Messaggio alla Diocesi per la S. Pasqua 2019

Carissimi Fratelli e Sorelle,

all’inizio del Triduo Santo nel quale celebriamo solennemente la Pasqua del Signore, sentiremo proclamare, nella Messa “in Coena Domini”, la dichiarazione di Paolo ai cristiani di Corinto: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”.

Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga». «L’Eucaristia è il memoriale del Mistero pasquale di Cristo – dice Papa Francesco nelle catechesi che ci accompagnano quest’anno nel cammino –: non è soltanto un ricordo, ma è fare presente quello che è accaduto venti secoli fa.

L’Eucaristia ci porta al vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, come ha fatto sulla croce, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza. Partecipare alla Messa, in particolare alla domenica, significa entrare nella vittoria del Risorto, essere illuminati dalla sua luce, riscaldati dal suo calore. Nella Messa si fa Pasqua, stiamo con Gesù, morto e risorto, ci uniamo a Lui.

Questo è la Messa: entrare in questa passione, morte, risurrezione, ascensione di Gesù per passare con Lui dalla morte alla vita». Sentiremo anche proclamare, nella Messa “in Coena Domini”, il passo del Vangelo in cui Giovanni – partecipe in prima persona dell’intimità di Gesù con «i suoi» – racconta il gesto impressionante compiuto dal Signore nella Cena in cui l’Eucarestia fu istituita e consegnata alla Chiesa: «Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto». Già aveva riportato l’ampio discorso di Gesù a Cafarnao: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Anche colui che mangia di me vivrà per me». Rimarcando ora nel racconto della Cena la lavanda dei piedi, Giovanni trasmette un annuncio fondamentale: l’Eucaristia comporta il servizio fino al dono totale di sé: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli». La carità è la continuazione, nella ferialità, della S. Messa; è vera la carità – “ubi caritas est vera” – se il servire trae dall’Eucaristia la sua forza e il suo stile: può accadere, infatti, che il servizio sia impastato di fragilità: ricerca di gratificazione, di affermazione di sé fino a diventare espressione di potere, senza esclusione di giudizi che stroncano, senza che l’altro sia incontrato e che l’aiuto diventi fraternità.

La struttura stessa della Messa ci presenta il cammino di crescita nell’amore di Dio e del prossimo: l’assemblea riunita per la celebrazione esprime la necessità della comunione in cui vivere la fede; il segno della croce sottolinea che tutto ha inizio da Dio e che l’unica vera salvezza viene dalla morte di Gesù; la richiesta di perdono invita a riconoscere sempre i nostri limiti e peccati; l’ascolto della Parola di Dio mette il luce anche l’importanza dell’ascolto reciproco perché vi sia dialogo vero; la presentazione delle offerte ricorda che la nostra vita concreta – azioni, non solo sentimenti o idee – è chiamata a farsi dono; lo scambio della pace spinge a essere costruttori di pace nella riconciliazione e nel perdono; lo spezzare il pane insegna la condivisione; i momenti di silenzio educano alla indispensabile intimità con Dio; il saluto finale ricorda che nella quotidianità si è mandati a vivere la missione.

“Ave, vero corpo nato da Maria vergine, che veramente hai patito e sei stato immolato per l’uomo sulla croce, dal cui fianco squarciato sgorgarono acqua e sangue: fa’ che noi possiamo gustarti nella prova suprema della morte. O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria”

Buona Pasqua, Fratelli e Sorelle!

+ Edoardo, vescovo

18-04-2019