6. Omelia del vescovo Edoardo del 17 ottobre 2021

Carissimi Fratelli e Sorelle, sia lodato Gesù Cristo!

In questa S. Messa con la quale diamo avvio, in Cattedrale, al Cammino sinodale che la Chiesa ci chiama a compiere riflettendo su che cosa esso significa, su quali passi siamo invitati a compiere e su quale è la meta che vogliamo raggiungere, dal momento che si cammina insieme non per camminare, ma per conseguire una meta, la Parola di Dio ci mette immediatamente dinanzi agli occhi chi c’è davanti a noi, chi cammina con noi, chi ci indica la meta, chi sostiene i passi, chi fa luce dentro di noi, chi ci plasma il cuore mentre noi camminiamo. Lo abbiamo sentito dalla voce dell’Apostolo (Eb 4,14-16): «Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno».

Ecco ciò che è il fondamento del nostro cammino sinodale, come di ogni altra attività della comunità cristiana e di ogni atto dei singoli fedeli che noi siamo.

Prima di organizzare nei dettagli tutto ciò che il cammino richiede – e del quale, già dal mese di giugno, i Vicari Generale, Episcopali e Foranei, in ben cinque incontri con il Vescovo, hanno individuato le principali modalità dello svolgimento – è a Cristo Signore che noi dobbiamo guardare, «accostandoci al trono della Grazia per ricevere misericordia», «mantenendo ferma la professione della fede» e avendo a cuore di testimoniarla, questa fede, vivendo la comunione con Cristo e annunciandola anche con la Parola. 

Ne ho parlato nella Lettera Pastorale che torno ad affidarvi. 

Rifletteremo – scrivevo – sul valore della “sinodalità” e sulle modalità del viverla realmente, ma poiché si cammina insieme per raggiungere una meta, fondamentale mi pare quella evidenziata dal nostro programma pastorale di quest’anno: 

La “Nuova evangelizzazione”: la missione, l’annuncio di Gesù Cristo, che ha bisogno di annunciatori profondamente rinnovati nella vita spirituale, capaci anche di modalità nuove nell’annuncio; di costruttori di comunità in relazione alle quali si possa dire: “Vieni e vedi”.  

E qui si innesta l’altro impegno: La “testimonianza nella carità”: la comunione fraterna all’interno delle nostre comunità, nella rinnovata consapevolezza che non lo si incontra in astratto, ma nella vita di discepoli che mostrano il volto vero del cristiano attraverso la comunione con Lui e tra loro: uomini e donne che conoscono, come tutti, difficoltà e debolezze, ma che hanno in Cristo la fonte della loro vita e si impegnano a conformarsi a Lui in un cammino di incessante conversione. 

Di questo ci parla il Vangelo di questa domenica (Mc 10,35-45) presentandoci la comunità degli Apostoli che faticano a lasciarsi trasformare da Cristo, presente in mezzo a loro, ma che il Signore non si scoraggia a educare…: 

 «Si avvicinarono a Gesù – abbiamo ascoltato – Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”». È la ricerca dei primi posti, magari per servire, ma da posizioni di riguardo…

«Gesù disse loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”».  Si serve davvero non per la posizione che si ha, ma “bevendo il calice” del Signore, partecipando alla Sua Passione, donando se stessi in sacrificio, senza nulla pretendere, come i servi di cui Gesù parla in una parabola, i quali sono chiamati a svolgere la loro opera riconoscendo di essere “servi inutili”, che tradotto bene significa: siamo semplicemente servi! «Sedere alla mia destra o alla mia sinistra è per coloro per i quali è stato preparato», continua Gesù, insegnando che in punta di piedi, togliendosi i calzari, si entra nel Progetto del Padre, senza esigere altro.

Ma insieme ai due che non fanno certo una bella figura, ci sono anche gli altri dieci che «avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni». «Allora Gesù li chiamò a sé»: non sono lezioni teoriche quelle che il Maestro fa; li chiama a sé perché senza questa vicinanza con Lui nulla può cambiare nel loro cuore e perché imparino nella comunione con Lui chi Egli è e come si comporta nei confronti del Padre a cui tutto appartiene, a cui appartiene il Regno… «E disse loro: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”».

Carissimi Fratelli e Sorelle, 

c’è bisogno di altro per avviarci nel cammino sinodale? Dettagli, temi, modalità di consultazione e di confronto ci saranno, ma ciò che conta è il cuore di tutta la faccenda!

Jesu mitis et humilis Corde, fac cor nostrum secundum Cor tuum: Gesù mite ed umile di cuore, rendi il nostro cuore simile al Tuo!

Sia lodato Gesù Cristo!