Omelia di Sua Em. Rev.ma il Signor Cardinale Tarcisio Bertone

Cari fratelli e sorelle!

L’odierna celebrazione eucaristica si svolge in un contesto assai singolare. Ci prepariamo infatti ad accogliere il Santo Padre Benedetto XVI, che ci fa l’onore di visitare la nostra terra canavesana, ed in particolare questa nostra comunità parrocchiale. E’ un’occasione di gioia per tutti; è una benedizione per la nostra parrocchia e il nostro paese; è un’opportunità al tempo stesso per manifestare la nostra fedeltà a Cristo e il nostro amore alla Chiesa di cui il Papa è il supremo Pastore. In questa nostra celebrazione vogliamo dunque pregare innanzitutto per il Papa e poi, guidati dalla parola di Dio, estendere il nostro ricordo orante a tutti i pastori, chiamati ad essere padri, guide e maestri del popolo cristiano.
La Parola di Dio della liturgia di questa XVI domenica del Tempo Ordinario – specialmente la prima lettura tratta dal profeta Geremia e il Vangelo secondo san Marco – presentano infatti proprio la figura del pastore. Il profeta Geremia rivolge un serio ammonimento del Signore: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo”. Il Vangelo invece presenta Gesù come il Pastore pronto a cercare le pecore disperse e a radunarle attorno a sé. Soffermiamoci pertanto su questa breve ma intensa pagina evangelica: Gesù chiama in disparte i discepoli perché stiano con lui e con lui si riposino. Qualche capitolo prima l’evangelista aveva narrato che egli aveva istituito i Dodici perché lo aiutassero nel suo compito di pastore. Scrive infatti san Marco che li scelse “perché stessero con lui per mandarli a predicare”. (3.1 5).
Per capire quale sia la vera missione di ogni pastore occorre fissare lo sguardo su Cristo e restare in attento ascolto della sua parola e di ogni suo insegnamento. Attraverso gli Appostoli, e i pastori di ogni epoca, egli vuole rendersi presente ed agire come il vero Pastore delle anime nostre. Non è pertanto una scelta individuale quella di dedicarsi al ministero pastorale: è piuttosto una specifica e personale vocazione di Dio che sceglie chi e come vuole, e invia i “chiamati” a prendersi cura del suo popolo, dell’umanità di ogni epoca che appare spesso essere composta proprio da “pecore che non hanno pastore”. Verso l’umanità Gesù prova compassione! Il dono dei pastori alla Chiesa – Papa, Vescovi e sacerdoti – è pertanto un gesto di amore del Signore, un gesto di infinita misericordia.
Siamo nell’Anno Sacerdotale, e come allora non ringraziare Iddio per la presenza dei suoi ministri al servizio della Chiesa? Il sacramento dell’Ordine costituisce sacerdoti uomini fragili e deboli e li rende tra la gente “presenza di Gesù Buon Pastore”. Li rende il Signore suoi diretti collaboratori, li invia come servitori del Vangelo e chiede loro di essere costruttori di unità, ministri di misericordia. In definitiva, ogni sacerdote è “alter Christus”, che deve svolgere la sua stessa missione di salvezza nei luoghi e nei tempi in cui si trova a vivere e ad operare. L’Anno Sacerdotale è quanto mai opportuno per aiutarci, cari fratelli e sorelle, a riscoprire il dono del Sacerdozio ministeriale al servizio del sacerdozio di tutti i fedeli, come ha avuto modo di sottolineare Benedetto XVI nella sua catechesi di qualche mercoledì fa.
Per noi sacerdoti, si tratta di un dono da riscoprire ogni Giorno; ma comprendere il valore di questo sacramento è anche compito delle famiglie perché acconsentano, ed anzi facilitino la risposta dei loro figli alla chiamata di Cristo, quando questa si manifesta. Guardiamo un po’ alla situazione in cui viviamo anche qui, nella nostra terra. C’è tanto bisogno di sacerdoti, occorrono tanti sacerdoti e soprattutto c’è bisogno di santi sacerdoti. Per questo dobbiamo pregare perché, come amava dire don Bosco, la famiglie comprendano che la vocazione di un loro figlio è “il dono più grande per la famiglia”. Non è forse vero che qualche famiglia, dapprima contraria alla vocazione di un suo figlio, poi ha potuto sperimentare la verità di queste parole di don Bosco?
Preghiamo perché cresca il numero delle vocazioni al sacerdozio anche in questa nostra comunità diocesana, ed aiutiamo i giovani ad essere coraggiosi e generosi nel rispondere alla chiamata del Signore. In modo speciale, preghiamo per questa intenzione durante l’Anno Sacerdotale, voluto dal Papa per ricordare il 150° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, modello di parroco e patrono di tutti i parroci del mondo. Inoltre, a soli pochi kilometri da Romano, a Vische Canavese, un secolo fa ha vissuto la Ven. Madre Luisa Margherita Claret De La Touche, che ha scritto pagine toccanti sul mistero del sacerdozio cattolico, ed ha fondato una famiglia religiosa tutta dedicata alla preghiera per i sacerdoti. E proprio a Betania di Vische la diocesi di Ivrea ha voluto iniziare l’Anno Sacerdotale. In questo momento vogliamo ringraziare il Signore anche per i sacerdoti che egli ha posto sul nostro cammino, che ci hanno guidati ed educati alla fede: molti di loro ci hanno offerto con il loro esempio un’immagine viva del Buon Pastore. E di sacerdoti così sicuramente ognuno di noi ne ha più di qualcuno da ricordare.
Modello di ogni pastore – ricordavo all’inizio – è sempre Gesù, il quale è venuto a cercare le pecore disperse. Questo mostra che ogni sacerdote deve nutrire un vero anelito per la salvezza delle anime, redente e riconciliate dal sangue di Cristo, come ci ha ricordato san Paolo nella lettera agli Efesini, che abbiamo ascoltato poco fa. Il sacerdote deve essere apostolo di unità e di riconciliazione nella Chiesa. E quanto oggi c’è bisogno di unità e riconciliazione nella Chiesa e nel mondo! Dobbiamo impegnarci a costruire l’unità dovunque ci troviamo, unità in famiglia, in parrocchia, nella Diocesi, nella Chiesa, nella società. Dobbiamo preghiamo perché la Chiesa intera unita la Papa offra questa testimonianza di riconciliazione e di unità.


Tornando per qualche istante alla pagina evangelica, vorrei soffermarmi sulla “commozione” che Gesù prova davanti alle folle, paragonate a pecore disperse, prive della guida del pastore. Come non percepire qui l’amore del Signore per l’umanità segnata da tante difficoltà e sofferenze? Imitando lui, il Buon Pastore, tocca ai pastori della Chiesa nutrire gli stessi sentimenti di Cristo verso l’umanità di oggi. La commozione di Cristo diventa modello della nostra stessa accoglienza. In primo luogo certamente è modello dei sacerdoti, ma l’invito ad essere accoglienti è per tutti i fedeli – accoglienza per chi soffre e vive nell’abbandono, accoglienza specialmente verso coloro che sono deboli nella fede e nella loro esistenza cristiana . Ogni cristiano deve coltivare in sé stesso lo spirito del buon Pastore pronto ad essere paziente, ad aiutare chi è nella difficoltà a riacquistare fiducia, a riprendere il cammino. E per questo sono indispensabili l’esempio e il sostegno valido dei pastori e degli altri compagni di cammino spirituale. . C’è oggi nel mondo una povertà materiale che avanza; ma c’è anche una miseria spirituale che rischia di distruggere tante esistenze. Gesù – dice il Vangelo – “si mise a insegnare loro molte cose”, mosso da un amore profondo che va oltre ogni limite. Se il pane materiale è necessario, ancor più lo è il pane spirituale della verità e dell’amore di Dio.
Possiamo vedere qui che il segreto di ogni autentica evangelizzazione é proprio l’amore di Cristo: un amore che si apre a ogni genere di povertà e abbraccia tutti gli uomini senza distinzione di razza e cultura. Le tre encicliche di Benedetto XVI ci aiutano ad avere oggi quella giusta ed opportuna apertura verso le povertà del nostro tempo. In particolare la recente enciclica Caritas in ventate ci aiuta a comprendere che le povertà economiche hanno radici profonde nell’egoismo del cuore dell’uomo. Per superarle è indispensabile un serio cammino di conversione all’amore di Cristo. Il Papa ha ripetuto domenica scorsa all’Angelus, che “l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo umano integrale”.
Compito della Chiesa è pertanto far conoscere Cristo e il suo Vangelo di salvezza. Si comprende allora quanto sia importante annunciare la Parola di Dio con verità e amore, e quanto urgente il compito dei pastori di nutrire i fedeli con questa parola di salvezza, facendo in modo che ciascuno ne diventi a sua volta messaggero e testimone nel proprio ambiente di vita e di lavoro. Missione che tocca a tutti. Una sfida che tutti interpella e chiede ai laici di costruire la speranza e l’avvenire della Chiesa e dell’umanità.
Vorrei aggiungere ancora brevemente qualche considerazione, per meglio focalizzare le condizioni che permettono a ogni battezzato di essere autentici evangelizzatori. In primo luogo, è necessario che partecipino all’eucaristia domenicale per ascoltare gli insegnamenti del Signore. E proprio nella partecipazione all’Eucaristia la comunità cristiana dovrebbe poter trovare quello spazio positivo, liberatorio, per mettere in attività tutta la forza creatrice dello spirito che si rivolge a Dio in atteggiamento di preghiera e di conversione. Nell’insieme dei dinamismi della convivenza umana che si muovono nella città, nel suo vortice di rumori, di affari, di intrecci, l’uomo sente il bisogno di un’oasi di pace, in cui il Signore, nel silenzio, possa parlare al cuore: «Venite in disparte con me – invita Gesù – e riposatevi un po”».
La carità fraterna, l’amore familiare, l’impegno educativo, acquistano forza se vissuti in seno alla comunità dei credenti. Per questo vorrei sottolineare oggi l’importanza della sosta domenicale, in comunione con il Signore, per il recupero costante di quelle energie spirituali necessarie per superare le difficoltà della vita. Ed ancora è quanto mai importante imparare a visitare Gesù..Dio, che non è un estraneo, non richiede tante acrobazie per essere trovato, perché è sempre presente al cuore che ne ha memoria, una memoria che viene coltivata andando ogni tanto “in disparte” con Gesù e riposandosi con lui. I nostri paesi sono ricchi di chiese molto belle, ma troppo spesso tanto vuote, senza adoratori di Dio, senza amici di Gesù. Occorre entrare in intimità col Maestro, guardarlo faccia a faccia, parlargli cuore a cuore.
Una comunità che così vive potrà annunciare con vigore e gioia il Vangelo della speranza e dell’amore. E’ questa la nostra missione, cari fratelli e sorelle, chiamati – come ricordano oggi i testi biblici – ad essere annunciatori della Parola di Dio. Un compito che è particolarmente urgente per voi, cari giovani, che dovete essere gli evangelizzatori dei vostri coetanei. E, proprio a questo riguardo, mi piace concludere con le parole che il Papa Benedetto XVI ha rivolto alle migliaia di giovani che gremivano le gradinate e le strade adiacenti dello stadio di Pacaembu a San Paolo durante la sua visita in Brasile di due anni fa. Ricordo molto bene l’entusiasmo di quell’incontro commovente «Voi siete i giovani della Chiesa – disse il Papa -. Vi invio perciò verso la grande missione di evangelizzare i ragazzi e le ragazze che vanno errando in questo mondo, come pecore senza pastore. Siate gli apostoli dei giovani. Invitateli a camminare con voi, a fare la vostra stessa esperienza di fede, di speranza e di amore; a incontrare Gesù per sentirsi realmente amati, accolti, con la piena possibilità di realizzarsi» (10 maggio 2007). Che così sia con l’aiuto di Dio e la materna protezione di Maria, Vergine Assunta e Madonna della Stella. Amen!

Foto: Copyright “Foto Marino” – Ivrea