Omelia nella Solennità di S. Savino Patrono di Ivrea Ivrea, Cattedrale, 7 Luglio 2020

07-07-2020

Un deferente e cordiale saluto
ai miei Confratelli nell’Episcopato, S.E. mons. Luigi Bettazzi e S.E. mons. Roberto Farinella,
alle Illustri autorità Civili e Militari,
ai carissimi Confratelli nel Sacerdozio e nel Diaconato,
ai carissimi Priori della Festa e a voi tutti, carissimi Fratelli e Sorelle che partecipate a questa Celebrazione Eucaristica nella solennità del S. Patrono di Ivrea, Savino, vescovo e martire.
Grazie per la vostra presenza.

Sia lodato Gesù Cristo!

1. Quest’anno celebriamo la Festa Patronale di S. Savino in tono minore e con manifestazioni ridotte, ma la celebriamo, mentre qualche mese fa non era scontato. Il rammarico indubbiamente c’è, ma lascia spazio anche alla riconoscenza. La preoccupazione e la sofferenza che hanno segnato i mesi scorsi hanno lasciato, in tante persone, tracce di paura e di sconforto che rallentano la ripresa, ma la ripresa c’è e la dobbiamo sostenere con un supplemento di coraggio anche in vista della non facile situazione che si prospetta nel prossimo futuro. Chi ha fede in Dio ha anche la speranza “che non delude” e sostiene l’impegno non solo del fare, ma del cambiare: profondi cambiamenti, infatti, sono necessari nel modo di pensare e di vivere. Ne abbiamo tutti bisogno: la società, dopo aver toccato con mano le sue fragilità che l’epidemia ha messo allo scoperto, e le comunità ecclesiali chiamate a ripensare che cos’è il “cuore” della loro vita di fede..

Parlando specificamente ad esse – e tralasciando qui, per ragioni di tempo, altri importanti, aspetti permettetemi di chiedere alle comunità cristiane se i cambiamenti intervenuti nel loro normale cammino hanno fatto riflettere proprio su ciò che sta al “cuore” della vita della Chiesa, al centro della sua azione pastorale e di tutta la sua attività ministeriale; in vista anche di una prospettiva di rinnovamento quando riprenderà quella “normalità” che, in autunno, speriamo ci sia.

Personalmente, ho ripensato più volte, in questi mesi, alcune pagine di Romano Guardini che mi è caro anche perché visse per anni nell’Oratorio di Monaco di Baviera condividendo la vita della Comunità dei Padri Oratoriani, pur non essendo egli, istituzionalmente, membro di essa.

Aveva pubblicato nel 1965 il libro: “La Chiesa del Signore” dove si legge: la Chiesa «non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane

sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo». «La Chiesa si risveglia nelle anime» diceva già nel 1922 nelle conferenze poi confluite nel libro: “Il senso della Chiesa”.

Mi pare che questo sia il punto di partenza per riflettere.

L’impossibilità, per i fedeli, di partecipare per tre mesi, nelle chiese, alla Messa e ai Sacramenti, l’impossibilità di riunire i bambini e i ragazzi per il catechismo; la sospensione di altri eventi consueti, hanno visto il tentativo dei Pastori di essere presenti con molte iniziative di vicinanza umana e spirituale, ma la domanda fondamentale, mentre, per ragioni contingenti, è mancato il “fare”, rimane: qual è il “cuore” di tutta la vita della Chiesa? E questo “cuore” è davvero il “cuore” con cui ognuno di noi vive la Liturgia, l’ascolto e nell’annuncio della Parola di Dio, il servizio della carità in tutte le sue forme?

E’ a questo che dobbiamo puntare proprio perché la ripresa non sia la ripresa del solito “tran- tran”, senza cambiamenti veri e necessari.

«La Chiesa si risveglia nelle anime» diceva Guardini: la Chiesa vive nel profondo di noi ed è da questa profondità che sgorga autentica la nostra partecipazione alle celebrazioni e ogni altra espressione della vita cristiana.

In tutto il suo insegnamento, anche quello universitario, Guardini si propose di accompagnare le giovani generazioni a riscoprire il cristianesimo come «una cosa nuova», diversa da ciò che credevano già di sapere. Proponeva di riscoprire la persona di Cristo, l’essenza del cristianesimo, (…titolo di uno dei suoi scritti più importanti, insieme a La fine dell’epoca moderna). «Il cristianesimo – diceva – non è una teoria della Verità, o una interpretazione della vita. Esso è anche questo, ma non in questo consiste il suo nucleo essenziale. Questo è costituito da Gesù di Nazareth, dalla sua concreta esistenza, dalla sua opera», dalla Sua presenza che chiama all’incontro. «Nell’esperienza di un grande amore tutto si raccoglie nel rapporto Io-Tu, e tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito».

2. Carissimi Fratelli e Sorelle, nel Vangelo risuona oggi la parola del Signore: «Non son venuto a portare la pace, ma una spada». Gesù non invita, certo, alla violenza, ma dice che la “pace” che è venuto a portare non è la falsa pace del quieto vivere, dell’inerzia di chi non ha nulla da proporre; e la “spada” di cui parla è il dinamismo del cristiano, impegnato a testimoniare con coraggio che la realizzazione vera della vita sta nel seguire Lui che dice: «Chi perde la sua vita per causa mia, questi la trova»…

San Savino, a tanti secoli dalla sua morte, lo ricordiamo perché è uno dei tanti che, nell’arco di duemila anni di cristianesimo, ci hanno creduto fino in fondo.

Il tempo in cui visse è quello che la storiografia indica come “la crisi del III secolo”: dopo anni di prosperità, già sul finire del II secolo si manifestarono simultaneamente nell’Impero Romano situazioni assai problematiche in tutti i campi, e notevoli cambiamenti nel modo di pensare, nella concezione della vita: così profondi che gli storici vedono in quella svolta epocale lo spartiacque fra il mondo “classico” e l’età successiva: una “crisi” che, per tanti aspetti, richiama quella del nostro tempo, e che ci interpella ad un onesto esame: “crisi”, nel suo significato originale, rimanda a giudizio, valutazione: valutazione delle cause, affinché la ricerca delle soluzioni non sia illusoria; e affinché non si incorra nel pericolo di applicare come terapie ciò che ha determinato – o contribuito a determinare – gli esisti che ci affliggono…

A tutti, carissimi Fratelli e Sorelle, buon cammino! Sia lodato Gesù Cristo.