Omelia della S. Messa nella solennità di S. Gaudenzio Novara, Basilica di S. Gaudenzio, 22 Gennaio 2020

22-01-2020

Sia lodato Gesù Cristo!
1. Anche quest’anno, carissimi Fratelli e Sorelle, al vescovo di Ivrea, la Chiesa in cui il grande s. Gaudenzio ebbe i natali e fu introdotto alla fede attraverso l’opera di una semplice donna cristiana, s. Giuliana, è data la gioia di celebrare la festa del primo vescovo di Novara, in questa splendida Basilica che ne conserva le spoglie mortali e sembra indicare con la sua ardita cupola a tutta la città, e anche a chi la vede di lontano, la presenza di un cristiano, di un Pastore che è qui non solo con le sue ossa venerate, in attesa della risurrezione finale, ma che ancora “guida” la sua Chiesa indicandole il cammino con l’esempio della sua vita.
Ho meditato, in preparazione a questa celebrazione solenne, sulla Parola di Dio che la Liturgia ci propone, ma anche sui testi delle preghiere che oggi la stessa Liturgia ci fa innalzare al Signore. E ho constatato, come sempre, che questa voce della Chiesa ci porta nel cuore stesso della Divina Parola.
– Le preghiere collette (molto belle nei due formulari tra cui si può scegliere):
«Guarda, Signore, la tua famiglia che san Gaudenzio generò con la parola di verità e con il sacramento della vita; tu che ci hai dato con il suo ministero il primo germe della fede, per la sua intercessione comunica a noi l’ardore della carità e la coerenza nella testimonianza cristiana».
«O Dio, fa’ che, custodendo l’eredità spirituale da lui ricevuta, testimoniamo con coerenza di vita la fedeltà al vangelo, per annunciare a tutti gli uomini il tuo regno di verità e di pace».
Dopo aver ascoltato la Parola del Signore, questo oggi la Chiesa chiede in preghiera: che non ci dimentichiamo dell’essenziale: che la vostra, carissimi Novaresi, come tutte le altre comunità cristiane, è generata dalla Parola di verità e dal Sacramento della vita. E non una volta per sempre, ma nell’accoglienza del continuo agire di Dio, per essere ciò che Egli ci chiede: ardenti nella carità e coerenti nel testimoniare la nostra fede cristiana.
– Le preghiere sulle Offerte: «Trasformaci in una lode vivente della tua gloria»; «fa’ che, uniti a Cristo tuo Figlio, possiamo attuare nella vita il mistero di unità e di pace che celebriamo all’altare».
E dopo la comunione: «il pane eucaristico, che abbiamo ricevuto, fortifichi e rinnovi la tua famiglia, Signore, perché conservi sempre il dono della fede e cammini fiduciosa sulla via segnata dal suo pastore san Gaudenzio»; «Accresci il vigore della fede e della carità» per giungere «alla piena comunione» con Te.
Uniti a Cristo, per diventare lode vivente della Sua gloria; uniti a Cristo per conservare sempre il dono della fede ed essere resi capaci di attuare nella vita il mistero di unità e di pace che celebriamo.
2. La Parola di Dio risuonata tra noi è la sorgente da cui la Chiesa orante attinge per la sua preghiera, ma è pure lo specchio in cui contempliamo riflesso il “volto” amato del nostro santo Vescovo Gaudenzio, il quale può dire – …e lo dice con la sua vita se non con le parole – ciò che san Paolo afferma scrivendo ai cristiani di Tessalonica (I Tess. 2,7-73): «Mi sono affezionato a voi…; mi siete diventati cari». Vi ho donato «non solo il vangelo di Dio, ma la mia stessa vita… Voi ricordate, infatti, la nostra fatica e il nostro travaglio: come un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di Dio. E voi avete accolta la parola divina della predicazione non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete».
Il bellissimo Prefazio della Messa canterà fra poco tutto questo con esultanza:
«Alla tua Chiesa pellegrina in Novara tu hai donato, Padre, come primo vescovo san Gaudenzio, perché prolungando il ministero del tuo Figlio, mite agnello e buon Pastore, radunasse il tuo gregge disperso sui monti e nel piano e lo conducesse alle sorgenti della vita, fluenti dalle divine scritture e dai santi misteri. Edificati dall’amore con cui ti ha servito nella prova e confortati della sua paterna sollecitudine, cantiamo l’inno della tua gloria».
L’opera apostolica di Gaudenzio ha prolungato nella vostra Chiesa il ministero di Cristo, mite agnello e buon Pastore: il ministero che Gesù ci ha annunciato nel Vangelo (Giov, 10,7-5.11-76) risuonato poco fa: « Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me; e offro la vita per le pecore. Il Pastore le chiama una per una e cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce».
Tempi duri quelli in cui Gaudenzio visse questo ministero che è dono permanente nella Chiesa.
Erano terminate da poco le persecuzioni cruente dello Stato contro i cristiani e testimoniare la fede richiedeva ora il coraggio e la dedizione di coloro che testimoniano l’amore a Cristo nella fedeltà dentro alle vicende della vita: tra l’altro, di fronte all’eresia ariana che si diffondeva nella Chiesa negando la divinità di Cristo, e minando il cristianesimo alle radici. Se il martirio non era più quello cruento (che, tuttavia, lungo i secoli, si ripresenta in vari luoghi, e continua oggi), non mancò per i testimoni della retta dottrina la croce dell’emarginazione fino alla cacciata in esilio.
Per la società era il tempo in cui l’Impero conobbe il tracollo affrettato dalle invasioni barbariche, con le immani distruzioni di cui il primo vescovo di Torino, san Massimo, parla nelle sue omelie, invitando però i fedeli a non perdere il coraggio, poiché «I barbari – diceva – hanno distrutto le vostre abitazioni, non la città, perché la città siete voi»: come a dire: esaminate voi stessi: è viva la vostra fede, la testimoniate nel concreto vissuto? E’ sempre questo, Fratelli e Sorelle, il cuore della questione! Oggi come allora.
Questo quadro, che la storia della Chiesa e dell’Impero ci presenta, ci dice moltissimo di Gaudenzio, testimone della fede e della carità cristiana in un’epoca che per non pochi aspetti richiama la nostra.
Il suo contatto fu soprattutto con Eusebio di Vercelli, la cui diocesi, estesa a gran parte del territorio piemontese, comprendeva le comunità cristiane già organizzate, di Novara, Ivrea, Tortona, che il santo Vescovo saluta nella lettera dall’esilio, insieme alla comunità di Vercelli.
Gaudenzio partecipò dell’opera coraggiosa di evangelizzazione che Eusebio conduceva in un territorio ancora in gran parte pagano. Nella comunità sacerdotale istituita da Eusebio e dalla quale ricevettero una forte impronta di santità figure di vescovi operanti in Piemonte, Gaudenzio, venuto da Ivrea, ricevette la formazione. Poi Eusebio lo inviò a Novara, dove, nel 398, fu consacrato vescovo e dove, per circa vent’anni, fu appassionato predicatore, formatore di nuovi sacerdoti, maestro e testimone del Vangelo.
Guardando a lui con affetto di figli, noi oggi diciamo al Signore: «Fa’ che, custodendo l’eredità spirituale da lui ricevuta, testimoniamo con coerenza di vita la fedeltà al vangelo, per annunciare a tutti gli uomini il tuo regno di verità e di pace».

Sia lodato Gesù Cristo!