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Santa Messa per l’attuale Sinodo e per le vittime delle guerre che imperversano in Ucraina e in Terra Santa

Agli E.mi Membri
della Conferenza Episcopale Italiana

LORO SEDI

Carissimo Confratello,
anche quest’anno, come nei tre anni precedenti, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) propone di celebrare una Santa Messa per l’attuale Sinodo e per le vittime delle guerre che imperversano in Ucraina e in Terra Santa.
La Conferenza Episcopale Italiana, aderendo all’iniziativa, accetta la proposta di celebrare l’Eucaristia venerdì 1° marzo 2024.
In allegato si propone il testo della Preghiera dei fedeli predisposto dall’Ufficio Liturgico Nazionale. L’occasione mi è gradita per porgerLe un cordiale e fraterno saluto.

Segretario Generale


Messaggio per la Quaresima 2024

14 Febbraio 2024
Mercoledì delle Ceneri

Carissimi Fratelli e Sorelle,
accogliendo «il momento favorevole, il giorno della salvezza» che il Signore ci dona per giungere rinnovati a celebrare la Santa Pasqua, noi entriamo con gioia in questo tempo di conversione nel quale Dio stesso, con una grazia particolare, sostiene il nostro impegno.

1. Nei messaggi inviati, di anno in anno, alla Diocesi in questa occasione, ho cercato di presentare l’ampia portata dei tre passi fondamentali del cammino quaresimale: digiuno, preghiera, elemosina, ed ho richiamato quanto la Chiesa ci insegna nel “Catechismo della Chiesa Cattolica”: «Come già nei profeti, l’appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda anzitutto opere esteriori, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore, senza la quale, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere» … I gesti e le opere di penitenza ci preparano a chiedere e ad accogliere «il perdono dei nostri peccati che sono anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui, ma attentano, nello stesso tempo, alla comunione con la Chiesa».

2. Desidero proporre quest’anno alla nostra riflessione in particolare il Sacramento del Perdono di cui è necessario riscoprire l’importanza nel cammino della vita di fede e la necessità di accostarsi ad esso.
Il Santo Padre Francesco, sin dagli inizi del suo Pontificato, non manca di invitarci ad accogliere questo dono di Dio e a viverlo consapevolmente.
«Attraverso i Sacramenti dell’iniziazione cristiana – il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia – l’uomo riceve la vita nuova in Cristo. Ora, tutti lo sappiamo, noi portiamo questa vita “in vasi di creta” (2 Cor4,7), siamo ancora sottomessi alla tentazione, alla sofferenza, alla morte e, a causa del peccato, possiamo persino perdere la nuova vita. Per questo il Signore Gesù ha voluto che la Chiesa continui la sua opera di salvezza anche verso le proprie membra, in particolare con il Sacramento della Riconciliazione, Sacramento di guarigione, che scaturisce direttamente dal mistero pasquale. Infatti, la stessa sera di Pasqua il Signore apparve ai discepoli, chiusi nel cenacolo, e, dopo aver rivolto loro il saluto “Pace a voi!”, soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,21-23). Questo passo ci svela la dinamica più profonda che è contenuta in questo Sacramento. Anzitutto, il fatto che il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Il perdono non è frutto dei nostri sforzi, ma è un regalo, un dono dello Spirito Santo, che ci ricolma del lavacro di misericordia e di grazia che sgorga incessantemente dal cuore spalancato del Cristo crocifisso e risorto. In secondo luogo, ci ricorda che solo se ci lasciamo riconciliare nel Signore Gesù col Padre e con i fratelli possiamo essere veramente nella pace. Nella celebrazione di questo Sacramento, il sacerdote non rappresenta soltanto Dio, ma tutta la comunità, che si riconosce nella fragilità di ogni suo membro, che ascolta commossa il suo pentimento, che si riconcilia con lui, che lo rincuora e lo accompagna nel cammino di conversione e maturazione umana e cristiana. Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio…. Io vorrei domandarvi – ognuno si risponda nel suo cuore –: “quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato?”» (Catechesi 19 febbraio 2014).

3. È una ricca sintesi, questa che il Santo Padre ci presenta, dell’ampia trattazione sul Sacramento della Confessione che troviamo nel “Catechismo della Chiesa Cattolica” (CCC, 1422-1470).
Traggo di qui qualche ulteriore spunto di riflessione:
«Nella celebrazione di questo sacramento due elementi sono ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell’uomo che si converte sotto l’azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall’altra parte, l’azione di Dio attraverso l’intervento della Chiesa che, mediante il Vescovo e i suoi presbiteri, concede nel nome di Gesù Cristo il perdono dei peccati e stabilisce la modalità della soddisfazione.
È bene prepararsi a ricevere questo sacramento con un esame di coscienza fatto alla luce della Parola di Dio. I testi più adatti a questo scopo sono da cercarsi nel Decalogo e nella catechesi morale dei Vangeli e delle lettere degli Apostoli: il discorso della montagna, gli insegnamenti apostolici.
La contrizione. È il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire.
La confessione dei peccati. Anche da un punto di vista semplicemente umano, ci libera e facilita la nostra riconciliazione con gli altri. Con l’accusa, l’uomo guarda in faccia i peccati di cui si è reso colpevole; se ne assume la responsabilità e, in tal modo, si apre nuovamente a Dio e alla comunione della Chiesa al fine di rendere possibile un nuovo avvenire.
La soddisfazione. Molti peccati recano offesa al prossimo. Bisogna fare il possibile per riparare (ad esempio restituire cose rubate, ristabilire la reputazione di chi è stato calunniato, risanare le ferite). La semplice giustizia lo esige. Ma, in più, il peccato ferisce e indebolisce il peccatore stesso, come anche le sue relazioni con Dio e con il prossimo. L’assoluzione toglie il peccato, ma non porta rimedio a tutti i disordini che il peccato ha causato. Risollevato dal peccato, il peccatore deve ancora recuperare la piena salute spirituale. Deve dunque fare qualcosa di più per riparare le proprie colpe: deve “soddisfare” in maniera adeguata o “espiare” i suoi peccati. È la “penitenza” che il confessore impone tenendo conto della situazione personale del penitente e cercando il suo bene spirituale».

Carissimi Fratelli e Sorelle,
nella Liturgia del mercoledì delle Ceneri la Chiesa ci fa pregare: «O Dio nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male».
Questo chiediamo al Signore, in comunione di preghiera.
Vi benedica Dio onnipotente: Padre e Figlio e Spirito Santo.

+ Edoardo, Vescovo


Messaggio del Vescovo Edoardo per il Natale 2023

Ivrea, 21 Dicembre 2023

A tutti Buon Natale!

Davvero a tutti poiché per tutti Dio si è fatto Uomo, anche per quelli che non lo sanno o non lo credono, ma che sono nostri fratelli nella comune esperienza umana vissuta nella fatica e nella gioia, nel dolore e nella speranza. Tutti Egli chiama all’incontro e a tutti offre il Suo dono: la risposta alla più umana delle attese: l’inesauribile desiderio di felicità che costituisce il “cuore” dell’uomo; il bisogno di novità continuamente mortificato dalla vecchiezza che insorge.

Buon Natale, con speciale affetto, alla comunità cristiana!

Nei giorni dell’Avvento la Chiesa prega: «Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore, e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza».

Lo sguardo di Dio ci conduce ad attendere non semplicemente “il Natale” (il natale dei buoni sentimenti, il natale che facciamo noi, al centro del quale c’è magari anche la nostra buona volontà, ma di cui siamo pur sempre noi i protagonisti…). Il «Natale del Signore» è quello che Dio ci conduce ad attendere e a vivere: Dio che entra nella nostra vita e la trasforma offrendoci la possibilità di entrare in una novità che è la sorgente della «rinnovata esultanza».

I passi della Novena di Natale ci preparano all’incontro con Dio nel Bimbo di Betlemme: un cammino interiore, certamente, ma aiutato e sostenuto dai passi materiali che ci portano in chiesa a pregare e ad ascoltare… Possono sembrare piccola cosa questi passi, ma non lo sono: compiuti in una giornata intessuta di tanti passi quotidiani, essi esprimono il nostro bisogno di diventare nuovi per essere nuovi dentro ai problemi ed alle fatiche, alle sconfitte ed alle soddisfazioni della vita di ogni giorno.

La novità è Cristo presente, e la Sua presenza, riconosciuta con fede, conferisce ad ogni gesto, ad ogni istante, la grandezza che faceva dire a Blaise Pascal: «Fare le piccole cose come fossero grandi, in forza della maestà di Gesù Cristo che le fa in noi e che vive la nostra vita; e fare le grandi come fossero piccole, a motivo della Sua onnipotenza».

Lungo i passi della Novena ci accostiamo al sacramento della Confessione; condividiamo ciò che abbiamo con chi è più bisognoso; facciamo il Presepe nelle nostre case; ricordiamo che Gesù Cristo è la Vita che sostiene la nostra vita, la consistenza e la ragion d’essere di tutto.

Buon Natale, Fratelli e Sorelle!

† Edoardo, Vescovo

Avvento: la luce di Cristo che viene

Sta per iniziare l’Anno Liturgico, il cammino antico e sempre nuovo che ci conduce all’incontro con Cristo nella celebrazione dei Suoi “misteri”, che nella preghiera del Rosario contempliamo nell’arco della settimana.  

L’Avvento è la sua prima “stagione”, breve quanto limpida e ricca di contenuto. Nei suoi giorni conclusivi ci prepara a rivivere il Natale del Signore, la prima venuta, nell’umiltà della carne umana; ma in tutto il suo corso ci conduce a tenere viva l’attesa del ritorno glorioso di Cristo, quando Egli «verrà a giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine», a protenderci verso di Lui con la convinzione di san Paolo: «Mi protendo nella corsa per raggiungerlo, io che già sono stato conquistato da Cristo». (Fil. 3,12). 

In questi giorni che di poco precedono l’inizio dell’Avvento, i Vescovi del Piemonte partecipano insieme, ogni anno, agli Esercizi spirituali. 

Oggi – lunedì 27 novembre, primo giorno del corso che il predicatore svolge sul tema: “L’amicizia di Cristo per noi” – raccolgo qualche spunto di riflessione che vale innanzitutto per me e che propongo alla Diocesi in vista dell’Avvento. 

Il Vangelo della Messa odierna ci presenta la vedova povera che dona al Tempio di Dio tutto quello che aveva per vivere. L’attesa che l’Avvento ci propone è un’attesa attiva, un protenderci, con tutto ciò che siamo e che abbiamo, verso il Signore che ci ha dato tutto. 

Il pensiero corre ad un’altra vedova povera (I Re, 17,10-16). A lei il profeta dice: «Prendimi un pezzo di pane».  La donna risponde: «Ho solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Se trattengo per me il poco che ho, questo davvero si consuma… La Chiesa ci ripete le parole di Elia alla donna: «Non temere; prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non si svuoterà”. Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia».

La vedova del Vangelo ci mostra la “strada della fede”. L‘altra donna compie un cammino più lento, ma anch’essa ci indica la strada. L’Attesa – a cui l’Avvento ci invita – passa attraverso la faticosa rinuncia alle nostre valutazioni, alle logiche del mondo, per aprirci alla logica di Dio. 

Nello stesso giorno un invito ci viene dalla Liturgia delle Ore: «Mettete ogni impegno – dice l’apostolo Pietro – per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. State saldi nella verità che possedete; tenetevi desti; noi non siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate: vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (I Pt.1, 5 ss). E san Paolo ci ricorda: «Quando verrà il Signore Gesù, Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori» (I Cor.4,5).  Sant’Agostino commenta: «Consideriamoci pellegrini quaggiù, aneliamo alla patria del cielo. Verremo alla sorgente da cui, qui in terra, ci sono giunte poche stille di rugiada; vedremo quella luce che ha raggiunto il nostro cuore, il quale ancora ha bisogno di purificazione».

Ecco, Amici, sto riflettendo su tutto questo. E con gioia propongo anche a voi di rifletterci.

Buon Avvento! 

† Edoardo, vescovo


Giornata di digiuno e preghiera per la Pace – 27 ottobre 2023

Agli E.mi Membri
della Conferenza Episcopale Italiana LORO SEDI

Eminenza, Eccellenza Reverendissima,

Papa Francesco ha indetto, venerdì 27 ottobre, una giornata di digiuno, di preghiera e di penitenza, per la pace in Terra Santa.
«Inquieta il possibile allargamento del conflitto, mentre nel mondo tanti fronti bellici sono già aperti. Tacciano le armi! Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini! Fratelli e sorelle, la guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio e moltiplica la vendetta. La guerra cancella il futuro. Esorto i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace; ma non a parole, con la preghiera, con la dedizione totale».

La sera dello stesso giorno, alle ore 18.00, in San Pietro, il Santo Padre presiederà un momento di preghiera per «implorare sui nostri giorni la pace, la pace in questo mondo», e ha chiesto a tutte le Chiese particolari di parteciparvi, predisponendo iniziative simili che coinvolgano il Popolo di Dio.
A tale fine l’Ufficio Liturgico Nazionale ha preparato un sussidio di preghiera che troverà allegato alla presente.

L’occasione mi è gradita per un saluto fraterno e cordiale.

+ Giuseppe Baturi

Segretario Generale


Mons. Vescovo invita le Parrocchie e le Comunità religiose alla preghiera per la pace

Lettera di Mons. Zuppi ai vescovi italiani

Eminenza, Eccellenza Reverendissima,

in questo momento così tragico per la Terra Santa, facciamo nostre le parole di Sua Eminenza il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini: «Non possiamo lasciare che la morte e i suoi pungiglioni (1Cor 15,55) siano la sola parola da udire. Per questo sentiamo il bisogno di pregare, di rivolgere il nostro cuore a Dio Padre. Solo così potremo attingere la forza e la serenità di vivere questo tempo, rivolgendoci a Lui, nella preghiera di intercessione, di implorazione, e anche di grido».

Pertanto, la Presidenza della C.E.I. ha deciso di promuovere una Giornata nazionale di digiuno, preghiera e astinenza per la pace e la riconciliazione. La data scelta è martedì 17 ottobre, in comunione con i cristiani di Terra Santa, secondo le indicazioni del Patriarca di Gerusalemme che, a nome di tutti gli Ordinari, ha chiesto alle comunità locali di incontrarsi «nella preghiera corale, per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, di giustizia e di riconciliazione».

L’Ufficio Liturgico Nazionale ha predisposto, a tale scopo, un formulario per la preghiera. Inoltre, domenica 15 ottobre, in tutte le Celebrazioni Eucaristiche, può essere adottata l’allegata intenzione. «Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace» (Papa Francesco).

Approfitto dell’occasione per un saluto cordiale e fraterno.

Matteo Maria Card. Zuppi
Presidente


Lettera Pastorale per l’anno 2023-2024

Carissimi Fratelli e Sorelle,

il Signore Gesù, centro del cosmo e della storia, è il centro della nostra fede e di tutta la nostra vita. “Tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre” gli diciamo nella S. Liturgia. Amarlo e seguirlo è chiederGli la grazia di volere fermamente quello che Lui vuole, convinti che “se io non fossi tuo, o Cristo mio, sarei una creatura perduta(S. Gregorio Nazianzeno). 

1.

Profondamente convinto che ogni nostro gesto è da compiere nella comunione con Gesù Cristo e che nel rapporto con Lui è da vivere ogni avvenimento, riconoscente al Signore per tutti i Suoi doni guardo con serenità al prossimo 13 ottobre quando, se Dio vuole, entrerò nel 75.mo anno di età, nel corso del quale – “enixe rogatus” (vivamente invitato) dalla Legge della S. Madre Chiesa – presenterò al Santo Padre la rinuncia al servizio nella Diocesi a cui sono stato mandato.  

«Imparare a congedarsi» chiede Papa, nel Suo Motu proprio, anche ai Vescovi diocesani: 

«La conclusione di un ufficio ecclesiale deve essere considerata parte integrante del servizio stesso, in quanto richiede una nuova forma di disponibilità. Questo atteggiamento interiore è necessario sia quando, per ragioni di età, ci si deve preparare a lasciare il proprio incarico, sia quando venga chiesto di continuare quel servizio per un periodo più lungo, pur essendo stata raggiunta l’età di settantacinque anni […]. Chi si prepara a presentare la rinuncia ha bisogno di prepararsi adeguatamente davanti a Dio, spogliandosi dei desideri di potere e della pretesa di essere indispensabile. Questo permetterà di attraversare con pace e fiducia tale momento […] Se eccezionalmente viene chiesto di continuare il servizio per un periodo più lungo, si può comprendere solo per taluni motivi sempre legati al bene comune ecclesiale».

A questa luce, carissimi Fratelli e Sorelle, inizio la preparazione “prossima” a questo momento ripensando a quanto mi proposi nel momento stesso in cui ricevetti da Papa Benedetto XVI la nomina e vi inviai il primo saluto: 

«Ciò in cui desidero crescere, anche come Vescovo, è la mia amicizia con Gesù Cristo: “l’intima amicizia con Gesù da cui tutto dipende”, come scrive stupendamente il Santo Padre Benedetto XVI nella Premessa al Suo libro “Gesù di Nazaret”; ciò a cui tengo maggiormente e che desidero servire è la vostra amicizia con Cristo; ciò di cui sono certo è che nell’amicizia personale di ognuno di noi con Cristo crescerà anche la nostra reciproca amicizia di discepoli del Signore, nella quale vedo realizzarsi la paternità che sono mandato ad esercitare nei vostri confronti e la filialità che la Santa Chiesa chiede a voi nei confronti del Vescovo. Che Gesù Cristo diventi sempre più il centro della nostra vita; che la nostra esistenza sia trasformata dalla Sua gloria che è la Sua presenza amata ed accolta; che a Ivrea sia da noi vissuta la vita nuova che avrà la sua pienezza nella Casa luminosa e bellissima del Padre. Tutto il resto ha senso solo in questo contesto. Tutto il resto lo vivremo – con l’aiuto di Dio – vivendo questa realtà da cui “tutto dipende”, e vivendola nella comunione con il Vicario di Cristo al Quale esprimo la mia più convinta adesione di fedeltà e di amore filiale. 

È una grande gioia per me constatare che il mio servizio episcopale ha inizio nell’imminenza dell’“Anno della fede”: “invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo” scrive Papa Benedetto e continua: “Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. Una profonda crisi di fede, invece, ha toccato molte persone».

Non so se e quanto io sia riuscito a mantenere fede a questo fondamentale intento; penso però di poter dire che da questa luce non ho mai distolto lo sguardo in tutti i passi del cammino.

2.

Nell’anno pastorale che inizia continueremo il “Cammino sinodale” riguardo al quale, già negli anni scorsi (cfr. Lettera Pastorale 2021-22; 2022-23), ho sinteticamente ricordato i passi e le modalità sulla base delle indicazioni della Sede Apostolica e della Conferenza Episcopale Italiana.

Per favorire la più ampia partecipazione abbiamo deciso, fin dalla iniziale riunione dei Vicari Foranei che gli incontri si tenessero a livello di Parrocchia e di Vicaria. Le Parrocchie che hanno voluto compiere il “Cammino sinodale” (senza pretendere che esso sia ciò che non è, e cercando di esso l’essenziale) hanno avuto dalla Commissione di Coordinamento diocesana il supporto necessario. La Commissione ha raccolto poi le relazioni delle Parrocchie, e ne ha inviato a Roma la sintesi presentata in Assemblea diocesana.

Ho preferito che il cammino si svolgesse senza atti spettacolari (che possono essere – in questo come in altri ambiti – manifestazioni esteriori che ci fanno fare “bella figura”, ma che poco aggiungono a quanto stiamo facendo nell’umiltà dell’impegno di ogni giorno…). Sono convinto che il “cammino” sia fatto di passi umili e costanti: innanzi tutto quelli della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio, della partecipazione cosciente ai Sacramenti: fecondo terreno su cui cresce  un vero rapporto fraterno: “sinodalità” infatti, non è gridarci l’un l’altro le proprie idee, ma conoscerci e comprenderci a vicenda, e confrontarci alla luce della Parola di Dio che è la Verità, consapevoli che apparteniamo tutti alla unità del Corpo di Cristo. 

Del Cammino sinodale delle Chiese in Italia inizia ora la seconda tappa: la fase sapienziale. Afferma il Documento della CEI che avvia questa fase:

Nella fase “narrativa” i racconti hanno già offerto un primo discernimento e alcune intuizioni profetiche; nel discernimento incontriamo la ricchezza delle storie e l’esigenza di fare delle scelte; infine, nelle decisioni raccoglieremo il frutto delle esperienze narrate e del discernimento compiuto: quella narrativa privilegia l’ascolto, quella sapienziale il discernimento e quella profetica il progetto. Il passaggio alla fase sapienziale fa tesoro di quanto emerso nei primi due anni e intende approfondirlo, in prospettiva spirituale e operativa. La “sapienza” biblica non è un ragionamento astratto, ma spinge alla conversione personale e comunitaria». 

La pagina evangelica che ci guida in questa fase annuale, proposta come icona per il discernimento ecclesiale, è quella dei discepoli di Emmaus (Lc, 24,13-35). 

In relazione ad essa importante sottolineatura è quella che il Documento pone all’inizio:

 «C’è un’intima relazione tra Celebrazione eucaristica e Cammino sinodale… Questa intima relazione orienta nella comprensione delle categorie sinodali: non si tratta tanto di “democrazia” quanto di “partecipazione”, non solo di un raduno di “gruppo” quanto di un’“assemblea” convocata, non di esprimere semplici “ruoli e funzioni” ma “doni e carismi”. Nel Cammino sinodale, come nella Celebrazione eucaristica, il popolo radunato vive l’esperienza della grazia che viene dall’Alto, in quella partecipazione definita “actuosa” dal Concilio Vaticano II (cf. Sacrosanctum Concilium,14), quindi capace di coinvolgere nella Celebrazione comunitaria». 

Permettete, Cari Amici, di ricordarvi che per tre anni pastorali ho proposto alla Diocesi l’impegno di riflettere (nell’ambito della catechesi e in altre forme che la sapienza dei Pastori è in grado di trovare) sulla “Eucarestia”: a partire da “che cos’è?” (tutt’altro che chiaro a molti tra i pochi che ancora partecipano alla Messa), si sono proposti vari aspetti dell’identità del battezzato e del vivere cristiano. 

Le “Linee guida” per questa fase sapienziale saranno distribuite dai Parroci ai Referenti di ogni Parrocchia: l’ampio – molto ampio: 34 pagine – documento della CEI suggerisce vari spunti di riflessione. Sono certo che nelle Parrocchie e nelle Vicarie continuerà l’impegno già messo in atto nella prima fase. 

Da parte mia, richiamo quanto ho detto alla Diocesi il 12 agosto scorso, nel Pellegrinaggio ad Oropa che ogni anno conclude l’Anno Pastorale e apre il nuovo.

Il tema del Sinodo dei Vescovi Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” – è importante anche per il nostro “Cammino sinodale”

Siamo chiamati, innanzitutto, ad ascoltare che cosa dice il Signore e a chiederci, ognuno, come stiamo vivendo la comunione, la partecipazione alla vita della Chiesa, e la missione. 

Realisticamente, non possiamo chiudere gli occhi sulla situazione delle nostre comunità, come di tutta la Chiesa e della stessa società. 

S. Agostino in riferimento ai suoi tempi diceva: “Nos sumus tempora: i tempi siamo noi; quales nos sumus, talia sunt tempora: quali noi siamo, tali sono i tempi”. 

C’è del vero in questa valutazione! I tempi siamo noi… Non perché tutto dipenda da noi, ma perché noi la nostra parte nel determinare le situazioni ce la mettiamo…: non siamo solo spettatori di qualcosa che accade intorno a noi, fuori di noi… Non possiamo, quindi esimerci – vescovi, preti e laici – dal guardare anche a noi stessi: come siamo, come viviamo, alla luce di che cosa effettivamente viviamo… La mondanità di cui spesso parla il Santo Padre è solo qualche vanità in qualche ambito, o è lo spirito del mondo, il modo mondano di pensare e di agire, che porta in noi, nelle comunità, sfiducia, sconforto, demoralizzazione? Di questo clima diffuso buttiamo spesso la colpa in varie direzioni. La verità è che non risuona abbastanza in noi la risposta di Gesù (Gv 6, 28-29) a chi gli chiedeva: “Che cosa dobbiamo fare?”. “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato”. La questione è la nostra fede, il credere cristianamente: aderire alla Persona di Cristo lasciandoci plasmare dal Suo insegnamento (tramesso da gesti e da parole); convertirci al Suo modo di pensare, di sentire, di vedere e di agire; vivere nella comunione con Lui la nostra vita nel concreto dell’esistenza quotidiana…

Ringrazio con voi il Signore per tanti autentici esempi, tra la nostra gente, di fede vissuta; ma non mancano le occasioni in cui vediamo trionfare atteggiamenti e parole che contraddicono la fede cristiana. 

Cosa “vogliamo” da Gesù? Con quali domande, attese, pretese ci mettiamo di fronte a Lui? Gesù ci può dire: Siete di fronte a me, ma non vedete… Non riconosciamo che ciò di cui davvero c’è bisogno è Lui, la nostra conformazione a Lui, la disponibilità ad affrontare il concreto combattimento spirituale contro tutto ciò che ci rende dissomiglianti da Cristo.

Anche alla luce di Maria, Virgo fidelis, «beata perché ha creduto», dobbiamo interrogarci sulla nostra fede e chiederci se nasce dall’ascolto della Parola di Dio e se si esprime in un amore che non è una sentimentale emozione, ma la fedeltà a Dio nel vivere la concreta nostra esistenza.

Vescovi, preti e laici siamo interpellati a considerare lo stato di salute della nostra fede, non in astratto, ma dentro alla vita ed alle circostanze di ogni giorno, nella vita personale e in quella delle nostre comunità, nella loro esistenza ordinaria.

Comunione, partecipazione, missione sono da riscoprire, con l’aiuto dello Spirito Santo. Quando, anziché sparlare gli uni degli altri partendo da miti o slogan, ci incontriamo e ci diciamo – credendoci – che Cristo è in mezzo a noi, quando preghiamo insieme, quando esprimiamo anche dei dubbi perché su certe cose possiamo anche non essere d’accordo, è lì che compiamo il cammino sinodale. 

Buon cammino!

Maria, Madre della Chiesa, Aiuto dei cristiani, Virgo fidelis, ci accompagna e prega per noi.

Ivrea, 8 Settembre 2023, 

Festa della Natività della B.V.M.

† Edoardo, vescovo