveva rilevanza non solo simbolica ma anche testimoniale per il suo popolo. Vescovo e martire: gli era stato imposto dal prefetto Venustiano, di adorare un simulacro di Giove, sceglie di distruggerlo, per asserire che questi non poteva essere dio. A questo suo gesto, segue l’amputazione delle mani, ben rappresentata nell’affresco settecentesco del Cogrossi che troviamo nella cappella del Santissimo sacramento (o di san Savino). Quella prima forma di passione fu dettata dal voler essere, non solo fedele al suo Signore, ma anche custode autentico e coraggioso della retta fede. Proprio così, il compito che la vita o la Provvidenza ci ha affidato, chiede a ciascuno di noi di essere sempre un testimone, e ogni testimonianza può comportare la partecipazione ad una certa forma di martirio, questo ce lo ricorda la stessa lingua greca che traduce proprio con μαρτυρία la testimonianza che spetta ad ognuno. Ma l’essere testimoni, e in questo solco anche martiri, non è essenzialmente un dovere per noi cristiani. Ben lo ha espresso papa Benedetto XVI quando in un Angelus del 2007 asseriva che: “Lo stesso Amore che spinse il Figlio di Dio a spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce (cfr Fil 2,6-8), ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo. Bisogna sempre rimarcare questa… Read More







































































