Omelia nella Festa Patronale di S. Savino, vesc. e mart. Ivrea, Cattedrale, 7 Luglio 2021

07-07-2021

Un caro saluto a S.E. mons. Luigi Bettazzi e a S.E. mons. Roberto Farinella, miei Confratelli nell’Episcopato, e ai carissimi Confratelli nel Sacerdozio e nel Diaconato;

un saluto cordiale al Signor Sindaco, all’Amministrazione Comunale, e a tutte le Autorità civili e militari presenti, che ringrazio per questa partecipazione che esprime il valore della Festa Patronale: festa di una intera Città: non solo dei credenti che venerano il Santo Patrono, ma di tutti, poiché di tutti è la Città, in quanto tutti la costituiscono: “la città siete voi!”, come diceva san Massimo, il primo vescovo di Torino, parlando alla gente in una situazione resa drammatica dalle distruzioni e dalle tante difficoltà politiche e sociali che si verificavano pressoché negli stessi tempi in cui san Savino viveva ed operava a Spoleto. La città siamo noi e guardare alla nostra bella città è guardare a tutto un patrimonio di storia, di vita sociale, culturale e religiosa, che è indispensabile non dimenticare se non si vuole tagliare le radici dell’albero.

Saluto cordialmente il Comitato dei Festeggiamenti e i cari “Amis ‘d Piasa dla Granaja” e li ringrazio per quanto hanno organizzato sfidando la difficoltà delle presenti circostanze, ancora precarie per i noti motivi; saluto gli Ufficiali del Circolo dello Stato Maggiore dello Storico Carnevale.

Saluto con affetto i Priori della Festa che rappresentano tutti i cittadini di Ivrea e saluto con un abbraccio fraterno tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle che siete saliti oggi alla nostra Cattedrale.

Sia lodato Gesù Cristo!

  1. Nei nove anni in cui ho avuto la gioia di celebrare con voi la Festa Patronale di Ivrea ho cercato, Amici, di presentare qualche elemento del patrimonio di valori che la Città ha vissuto ed è chiamata a vivere nei cambiamenti e nelle evoluzioni dei tempi.

Quest’anno vorrei soffermarmi su un tema che può sembrare di natura strettamente ecclesiale, ma che può invece suggerire utili riflessioni a tutti, anche a coloro che non condividono – o non condividono appieno – il cammino di fede della comunità cristiana.

In vista del Sinodo dei Vescovi che si riunirà nel 2023, il Santo Padre Francesco ha deciso per tutte le diocesi una consultazione che impegnerà anche la nostra tra l’ottobre prossimo e l’aprile 2022: consultazione – si legge nel Documento ricevuto – che «renda possibile l’ascolto reale del Popolo di Dio e garantisca la partecipazione di tutti al processo sinodale» attraverso l’«ascolto della totalità dei battezzati».

È una indicazione chiara: la consultazione coinvolgerà, nelle forme che si giudicheranno idonee e possibili, tutte le comunità cristiane della diocesi che già ho invitato a far sì che il cammino sinodale (“Sinodo” significa “camminare insieme”) coinvolga davvero tutti sui temi che ci saranno indicati dalla Sede Apostolica. Si tratta ha infatti affermato il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana – di «mettere in campo percorsi sinodali capaci di dare voce ai vissuti e alle peculiarità delle nostre comunità ecclesiali contribuendo a far maturare, pur nella multiformità degli scenari, volti di Chiesa nei quali sono rintracciabili i tratti di un Noi ricco di storia e di storie, di esperienze e di competenze, di vissuti plurali dei credenti, di carismi e ministeri, di ricchezze e di povertà” (Relazione alla Assemblea generale della CEI, Roma 25–5-2021).

Nella prima riunione dei Vicari che già ho convocato è stata evidenziata l’importanza di quanto ci è chiesto e si è significativamente sottolineato che sarà anche occasione di una ripresa di incontri e di attività che la situazione epidemica ha rallentato e, in alcuni casi, addirittura costretto a sospendere, in osservanza delle norme stabilite dall’Autorità statale.

La consultazione è dunque un nuovo inizio, una ripresa coraggiosa dentro la situazione che l’epidemia ha fortemente segnato.

Abbiamo tutti bisogno – le comunità cristiane e la comunità civile – di uno scatto di vita: di coraggio, di fiducia, di rinnovato impegno: senza dimenticare i dolorosi eventi di questi lunghi mesi che dal marzo 2020 ad oggi ci hanno profondamente segnati, ma anche senza dimenticare che dignità umana è non lasciarsi abbattere e ricominciare!

Il coraggio con cui san Savino affrontò le dolorose circostanze del suo tempo – la persecuzione contro i cristiani per la fede che apertamente professavano e i problemi enormi di una società in disfacimento – è davanti a noi come un invito.

C’è bisogno di rinnovare, nelle comunità cristiane, la vivacità della fede; e nella società c’è bisogno di adulti coscienti delle proprie responsabilità, capaci di proporre con chiarezza e coerenza esperienze autentiche di vita e i valori veri che le sostengono. È questo che i giovani cercano, anche quando non lo dicono o sembrano dire il contrario.

  1. Ogni anno, in occasione della festa del Patrono, mi colpisce la parola di Gesù che risuona nel Vangelo: «Non sono venuto a portare la pace, ma una spada» (Mt 10, 34-39): non la tranquillità dell’inerzia, ma il dinamismo di una lotta, poiché è davvero una lotta vivere nel mondo secondo schemi che non sono quelli del mondo; è una lotta vincere la “mondanità”, lo spirito del mondo, che insorge nel discepolo di Cristo come in ogni altro uomo; è una lotta testimoniare che la felicità, la realizzazione vera della propria vita, a cui l’essere umano aspira nel più profondo di sé, consiste nel vivere seguendo Uno che propone di portare la Sua croce e che dice: «Chi perde la sua vita per causa mia la trova»…

«Nel mondo, ma non del mondo»: sta qui la ragione della lotta, e quando un cristiano elude uno dei due elementi di questo binomio – la presenza responsabile nel mondo e la fedeltà alla propria identità – diventa contro-testimonianza: è «indegno di me», dice il Signore.

San Savino è ricordato, a tanti secoli dalla sua morte, perché è uno di coloro che, nell’arco di duemila anni di cristianesimo, ci hanno creduto fino in fondo, come ci credono oggi i tanti cristiani che in vari luoghi subiscono la persecuzione per non rinunciare a Gesù Cristo e non rifiutare il Suo Vangelo: «Ci sono più cristiani perseguitati oggi che nei primi secoli – affermò Papa Francesco –… Cristiani uccisi dai persecutori, cristiani costretti a fuggire dalle persecuzioni. Anche cristiani cacciati via in modo elegante, con i guanti bianchi…».

Questo sangue versato, queste sofferenze ricorrenti, non sono incidenti di percorso, ma conseguenza del mantener fede all’impegno battesimale: coraggio della testimonianza che è, evangelicamente, “sì-sì, no-no”; coraggio di metter in gioco la propria vita pur di non perdere la vera realizzazione di essa.

Il tempo in cui Savino visse è l’epoca che la storiografia presenta come “la crisi del III secolo”: dopo anni di prosperità e di ricchezza, già sul finire del II secolo si manifestarono simultaneamente nell’Impero romano situazioni assai problematiche in diversi campi, cambiamenti nelle istituzioni, nella società, nella vita economica e nel modo di pensare, nella concezione della vita: cambiamenti così profondi che in quella svolta epocale gli storici vedono lo spartiacque fra il mondo classico e l’età che stava sorgendo.

Forse anche per noi un vecchio mondo sta per terminare. Perché ne nasca uno nuovo l’opera di ognuno è indispensabile.

Sia lodato Gesù Cristo!