Omelia della S. Messa della Domenica XXXIII del Tempo Ordinario, Solennità della Dedicazione della Cattedrale Ivrea

17-11-2019

Sia lodato Gesù Cristo!

1. In questa penultima domenica dell’Anno liturgico, carissimi Fratelli e Sorelle, ricordiamo in festa la Dedicazione della nostra Cattedrale e al ricordo di questo evento uniamo il ricordo dei santi Pastori che hanno guidato la Chiesa che è in Ivrea, la cui memoria cadeva mercoledì scorso, 13 Novembre: sant’Eulogio e il beato Varmondo, per citare i principali: pensando ad Eulogio, primo vescovo, riandiamo grati al sorgere della nostra diocesi, in quel secolo in cui la implantatio Ecclesiae nelle terre piemontesi vedeva all’opera anche sant’Eusebio di Vercelli, san Massimo di Torino, san Gaudenzio di Novara, san Maggiorino di Acqui, sant’Eustasio di Aosta; e Varmondo, il decimo Vescovo, secondo una incompleta cronologia, che resse la diocesi dal 983 alla sua morte, nel 1011, grande Pastore che si distinse nell’unire la carità evangelica alla fermezza della giustizia, diede rinnovato impulso alla cultura e curò la riedificazione della antica cattedrale.

Questi ed altri santi Pastori ci accompagnano oggi in questa celebrazione della Dedicazione della nostra Cattedrale che, edificata, in onore di S. Maria, su questa altura dove si ergeva, fin dal I secolo a.C., il tempio pagano di Eporedia, con antiche espressioni, salutiamo come la ecclesia mater, ecclesia maior e Domus Dei.

La guardiamo con affetto e ammiriamo la bellezza, profusa in essa nell’arco di tanti secoli, alla luce di quanto canta oggi il Prefazio della Messa: «Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, nel tuo amore per l’umanità hai voluto abitare là dove è raccolto il tuo popolo in preghiera per fare di noi il tempio dello Spirito Santo,in cui risplenda la santità dei figli di Dio.Questa Chiesa, misticamente adombrata nel segno del tempio, tu la santifichi sempre come sposa del Cristo, madre lieta di una moltitudine di figli, per collocarla accanto a te rivestita di gloria».

In quanto costruzione visibile, la chiesa-edificio è segno, infatti, della Chiesa pellegrina sulla terra e immagine della Chiesa già beata nel cielo; è immagine della Chiesa, nata dalla Pasqua del Signore, quando il Sangue dell’Agnello sigillò la nuova ed eterna Alleanza tra Dio e gli uomini.

Il Rito della Dedicazione della chiesa-edificio, sia essa la chiesa cattedrale o qualunque altra, proprio questo esprime, anche nella forma attuale, semplificata rispetto l’antica.

Ha inizio con la consegna della chiesa al Vescovo e l’aspersione del popolo, che è tempio spirituale, e quindi delle pareti della chiesa e dell’altare.

Prosegue, dopo l’invocazione dei Santi al canto delle Litanie, con la grande Preghiera di dedicazione, e con l’unzione dell’altare e delle pareti della chiesa con il sacro Crisma; con l’incensazione dell’altare e dell’ambiente della chiesa; con la copertura e l’illuminazione dell’altare e di tutta l’aula liturgica, per sfociare nella celebrazione del Sacrificio eucaristico, fine principale per cui è stata edificata la chiesa e costruito l’altare la cui centralità, in quanto figura di Cristo, esige, anche al di fuori della celebrazione liturgica, la riverenza dei fedeli.

Battesimo, Cresima, Eucaristia: la Dedicazione richiama i tre Sacramenti della iniziazione cristiana; i Sacramenti, cioè, che ci introducono pienamente nella vita nuova che comporta

l’impegno di vivere ciò che si è ricevuto e di camminare verso la Casa del Padre in quel «risplendere della santità dei figli di Dio» di cui canta il Prefazio.

2. Contemplando la nostra Cattedrale che, grazie alla sua Dedicazione a Dio con rito solenne, ci parla di tutto questo, non possiamo fare a meno di lasciar risuonare in noi le parole del S. Vangelo (Lc 21,5-19) di questa domenica, che ho voluto mantenere anche in questa solennità: «Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: “Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”».

Colpiti da queste parole, i presenti gli domandarono con apprensione «quando» al tempio del Signore questo sarebbe accaduto. La risposta di Gesù non indica date: invita ad andare in profondità e a vivere da svegli l’oggi, il presente. Rimanda così al tempio che siamo noi, più che all’edificio che ci raffigura: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno nel mio nome… Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate… Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno… a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza… Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici…; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”».

Non lasciarci ingannare, non avere paura, testimoniare, essere perseveranti! E’ l’invito di Gesù che noi vogliamo accogliere in questo nostro tempo segnato da incertezze e confusione nella società e anche nella Chiesa; e lo vogliamo accogliere chiedendo a Cristo Signore di sostenerci nella vita nuova che ci ha donato e nella testimonianza che essa esige dentro l’esistenza di ogni giorno, dentro le circostanze liete o dolorose che si presentano. La nostra fiducia, la nostra speranza non hanno motivazioni umane, bensì la certezza che viene dal Signore stesso: la Chiesa vince credendo in Lui e, quando crede, è vittoriosa anche se viene crocifissa. Come è stato per Gesù, il Signore.

3. Vorrei, in questa festa della Dedicazione della Cattedrale, rivolgere un saluto affettuoso e grato anche al Coro della Cattedrale, nell’imminenza della festa di S. Cecilia.

Costituito negli anni Ottanta per volontà di mons. Luigi Bettazzi, a continuazione di una lunga tradizione ricostruibile storicamente almeno dal XV secolo, il Coro della Cattedrale è formato oggi da una ventina di cantori stabili, ai quali si uniscono alcuni solisti e collaboratori, mentre un gruppo di organisti arricchiscono le liturgie solenni e garantiscono il sostegno del canto affinché, come insegna S. C. 114, «in ogni azione sacra tutta l’assemblea possa dare la sua partecipazione attiva».

Per rispondere ad una speciale chiamata del Signore, il nostro caro Paolo Bersano, da tanti anni solerte e intelligente Maestro del Coro, sta per incamminarsi su una nuova via. Lo saluto con affetto e lo ringrazio per il suo validissimo servizio alla nostra Diocesi e, insieme a tutti voi, gli auguro un cammino sereno e fecondo, mentre ringrazio di cuore la nuova Maestra del Coro, Ausilia Fiorina, che con generosità e sperimentata competenza ha accettato di proseguire l’opera di Paolo.

Nel 50.mo della Istruzione “Musicam sacram” il Santo Padre Francesco ha ricordato: «La musica sacra e il canto liturgico hanno il compito di donarci il senso della gloria di Dio, della sua bellezza, della sua santità che ci avvolge come una “nube luminosa”. Talvolta è prevalsa una certa mediocrità, superficialità e banalità, a scapito della bellezza e intensità delle celebrazioni liturgiche. I vari protagonisti di questo ambito, musicisti e compositori, direttori e coristi di scholae cantorum, animatori della liturgia, possono dare un prezioso contributo al rinnovamento, soprattutto qualitativo, della musica sacra e del canto liturgico… Vi incoraggio a non perdere di vista questo importante obiettivo: aiutare l’assemblea liturgica e il popolo di Dio a percepire e partecipare, con tutti i sensi, fisici e spirituali, al mistero di Dio».

Buon cammino, carissimi Fratelli e Sorelle! Sia lodato Gesù Cristo!