Alle Comunità cristiane per l’inizio del nuovo Anno Liturgico

Ivrea, 19 Novembre 2020

La pace del Signore sia con voi, carissimi Fratelli e Sorelle!

Sia con voi anche in questo tempo in cui l’epidemia mette a repentaglio tanti aspetti della nostra vita, incide negativamente sullo stato d’animo di molti e rende più faticoso quell’essere “sempre lieti” (I Tess, 5,16) che è caratteristica del cristiano e nasce e si alimenta dal percepire, in un reale rapporto di comunione con Dio, che siamo amati e possiamo rispondere amando a nostra volta.

1. Domenica prossima, ultima dell’Anno Liturgico, celebreremo la solennità di N. S. Gesù Cristo Re dell’universo volgendo lo sguardo e innalzando il cuore a Colui «per mezzo del quale e in vista del quale tutto è stato creato», e nel quale «tutto sussiste» (cfr. Col, 1,16-17). «Principio della creazione, Egli lo è anche della redenzione. Elevato alla gloria del Padre, ha “il primato su tutte le cose” (Col 1,18), principalmente sulla Chiesa, per mezzo della quale estende il suo regno su tutte le cose» (CCC, 792).

In questa solennità si conclude l’Anno Liturgico di cui Egli, presente e vivo in mezzo a noi, come ci ha promesso, è il centro.

Nel corso l’Anno Liturgico, di tempo in tempo, di festa in festa, la Chiesa, infatti, «ricorda tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione al giorno della Pentecoste e all’attesa del ritorno del Signore» (Concilio Vaticano II, SC,2): e questo “ricordare” non è un semplice richiamare alla mente; è la “memoria”, il “memoriale”, di cui san Paolo VI diceva: «celebrando i misteri del Signore nello svolgimento dell’Anno liturgico, la Chiesa li rende come presenti affinché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia del Salvatore» (Lett. Apost. Mysterii paschalis).

Ai “misteri” – i fatti principali della vita di Cristo – non ci accostiamo dunque come ad avvenimenti circoscritti al passato. La Liturgia «non è una rappresentazione, ma è Cristo stesso che vive nella Sua Chiesa e prosegue il Suo cammino di immensa misericordia» (Pio XII, Mediator Dei). Lo insegnava, con mirabile sintesi, san Leone Magno: «Quod Redemptoris nostri conspicuum fuit, in sacramenta transivit: ciò che era visibile nel nostro Salvatore è passato nei sacramenti»; e sant’Ambrogio diceva ai suoi fedeli: «Vidimus et nos, sicut maiores nostri, mirabila Dei: anche noi, come quelli che ci hanno preceduto, abbiamo visto le meravigliose azioni salvifiche del nostro Dio»; «In tuis te invenio sacramentis: nei tuoi sacramenti io ti trovo» poteva dire rivolgendosi al Signore.

Il cammino che ci è proposto attraverso i passi dell’Anno Liturgico è, semplicemente, vivere la vita cristiana che si apre ad accogliere – non in astratto, ma nell’essenziale rapporto con Cristo realmente presente – la grazia del Salvatore, la novità che Egli imprime in noi con il Suo agire, la luce della Sua Parola, la capacità di pensare e di agire secondo il Suo insegnamento.

E’ indispensabile, perciò, che il cammino dell’Anno Liturgico plasmi profondamente anche l’itinerario catechistico che si trasforma in poveri tentativi di trasmettere nozioni se rimane ai margini di questa sostanziale esperienza di fede.

2. Dell’Anno Liturgico il primo Tempo – breve ma intenso – è l’Avvento, nel quale risuona l’invito di Gesù: «Fate attenzione, vegliate» (Mc 13,33).

Il rischio, sempre, è di vivere, infatti, senza chiedersi per che cosa davvero si vive.

Non sono le circostanze in cui viviamo a far la differenza, ma se vivo in comunione con Cristo ciò che sono chiamato a fare. La differenza sta nel “cuore” che ci portiamo dentro mentre facciamo ciò che c’è da fare…

L’Avvento ci è dato per ridestare in noi questo “cuore”. Il “dopo” – l’eternità – è già presente in questo “ora” in cui viviamo, come la luce del sole è già presente nel primo chiarore dell’alba!

«Elevare l’anima a Dio», come la Liturgia ci invita a fare, è affrontare da svegli il «compito» della vita per «andare incontro con le buone opere al Cristo che viene», prestando attenzione a che la nostra bussola sia Gesù Cristo con il Suo insegnamento trasmesso dalla Chiesa, e non il mondo che «non conosce Dio» (Gv.15,21) e rifiuta la luce (Gv.3,20).

«Signore, che io non sia confuso» ci fa chiedere la Chiesa sulla soglia di questo tempo liturgico che ci prepara a rivivere, nel Natale, la prima venuta del Salvatore, ma, ugualmente, ad incontrare Lui nel Suo ritorno glorioso alla fine dei tempi, e, per ognuno, alla fine della nostra esistenza terrena: il momento del Giudizio, quando saremo giudicati sull’amore.

Propongo a tutti, in questo Avvento, di meditare, attraverso le pagine del Catechismo della Chiesa Cattolica sulle tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità; e di impegnarsi ad esercitarle nella concretezza delle circostanze.

Propongo di intensificare la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio.

Ringraziando di cuore tutti coloro che dalle proprie case si sono uniti in preghiera alle 21 di giovedì 12 e di venerdì 13, nelle feste della Dedicazione della chiesa Cattedrale e dei Ss. Pastori della Chiesa Eporediese, invito a continuare questa comunione orante nel S. Rosario, al termine del quale dalla cappella del Vescovado imparto alla diocesi la Benedizione con il SS. Sacramento: alle 21 di venerdì 27 (antivigilia della I Domenica di Avvento); di lunedì 7 dicembre (vigilia della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria); di mercoledì 16 (inizio della Novena di Natale); di mercoledì 23 (antivigilia della Natività di N. Signore). L’intenzione della preghiera è quella che già ho comunicato: chiedere a Dio il Suo aiuto nel tempo difficile che stiamo vivendo e la grazia di un rinnovato slancio di fede, di speranza e di carità.

Aff.mo nel Cuore di Cristo, Fonte di ogni consolazione