Anche a questo serve l'IRC

Capire e amare il mondo

IVREA – L’anno scolastico 2019-20 è incominciato e, con esso, la scuola IRC, con l’insegnamento della religione cattolica. Insegnamento a tutto campo che volendo presentare l’evento cristiano nel suo farsi, di tempo in tempo, storia tra i popoli, incrocia, nel tempo di oggi, l’affacciarsi delle altre esperienze cristiane (protestanti e ortodosse) e delle religioni non cristiane (Islam, Buddismo, Induismo, Confucianesimo, Scintoismo) e la vasta area del non credere.

La religione praticata e vissuta o semplicemente di appartenenza, oggi è un arcipelago di siti esistenziali. La scuola, è anch’essa un popolo variegato in cammino, che fissa gli occhi – e deve fissarli – sulle promesse di futuro: pro- messe già configurate o abbozzate dalla fantasia creativa degli artisti, ricercatori, scienziati, geologi, operatori politici e culturali, porzioni profetiche di popolo che già intravedono il volto di un nuovo mondo.

In quest’anno, causa la carenza di nascite, la scuola perde allievi – quest’anno solo nel Torinese ci sono 2mila600 studenti in meno! – e ancor più marcatamente ciò accadrà nei prossimi anni. La scuola IRC in Diocesi ha perso quest’anno 23 ore nella scuola primaria. Gli allievi che si avvalgono dell’IRC diminuiscono nella scuola media secondaria, dove l’ora di religione in classe è sovente per pochi.

Per le classi prime della scuola primaria, all’IRC è affidato oggi il compito del primo annuncio dell’evento cristiano, poiché tante famiglie non lo trasmettono nella loro pratica di vita.

Di certo la scuola deve abilitare ragazzi e giovani ad acquisire e utilizzare strumenti interpretativi (l’arte del leggere, scrivere e far di conto) per discernere il presente e poter costruire sogni e progetti di vita. Di certo è necessario riappropriarsi e rivivere il passato studiando le tracce lasciate da esso su questa nostra terra: terra che va amata, custodita e abbellita non solo perché nostro ambiente vitale, ma accolta come “madre terra”, humus generativo della vita umana. Sì, le figure abbozzate di futuro nella progettazione politica, nel campo scientifico e artistico, sono pagine di libro aperte per la nostra scuola. La scuola, tra le sue tante aree esistenziali, ha continuamente spazi viventi e fermenti di sogno rivolti al futuro.

In questi giorni ho incontrato tanti giovani che fanno il loro primo passo nelle aule universitarie italiane ed estere, e avendoli interrogati sulle loro scelte, ho provato contentezza e stupore nell’apprendere come le varie facoltà umanistiche, scientifiche e artistiche abbiano aperto tanti nuovi percorsi con caratteristiche denominazioni per la ricerca che già configurano nuovi modelli di esperienze, di costruzioni, di religioni, di comunicazioni, di abitazioni: nuovi templi della natura e della cultura. Proprio oggi pare spalancarsi una nuova epoca, in cui è non più la natura a incasellare e pilotare la vita nelle sue dinamiche e leggi, ma è la cultura a poter trasformare la natura.

Lo stesso vale per la Chiesa, per le chiese e per le esperienze religiose. L’evento cristiano annunciato ha arricchito il suo vivere e la sua fisionomia con nuovi modelli pratici di incontro Dio-uomo, nuovi linguaggi, nuove opzioni di fede. Per la Chiesa cattolica e per la cultura mondiale, sono nuovi sentieri di luce per tutti le esortazioni di Papa Francesco Evangelii Gaudium e Amoris Laetitia, come pure l’enciclica Laudato Si’.

Che fare dunque oggi anche nella scuola IRC, il campo che più diretta- mente ci riguarda? Non solo riconoscere il nuovo già in atto, ma accoglie-re il futuro, per studiarlo nei suoi fermenti che lo anticipa- no e inventare risposte. Proprio quest’anno abbiamo tra noi “profeti” e voci transnazionali che gridano il futuro e … sono voci femminili!

In Europa Olga Misik che legge pubblicamente la Costituzione Russa per protestare contro la mancanza di democrazia nel suo Paese; Carola Rackete che sbarca migranti con la fierezza di chi
sa di salvare vite umane; e poi Greta Thunberg col suo cartello sotto la pioggia e la sua voce all’Assemblea dell’ONU, la giovane sudanese Alaa Salah che guida la rivolta contro il Presidente liberticida, Malala che sceglie l’istruzione per cambiare se stessa e il mondo: esse, con il corteo di milioni di giovani che le seguono, trasmettono alla scuola la libertà della ricerca e i propositi del suo cammino per la salvezza del creato: è la possibile fisionomia di un’epoca nuova, come se il progresso tecnico quasi avesse esaurito il suo slancio e la sua proposta. Esse interpretano un tempo, il nostro, in cui è importante riparare, accogliere, distribuire più che produrre.

C’è bisogno di scuola, di dialettica (= legare insieme) con la forza della persuasione, una diversa energia nel- l’interpretare diritti e doveri, nel segno creativo della fratellanza.

E che cosa dobbiamo fare noi, generazione adulta? “La generazione adulta deve assumersi però la propria responsabilità, essere ‘generativa’ fino in fondo, trattando e gestendo situazioni critiche, ma anche mettendosi in ascolto, offrendo la possibilità a questi ragazzi e ragazze di costruire una sorte di bussola valoriale e consentendo loro di innovare. Occorre rischiare oggi fiducia e speranza, per avere domani cittadini capaci di fiducia e speranza” (“Generazione zeta. Guardare il mondo con fiducia e speranza”, a cura di Paola Bignardi, Elena Marta e Sara Alfieri, ed. Vita e Pensiero).

Renzo Gamerro, direttore ufficio diocesano irc